A Copenaghen la festa diventa guerra

Dimostranti devastano un intero quartiere e attaccano la polfeia che spara: 35 feriti Dimostranti devastano un intero quartiere e attaccano la polfeia che spara: 35 feriti A Copenaghen la festa diventa guerra Contro il sì a Maastricht COPENAGHEN DAL NOSTRO INVIATO «Abbiamo vinto!»: sventolando le bandiere dell'Europa, un centinaio di giovani manifestanti si erano radunati davanti al Folketing, il Parlamento, per festeggiare la vittoria del «sì» al Trattato di Maastricht. La serata tiepida, i bar colmi di gente inchiodata davanti alle tv che trasmettevano i risultati del referendum regione per regione, i fiumi di birra che scorrevano in onore alla vittoria: tutto sembrava far credere che la Danimarca, spaccata dal voto sull'Europa, avesse accettato con buona pace il risultato. Ma qualcuno ha voluto rovinare la festa. E ci è riuscito. Nel popolare Noerrebro (letteralmente «quartiere del Nord») separato dal centro medievale solo da un canale parzialmente interrato, c'era chi stava per scatenare la propria rabbia, la propria frustrazione non solo per l'esito del referendum, che è stato probabilmente solo un pretesto, ma per la propria marginalità. A notte, quando dimostranti del «sì» e ubriachi stavano tornando a casa, circa 300 squatters, gli occupanti abusivi di case, hanno innalzato barricate, bruciato immondizie, sfondato vetrine di ristoranti, negozi e banche, «centri dell'Europa del denaro». La polizia è intervenuta subito, ma non era affatto preparata a quello che ha trovato. La battaglia più dura si è svolta attorno alla piazza Sankt Hans Torv. Da dietro le barricate i dimostranti hanno cominciato a bersagliare gli agenti lanciando bottiglie e sassi, ma soprattutto degli enormi sanpietrini trovati in un vicino cantiere, scagliandoli con dei lancia-pietre rudimentali ma efficacissimi. La polizia ha sparato lacrimogeni, ma il vento soffiava in senso contrario. I giovani si son fatti sempre più aggressivi, infierendo su alcuni agenti caduti. Sono arrivate le ambulanze, ma anche queste sono state prese di mira. «Noi siamo contrari ad ogni eccessiva violenza, ed abbiamo sempre avuto un atteggiamento prudente - ha detto ieri mattina, a scontri finiti, il commissario Willy Eliasen - ma questa volta si trattava di vita o di morte». Visti i loro colleghi a terra, e i rivoltosi che continuavano a colpirli con pietre e bastoni, i poliziotti hanno perso la testa. Non c'è stato alcun tentativo di carica. «I nostri erano davvero minacciati - ha detto Eliasen - circondati dagli squatters che avanzavano malgrado i colpi d'avvertimento. Non hanno avuto scelta». Cinquanta, sessanta colpi d'arma da fuoco sono stati sparati in aria, in un ultimo tentativo di disperdere la folla. Poi la scarica, rapida e micidiale: undici dimostranti sono rimasti a terra, colpiti chi alle gambe, chi alle braccia, chi al ventre e chi, scappando, alle spalle. Mai la polizia danese aveva sparato altro che lacrimogeni o acqua. Le ambulanze potevano finalmente portar via i feriti. Alle 4 del mattino, dopo quasi quattro ore di guerriglia urbana, se ne contavano 35: ventiquattro tra i poliziotti, uno dei quali in condizioni «serie», 11 tra i dimostranti, il più grave dei quali, colpito al ventre, è stato operato d'urgenza. Poco dopo il quartiere era in mano agli spazzini, che hanno cancellato ogni traccia della rivolta, a parte le vetrine rotte ed un paio di automobili bruciate. Ma il segno di questa notte marcherà a lungo le coscienze dei da¬ nesi. «Sono stati gli incidenti più gravi della storia della Danimarca in tempo di pace», ha detto Eliasen. «Erano stati organizzati. I poliziotti non hanno potuto resistere alla violenza dei manifestanti», ha detto il premier Rasmussen, tenendo a sottolineare che «coloro che hanno votato "no" al referendum non simpatizzano con i rivoltosi». Ma la verità sembra un po' diversa. «La gente si sente frustrata e impotente di fronte a questo referendum-truffa - ha detto Drude Dahlerup, leader del "no" questo è il risultato di un voto che ha diviso il Paese. Potrebbe accadere ancora». Il Paese, scioccato, non ha ancora reagito. Lo ha fatto però il «Movimento giugno», che ha guidato la campagna anti-Maastricht, chiedendo le dimissioni del governo. Fabio Squillante

Persone citate: Drude Dahlerup, Fabio Squillante, Rasmussen

Luoghi citati: Copenaghen, Danimarca, Europa