«Così aprivo conti all'estero»
«Così aprivo conti all'estero» «Così aprivo conti all'estero» Papi: e Signorile mi chiese un miliardo MILANO DALLA REDAZIONE L'onorevole Francesco La Manna, eurodeputato, non aveva un conto svizzero, né sapeva come aprirlo. Ad aiutarlo fu lo stesso Enzo Papi, all'epoca amministratore delegato della Cogefar-Impresit. E su quel conto, in un'unica soluzione lo stesso Papi versò quattrini legati all'affare del depuratore di Caserta. Questo e altro si legge nel resoconto dell'ultimo interrogatorio di Papi, ricco di particolari sul sistema delle tangenti richieste dai partiti. Il caso più singolare è proprio quello di La Manna: il conto presso la banca del Gottardo di Lugano aveva quattro riferimenti, ovvero quattro diversi utenti. «Ricordo - spiega Papi - che La Manna mi disse che i quattro riferimenti erano i nomi di quattro cani che aveva avuto». Su quel conto, precisa Papi, fu versata in tre soluzioni la cifra di un miliardo e 280 milioni. Ed ecco il racconto di Papi sui rapporti con Claudio Signorile. «In relazione alla questione delle ferrovie concesse - continua l'ex amministratore della Cogefar Impresit - io ebbi richieste di pagamento di denaro dall'onorevole Signorile il quale più precisamente mi richiese la somma di un miliardo, allorché lo incontrai nell'ufficio di Pacini Battaglia a Roma». Ma, sul fronte delle tangenti si contrattava. «Alla fine - prosegue Papi si accontentò della somma di 350 milioni circa e per quanto riguarda il pagamento estero su estero mi disse di prendere contatti con Pacini Battaglia. Infatti successivamente Pacini Battaglia mi diede il numero di conto». Il conto, per l'esattezza, è il 31.250 della Abn di Ginevra, così come conferma lo stesso Pacini Battaglia che precisa che il riferimento di quell'operazione era «Bill Papi». Secca, in serata, la replica di Signorile: «Mai avuto soldi da Papi» dice e chiede che la magistratura italiana chieda alle autorità bancarie svizzere di certificare l'inesistenza di conti a lui riconducibili. Replica anche l'onorevole Romeo Ricciuti, de d'Abruzzo, che, secondo Papi, avrebbe ricevuto 150 milioni per lavori in provincia di L'Aquila. Ricciuti chiede «l'immediata concessione dell'autorizzazione del Parlamento a procedere nei miei confronti» anche se evita di entrare nel merito. Questo ed altro c'è nella deposizione di Papi: meccanismi di fatturazione per lavori inesistenti, per costituire disponibilità all'estero; pagamenti a Citaristi per la de, a Balzamo per il psi e tangenti sul metrò milanese, il depuratore di Caserta e l'Intermetro.
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