Un commercialista nell'inferno del 740 e ipicciotti in lista d'attesa di Oreste Del Buono

Un commercialista nell'inferno del 740 e ipicciotti in lista d'attesa RISPONDE 0.d.B. Ingrao, addio nel momento sbagliato Caro Od B, sarò un retore, sarò una femminuccia, ma nel vedere Ingrao piangere nel momento dell'addio a un partito a cui ha dedicato la vita, mi sono commosso e ho pensato a quanto sia ingrata la sorte delle persone per bene sotto qualsiasi insegna militino. Non sono mai stato comunista, sono stato socialista; purtroppo, ma vedo in questa andata via di un uomo che ha sempre saputo farsi rispettare da tutti un segno forte e inequivocabile di quanto si è chiamato sinistra nel nostro Paese. O, forse, dovrei dire, per essere più esatto, di quanto si è chiamato speranza della sinistra... Giovanni Grassi, Roma GENTILE signor Grassi, gli addii sono sempre dolorosi. Ma bisogna anche rifletterci sopra almeno un poco. Senza cedere troppo alla commozione che è implicita nel rito e senza rinunciare a quel minimo di lucidità che è consigliabile nelle cerimonie pubbliche. Il minimo di lucidità che dice che questo era il momento peggiore per abbandonare un partito in cui uno aveva resistito sino a oggi, di degrado in degrado. Il momento in cui questo partito, sia pure sotto nuova e ingloriosa sigla, si trova ad affrontare la minaccia di cancellazione del proprio passato, addirittura il gemellaggio in affarismo e corruzione con quegli altri partiti rispetto ai quali aveva a lungo propagandato ed esaltato la propria diversità. Ci son stati tanti momenti nei quali l'abbandono sarebbe stato accettabile, ma Ingraonel mosbag addio mento liato questo proprio no, con Occhetto che imperversa e continua a straparlare. Il gran momento di andarsene, per Ingrao, è stato quello in cui i suoi seguaci più convinti e affezionati vennero radiati dal partito, il gran momento del manifesto. E pareva proprio che Ingrao fosse pronto ad andarsene, ma non si mosse. Ha illuso e poi deluso tanta gente, tanta brava gente, di volta in volta, via via che lui interpretava il suo modo di dissentire dal contesto, di essere eretico in un'unità che sino all'ultima sua dichiarazione (questa che la commuove tanto, gentile signor Grassi) non ha mai considerato una chiesa. Questo, per carità, non vuol dire non riconoscere le virtù d'intelligenza e di cuore prodigate da Ingrao in una così lunga militanza, e tanto meno vuol dire pronunciare un giudizio con un'autorità che assolutamente non possiedo, è solo la valutazione dell'opportunità o meno del momento scelto per compiere un gesto che, compiuto prima, avrebbe avuto ben altro significato, e credo anche ben altre conseguenze per la vita politica italiana. Mi perdoni il deplorevole tono solenne che mi è capitato di assumere, nonostante ogni mia intenzione. Retorica anche questa. Oreste del Buono

Persone citate: Giovanni Grassi, Ingrao, Occhetto

Luoghi citati: Roma