In una piazza del centro di fronte alla gente inorridita, era oberato dai debiti
In una piazza del centro di fronte alla gente inorridita, era oberato dai debiti In una piazza del centro di fronte alla gente inorridita, era oberato dai debiti Berlino, disoccupato si dà fuoco Nel Paese óltre 7 milioni senza lavoro «Crisi peggiore che negli Anni Trenta» BONN NOSTRO SERVIZIO Un uomo si è suicidato a Berlino e per farlo ha scelto il metodo più cruento e doloroso. Ha aspettato che facesse buio e poi è andato in una piazza in pieno centro, nella Winerfeldplatz a Berlino-Schoeneberg, si è cosparso di benzina e ha dato fuoco. Lo hanno visto alcuni testimoni che hanno chiamato i pompieri, ma quando sono arrivati i soccorsi era troppo tardi, l'uomo era già morto e il medico non ha potuto fare altro che accertarne il decesso. Si chiamava Norbert Sch., aveva trentasette anni ed era disoccupato. La polizia mantiene ancora il riserbo sulla sua identità, ma una cosa l'ha resa nota: Norbert Sch. si è dato fuoco per disperazione, perché non riusciva a pagare i debiti. Abitava a Kreuzberg, nella ex Berlino Ovest, un quartiere sintomatico dei malesseri della nuova Germania ed in particolare della Berlino riunita. Prima della caduta del Muro, Kreuzberg era il quartiere dei turchi, degli «alternativi», ex figli dei fiori. Chi non voleva fare il servizio militare, aveva ambizioni artistiche, decideva di fare lo studente a vita o voleva aprire un negozietto, sceglieva Kreuzberg perché si viveva con poco. Nella nuova Berlino, Kreuzberg si è trovata proiettata in un'altra dimensione. Se prima era un quartiere «periferico» delimitato dal Muro, oggi è centralissimo e i suoi vecchi abitanti sono completamente fuori posto nel cuore della metropoli. Gli affitti sono decuplicati. Le vecchie case vengono comprate da speculatori edilizi che le rimodernizzano creando lussuosi «loft» per gli yuppies. Molti dei gestori di quei piccoli negozietti, un po' sporchi e per niente chic, se ne sono già dovuti andare, sfrattati o costretti a chiudere perché non erano più in grado di pagare l'affitto. Qui viveva l'uomo che ieri notte si è dato fuoco per debiti. Secondo la polizia, Norbert Sch. aveva annunciato più volte agli amici e conoscenti che l'avrebbe fatto, che si sarebbe ammazzato. Ieri sera ha deciso: un suicido che è come una pubblica condanna. Perché chi sceglie di morire in un rogo, non vuole solo lasciare la vita. Vuole protestare con la propria morte perché è l'ultima cosa che gli è rimasta. Quello di Norbert Sch. è un gesto estremo, ma non è un caso isolato nella Germania di oggi. Non c'è bisogno di dati statistici per accorgersi di come sia aumentato il numero delle persone che vivono per strada perché non hanno un posto dove andare. E' visibile a occhio nudo: agli angoli delle strade, di fronte ai grandi magazzini. Sono sempre più numerosi i senza tetto che chiedono la carità ed espongono cartelli: «Non ho una casa, non ho un lavoro». Le statistiche ufficiali parlano di quasi tre milioni e mezzo di disoccupati (2,29 milioni all'Ovest e 1,18 all'Est), ma neanche queste cifre rispecchiano la verità. Secondo Ursula Engen-Kefer, vicepresidentessa dell'Ufficio tedesco per il Lavoro, sono dati «abbelliti» ad uso e consumo del pubblico. Se si contano anche i prepénsionati, i lavoratori saltuari, le persone che seguono corsi di riqualificazione, i disoccupati più vecchi di cinquantotto anni che ormai non possono iscriversi alle liste di collocamento, si arriva a 7,18 milioni di disoccupati effettivi. «In realtà oggi abbiamo più disoccupati che all'inizio del Terzo Reich», ha detto un alto funzionario del ministero del Lavoro al settimanale «Focus», «ma ammetterlo significherebbe solo provocare una caduta di governo ogni quattro settimane». Francesca Predazzi Una manifestazione di protesta degli operai di Potsdam, nella ex Ddr [FOTO API
Persone citate: Francesca Predazzi, Norbert Sch, Ursula Engen-kefer
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