Finisce in carcere Giacalone, assistente dell'ex ministro Oscar Mammì di Susanna Marzolla

Finisce in carcere Giacalone, assistente dell'ex ministro Oscar Mammì Finisce in carcere Giacalone, assistente dell'ex ministro Oscar Mammì Tangenti postali, bufera sul pri Ad esponenti delpartito 8 miliardi MILANO. «Dell'insieme della questione parlerò in un libro al quale sto lavorando». Lo annuncia Davide Giacalone, già giovane e brillante assistente dell'ex ministro delle Poste Oscar Mammì. Prima che il volume sia pronto, però, delle «pesanti e pericolose storture nel mondo delle telecomunicazioni», come le definisce, dovrà parlare davanti ai magistrati. Da ieri, infatti, Giacalone si trova a San Vittore con l'accusa di concorso in corruzione e violazione della legge sul finanziamento ai partiti. Almeno otto miliardi di tangenti sarebbero passati tra le sue mani. Lui ieri avrebbe ammesso di aver ricevuto buste da Giuseppe Parrella, ex direttore generale dell'Asst (Azienda di Stato per i servizi telefonici). Aggiungendo di averle «smistate» ad esponenti del pri. Avrebbe però negato di essere stato al corrente della provenienza delle buste, che sarebbero arrivate sempre chiuse. Una dichiarazione che non ha convinto gli inquirenti. Se lo aspettava, visto che nel suo comunicato (quello che annuncia il libro), così prosegue: «Oggi varco il portone di un carcere, ben sapendo di essere pronto a chiarire la realtà dei fatti, ma non potendo in nessun modo confermare le accuse che mi vengono rivolte». E' Giuseppe Parrella a tirarlo in ballo: «Giacalone - racconta mi disse che poiché era cambiato il ministro i referenti degli imprenditori dovevano ritenersi mutati, nel senso che le dazioni di denaro dovevano essere versate a lui medesimo in qualità di rappresentante del partito repubblicano». Dopo queste dichiarazioni, per Giacalone scatta il mandato di cattura; venerdì viene perquisita casa sua, a Roma, ma lui non si trova. Ieri si è costituito: «Era forte - dichiara - la tentazione di mettermi al riparo da misure che sento ingiuste. Non l'ho fatto perché sento mio dovere civile affrontare ciò che avviene con dignità». Finisce così, a San Vittore, una carriera cominciata a vent'anni come segretario di Spadolini e andata avanti con Mammì: a neanche trent'anni Giacalone sedeva nei consigli di amministrazione di aziende come la Sip, era considerato l'«eminenza grigia» del ministero tanto che gli fu affidato il testo della legge sull'editoria. L'arresto di Giacalone può significare il coinvolgimento di Mammì? Al momento sembra di no: perché il suo ex segretario non lo ha coinvolto e perché lo stesso Parrella ha dichiarato di ignorare «se il ministro fosse consapevole dell'attività di Giacalone». In quanto al successore di Mammì, il socialdemocratico Vizzini, già destinatario di un avviso di garanzia, si sa che ai magistrati ha smentito ogni suo coinvolgimento: «Le dichiarazioni di Parrella (che lo accusava per una tangente, ndr) sono infondate - dice -: in verità ha motivi di rancore nei miei confronti perché lo avevo esautorato». L'ex segretario psdi lascia però aperta la possibilità che Parrella i soldi li abbia versati al padre, Casimiro: «So che si conoscevano - dice infatti ma non posso dire se abbiano avuto rapporti di quel genere». E non lo può dire neppure Casimiro Vizzini, ultraottantenne colpito da ictus cerebrale. Sempre sul fronte delle Poste, ascoltati ieri due manager dell'Olivetti (Vincenzo Mancuso e Arnaldo Scotti) e riarrestato Augusto Rezzonico, ex senatore della de. Finito in carcere un anno fa, ci è tornato per una tangente da 450 milioni consegnatagli da Parrella. Un terzo arresto, l'assessore comunale di Trieste Alessandro Perrelli (socialista), riguarda invece il filone degli appalti di Fiat-Impresit: avrebbe avuto un centinaio di milioni per lavori eseguiti dall'azienda nella sua città. Susanna Marzolla Davide Giacalone

Luoghi citati: Milano, Roma, Trieste