Rogo di Moelln i naziskin ritrattano di Emanuele Novazio
I due imputati confessi ora negano tutto, nell'incendio persero la vita tre turche XENOFOBIA I due imputati confessi ora negano tutto, nell'incendio persero la vita tre turche Rogo di Moelln, i naziskin ritrattano Processo per la strage che scosse la Germania BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Volti incupiti, nessun'aria di sfida, niente più teste rasate o giubbotti di cuoio ma capelli alla nuca e magliette da tennis. Sei mesi dopo il rogo e la strage tre turche carbonizzate, altri dieci stranieri feriti nell'incendio di un edificio rivendicato al grido di «Heil Hitler» - i due neonazisti accusati del dramma di Moelln ritrattano la confessione e banalizzano l'adesione a gruppi estremisti. Davanti ai giudici di Schleswig, nell'estremo Nord tedesco, Lars Christiansen, 19 anni, e Michael Peters, venticinque, affrontano con distaccata pena il processo per triplice omicidio, tentato omicidio e incendio criminale. La sera del 23 novèmbre 1992 sostengono, mentre arrivano in aula notizie di altre aggressioni xenofobe - non erano a Moelln; con il rogo della casa d'immigrati (dove persero la vita una donna di 51 anni e due ragazzine di 14 e 10), loro non c'entrano. Le prime ammissioni e il tentativo di suicidio di Christiansen sono stati soltanto il frutto della paura, insistono. Entrambi facevano parte di gruppuscoli neonazisti e lo ammettono; ma le ragioni, dicono adesso, non erano quelle contestate dopo il rogo di Moelln, sentimenti xenofobi che hanno spinto a un omicidio progettato con calma. Christiansen, ex apprendista in un negozio della cittadina, ha detto di aver aderito a un gruppo estremista perché attirato dalla «scenografia neonazista», vestiti, canzoni, atteggiamenti provocatori. Già alla fine del '91 era «arcistufo di tutto quel cinema», e soltanto «la paura di perdere i compagni» l'aveva trattenuto. Giustificazioni simili quelle di Peters, anch'egli ex apprendista: partecipava alle riunioni del «Partito nazionale democratico», una formazione neonazista, soltanto «per poter bere gratis la birra». «Voglio impedire che due giovani siano presentati alla vendetta popolare come i colpevoli ideali», ha detto in aula l'avvocato difensore Rolf Bossi, fra i più noti penalisti di Monaco. Per arrivare al verdetto ci vorranno 13 udienze almeno. Ma quale che sia la sorte di Christiansen e Peters, il processo apertosi ieri è la prima, significativa riflessione giuridica sull'autunno terribile che ha sconvolto la Germania e ha segnato una svolta, nell'atteggiamento di polizia, politici, gente comune. Il rogo di Moelln - tre mesi dopo i disordini xenofobi di Rostock - era stato uno choc, per un Paese che fino ad allora aveva reagito con relativa indifferenza al montare della violenza razzista. Dopo Moelln, la repressione contro le bande neonaziste è diventata più aspra e sistematica, quattro gruppi sono stati sciolti. Soprattutto, l'atteggiamento della popolazione è cambiato: non più indifferenza o partecipazione passiva alle aggressioni, ma dimostrazioni contro il razzismo e fiaccolate con centinaia di migliaia di persone. I risultati sono visibili, incendi e aggressioni sono diminuiti sensìbilmente, quest'an¬ no, nonostante da gennaio ci siano già stati quattro inditi. Ma, temono i movimenti per la difesa degli immigrati, una nuova esplosione non può essere esclusa: «I giovani estremisti hanno forse un po' più di paura, le loro energie sono forse mobilitate dagli scioperi all'Est, ma sotto la cenere il fuoco è ancora acceso», sostiene il responsabile di un centro di Berlino, Dorothea von Moltke. Gli ultimi esempi sono recenti: sabato notte, due albanesi sono stati feriti gravemente vicino a Dortmund (Ovest) da un gruppo di giovani. Uno è in fin di vita per le ferite alla testa. Ieri, un profugo marocchino è stato ferito con un colpo di pistola al volto, in Turingia (Est), da un giornalaio che lo aveva sorpreso a rubare. La settimana scorsa, altro weekend di furia xenofoba, con aggressioni e feriti. «La massa non ha cambiato opinione - dice la von Moltke -, molti neonazisti sono tornati per strada senza essere perseguiti». Emanuele Novazio
Persone citate: Christiansen, Heil, Hitler, Lars Christiansen, Michael Peters, Peters, Rolf Bossi
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