Cee ultimo esame danese
8 Nei sondaggi il sì è in vantaggio, ma si teme come nel giugno scorso una sorpresa finale Cee, ultimo esame danese Referendum decisivo per l'Europa COPENAGHEN DAL NOSTRO INVIATO I prossimi destini dell'Europa saranno decisi in queste ore da quattro milioni di danesi. Tanti sono gli elettori chiamati per la seconda volta oggi a dire sì o no al Trattato di Maastricht sull'Unione europea. Un risultato positivo non eliminerebbe certo d'un colpo i problemi che ha di fronte la Comunità dei Dodici: recessione economica, disordini sui mercati valutari, guerra nell'ex Jugoslavia, incertezza per la ratifica del Trattato da parte della Gran Bretagna e, infine, la crisi politica che in misura diversa, e per diversi motivi, investe tutti i grandi Paesi della Cee. Ma le conseguenze di un secondo no danese sarebbero catastrofiche, e il risultato potrebbe essere quello che, quasi con orrore, il Presidente della Commissione Cee Jacques Delors ha definito «l'inevitabile declino» delle ambizioni europee. Gli ultimi sondaggi davano ieri i sì al 50 per cento, i no ad un assai distante 32, gli indecisi al 14, e gli astenuti convinti al 4 per cento. Ma come dice il leader del fronte del no, Jens Peter Bonde, «molti danesi che in pubblico hanno pudore ad esprimere la propria diffidenza per Maastricht, nel segreto dell'urna potrebbero votare no. E' accaduto così il 2 giugno scorso, quando il risultato finale ha rovesciato le previsioni dei sondaggi». Ex comunista, eletto al Parlamento europeo nel 1979 dal movimento anti-europeista (un paradosso che è solo danese), Bonde non si dà per vinto, ed anche se il suo «Movimento di giugno» dovesse uscire sconfitto dal referendum, promette di continuare la battaglia contro Maastricht: «Faremo appello alla Corte Costituzionale, perché il Trattato non è compatibile con la Costituzione danese». I motivi della sua ostilità a Maastricht non sono mutati da quando, nel dicembre scorso, la Danimarca ha ottenuto al vertice di Edimburgo la possibilità di restar fuori da alcuni dei nuovi campi del- l'azione comunitaria: difesa, cittadinanza europea, moneta unica, diritto d'asilo e polizia. Ciò che ai leader europei è sembrato un compromesso difficile da inghiottire, appare come un dettaglio trascurabile a Bonde ed ai suoi. Ma quel che è peggio è che, come loro, il 49% dei danesi pensa ancora che le deroghe loro concesse dai partner della Cee non cambino la sostanza di Maastricht, e che il Trattato limiterà severamente la sovranità della Danimarca. «Siamo contrari alla "fortezza Europa"», dice l'ex comunista Bonde brandendo una definizione coniata dalla Thatcher, «non vogliamo che la Cee diventi una potenza militare, e comunque siamo gelosi del nostro sistema di sicurezza sociale, e vogliamo procedere assieme agli altri Paesi scandinavi». Che una politica di sicurezza comune, come dimostra l'ex Jugoslavia, sia necessaria, non scuote Bonde di un millimetro, così come il fatto che Norvegia Finlandia e Svezia abbiano avviato i negoziati di adesione alla Cee: «non entreranno mai, perché i loro popoli voteranno contro». Nel centro medievale di Copenaghen, tra le due grandi vie pedonali di Ostergade e Kobmagergade, ancora ieri ferveva la povera ma fantasiosa campagna referendaria danese: scarsissimi i manifesti e i comizi, ma tante bandiere europee, con le dodici stelle in campo azzurro, tanti giovani biondissimi con le magliette della Cee a distribuire volantini per il sì. E tanti punk, clown, saltimbanchi e pensionati a popolare le tende dei partigiani del no. «Per la prima volta abbiamo la possibilità di assicurare non solo la pace, ma anche la democrazia a tutta l'Europa - ha detto il primo ministro Poul Nyrup Rasmussen - dopo il periodo napoleonico ci fu una chance per la pace, ma la perdemmo. Oggi la posta è più alta, e non possiamo permetterci di perdere». Forse non fidando in questi argomenti «storici», il premier ha ricordato anche che una vittoria del no ri¬ lancerebbe gli attacchi alla monéta danese e bloccherebbe gli investimenti. Non per nulla la l'industria di costruzioni «Lego», bandiera della Danimarca tanto quanto la sirenetta di Copenaghen, ha fatto sapere che se vinceranno gli «euro-scettici» dovrà rinunciare a fare una nuova fabbrica da 30 milioni di dollari. Ma forse più che i paroloni su pace e democrazia, più che i timori per l'economia, sarà la paura del nuovo, dell'incerto, dell'ignoto a dare una mano agli europeisti. Paradossalmente, oggi, in Danimarca il nuovo non è rappresentato da Maastricht, ma dalle catastrofiche conseguenze di una sua bocciatura. Fabio Squillante Il timore di una crisi economica potrebbe aiutare la Comunità ★ f ★ Manifesti per il no alla Comunità tappezzano una via di Copenaghen. Nonostante l'importanza della scelta la campagna elettorale si è svolta con mezzi poveri e senza grande tensione polemica Nella foto piccola Vanni d'Archirafi, Commissario italiano della Cee
Persone citate: Bonde, Fabio Squillante, Jacques Delors, Jens Peter Bonde, Poul Nyrup Rasmussen, Thatcher, Vanni D'archirafi
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