La carica dei pittori verdi

A Trento una straordinaria rassegna sul Romanticismo: nasceva un nuovo sentimento della natura A Trento una straordinaria rassegna sul Romanticismo: nasceva un nuovo sentimento della natura dei oittori verdi JUU tal lV.il ULl pJLtLWJLl VUU1 Nei segreti di taccuini febbricitanti CHAPEAU! Che emozione la mostra sul Romanticismo al Palazzo delle Albere di Trento, immagi_J nata da Giuliano Briganti, che vi morì nel tramarla, crollando, come quercia, di schianto. Ma non poteva trovare - complici Anna Ottani Cavina, Gabriella Belli e Pierre Rosenberg, e molti altri esperti dei rispettivi Paesi epitaffio più luminoso e consonante di questa sollecita processione di sguardi, sul respirare della natura e il precoce annunzio della notte. Lo dimostra anche il catalogo Electa, che con saggi di Rella, Givone, Bodei, Duse, eccetera, si trasforma in una summa più vasta sul «sentire» romantico: nella poesia, nella filosofia, nella musica. Infatti non si tratta soltanto di studiare quando l'agghindata «veduta» settecentesca si tramuta nella sconfinata affezione della natura. Il sottotitolo è eloquente: «Il nuovo sentimento della natura». Qualcosa che ci porta dalle parti del sublime di Burke e di Kant, e soprattutto di Rousseau, il reveur solitario che arrivò a «mettere un tocco di verde nella letteratura». In questo senso il saggio introduttivo dell'Ottani Cavina andrebbe virgolettato continuamente: non più l'occhio imparziale dell'illuminismo, anatomica, ma il sentire emozionato del sentimento, che si riflette e racconta nella natura illimite: per- dersi nel paesaggio, «come luogo del cuore, del sogno, dell'inconoscibile». E un teorizzatore del Romanticismo come Stendhal lo sintetizzava quasi in un motto: «Bisogna sentire, non sapere». Dunque, non una mostra-catalogo, esaustiva e soffocante, ma una soirée d'improvvisi alla Schu- bert, di suggerimenti, di spunti inusuali. E soltanto chi ha idee preconcette o natura pedante può qui e là lamentare le scelte, «beccare» le assenze, come se non ci fossero poi «scoperte» davvero preziose. E una novità portante davvero coraggiosa: non si tratta qui di protrarre un omaggio meccanico al «briganti- Ismo» dei pittori deU'Immaginario, visionari, leopardiani, notturni. Ma verificare se regge (e regge benissimo) l'ipotesi di retrodatare al Settecento, stanco di purismo neoclassico, il sentire romantico, molto prima del nascere di manifesti e teorizzazioni. Dunque la partecipazione di Piranesi, con le barbe spumeg¬ gianti e scure del suo incidere nero, anche in senso saturnino. E ttq riomccìmn mmo i«+iVYÌl"»r» il gianti e scure del suo incidere nero, anche in senso saturnino. E va benissimo come introibo, il Silenzio di Fùssli, paradossale «paesaggio» umano. La donna della capigliatura arrovesciata, come uno schermo a celare lo sguardo: posizione abbandonata, come d'una pupattola che ha ceduto, vinta, la propria vitalità. Ma non si tratta di una cecità autistica: la sua interiorità è viva, dal fondo nero della disperazione che la sagoma, sorgeranno ancora i «fantasimi» proiettati dello spettacolo naturale. «Chiudi i tuoi occhi corporei perché tu possa vedere con l'occhio spirituale», sosteneva Carusi e Novalis: «Noi sogniamo di viaggi per l'universo: ma l'universo non è forse in noi? Noi non conosciamo gli abissi del nostro spirito. La via segreta conduce all'interno». L'uomo non sta più, lessinghianamente, di fronte alla natura, ma dentro, invischiato, come bene suggerisce la Winterreise schubertiana. E la mostra descrive progressivamente proprio questo lento, meraviglioso processo di impantanamento e, allo stesso tempo, di catarsi. L'Inghilterra, innanzitutto, con la sua prodigiosa precocità. Un pittore come Richard Wilson, «l'inventore» del paesaggio, secondo Ruskin: assisti proprio come al processo di essudazione delle oleografiche essenze fiammingo-arcadiche, come il suppurare d'una ferita infetta che hbe- ra le volatili componenti del sen- tire romantico. Hackert: una rrvn t»a rM a n *7 a fra Ionio noi rriarHi. ra le volatili componenti del sentire romantico. Hackert: una contraddanza galante nel giardino di Caserta, che attraverso la scientificità luminista cerca di districarsi dalle stimmate «narrative» di Poussin. La partita di whist con foghe e cespugli di von Carolsfeld, la tassonomia esasperata di Linnel (che non smentisce il proprio cognome) o la dispositio retorica delle cascate di Girten, quasi scale musicali. Ma improvvisamente subentra il chiarore lindo e dilavato dei tableautin di Thomas Jones, «tetti e pareti sgombre di ogni accadere episodico, vergini come panni stesi ad asciugare». E di qui lo scatenarsi di una prodigiosa modernità, Wright of Derby con le sue visioni esatte, specchiate come formule chimiche, e Blake che affettava di detestare la Natura ma che puliva i suoi pennelli come nel cielo del taccuino, inventando un paesaggio costruito di simboli ermetici, e le stilature metifiche di Danby, con i tramonti spremuti di sangue e arancio, e Turner che tenta di imitare col colore il mare dei ghiacci e il divino pugno distruttivo della valanga, che spezza nel cubismo visionario ogni belluria di tipo naturalistico. Il poemetto astratto di sole nuvole, del narratore Stifter, e il taccuino febbricitante di dettagli di Palmer, e Constable, con le sue tele vuote di materia, in pieno Settecento, con quest'ansia di respiro cosmi- co, abissale che sarà solo di De Picic con quest'ansia di respiro cosmico, abissale che sarà solo di De Pisis. Obiezioni alle scelte? E' chiaro, ogni pignolo le può fare: ma come non esser grati a certe scoperte, per esempio il minerale Cuisin che fa il Valloton nell'atelier di Gros, o a certi Dahl poco visti, o a Camelie d'Aligny che anticipa il simbolismo di Denis, o a certi hquidi Granet? E poi, per gli artisti più noti, valgono certe scelte sorprendenti, di Théodore Rousseau, per esempio, che risulta tutt'altro che un noioso recitatore di paesaggi, o di Courbet, con quell'assolo tenorile d'onda in primo piano, o una marina che rende superflua l'intiera successiva carriera di Carrà, o Valenciennes, con quelle sciabolanti visioni romane di Scipione avant lettre, e Millet che canta il magnetismo animale della Luna, che sembra risucchiare in cielo l'educata processione di caprette. O Boecklin, ancora, con quel disporre rocce e cespugli sul vassoio paludoso dell'Agro Pontino quasi fosse una natura morta di De Chirico. Originale anche la scelta dei Friedrich, con quei due doppi cigni che diresti pregare nell'alba violaciocca del Nord (la cova dello sguardo) o quel sublime paesaggio Biedermeier di Warrnbrunn, che pare ripiegare le vallate, come docili coltri riposte in un armadio. Marco Vallora Tìstl £i1nwvir\ IJCll «òll&flZlO» « . «. « i « Dal «Silenzio» di Fùssli alle vedute diRuskin,fino aBòcklinche anticipa De Chirico Due opere presentate nella grande mostra sul romanticismo. Nella fotografia grande, «Chiesa gotica» di Karl Blechen, conservato al Kunstmuseum di Dusseldorf; accanto, «Disappointed Love» di Francis Danby, acquaforte su carta, proveniente dal British Museum

Luoghi citati: Agro Pontino, Caserta, Inghilterra, Trento, Valenciennes