Giornali e tv, guerra per bande a colpi di spot e sponsor

Giornali e tv, guerra per bande a colpi di spot e sponsor NOMI E GLI AFFARI Giornali e tv, guerra per bande a colpi di spot e sponsor Silvio Berlusconi ha detto una parola di troppo. E in un campo dove i nervi di tutti sono tesi. Dopo aver suggerito in una riunione dell'Upa di tagliare i budget a Rai e carta stampata, se salteranno le telepròduzioni, accortosi della gaffe, re Silvio ha precisato: «Non ho mai fatto alcun diktat». Peggio che andar di notte. La parola «diktat» è suonata male alle orecchie dei Grandi Utenti Pubblicitari, quei signori dai quali dipende l'ossigeno della Fininvest. Se mai, lasciano capire i Grandi Utenti, il «diktat» a Berlusconi, siamo noi che possiamo darlo. Giulio Malgara, presidente dell'Upa, si è affrettato a minimizzare. Mentre il direttore dell'Upa Felice Lioy, più realista, ha sfilato un asso dalla manica: il «decalogo di Berlusconi .tra vari fuochi autogestio- Malgara ne», sull'e- minimizza sempio del Codice di autodisciplina. Dieci norme a tutela del teleconsumatore che limitino, in tempi ben definiti, gli annunci. Che impediscano a Mike Bongiorno di promettere una pelle di pesca a chi mangia prosciutto cotto. Le grane per il dottore di Arcore non finiscono qui. La Rai è impegnata a fondo nella guerra contro il monopolio della paytv. Gianni Pasquarelli chiede la parità: una pay-tv per sé e non più di una a Finivest. Anche perché, con i nuovi sistemi digitali, su una rete si possono oggi trasmettere due programmi. Guai lasciare a re Silvio quattro pay-tv! Non basta. Sempre la Rai è ben decisa a non affidarsi in ma¬ teria di tv a pagamento ai regolamenti di Maurizio Pagani, ministro delle Poste. Ricorrerà quindi, chiedendo a governo e Parlamento una legge ad hoc. Nubi avanzano anche sul fronte della carta stampata. Franco Bernabè, amministratore delegato dell'Eni, ha messo sul mercato «Il Giorno». E ha fretta. Alla testata milanese fondata da Gino Del Duca aspirano in molti. Per cominciare Andrea Rieffeser, ossia il gruppo Monti. Poi Luciano Benetton, a capo di una cordata dietro la quale si celerebbe l'ombra di Carlo Caracciolo. Questo significa che bisognerà rilanciare «Il Giornale». E' vero che nel quotidiano, ora controllato dal fratello Paolo, re Silvio è rimasto solo in mino- wmam****. ranza, ma il Pasquarelli cuore, si sa, vuole la pay-tv non soggiace Bongiorno alle fredde re- re del «cotto» gole della finanza. Nemmeno la scelta di Romano Prodi alla presidenza dell'Iri è musica per le orecchie di Sua Emittenza. Come non ricordare che lo stop alla vendita della Sme, ceduta a Carlo De Benedetti, con una sorta di lettera d'intenti, fu una secca battuta d'arrestoper la presidenza Prodi all'Iri? E chi impedì a Prodi di cedere la Sme, allora in profondo e comatoso rosso, se non Bettino Craxi in persona, per fare un piacere al suo amico Silvio? Oggi, non solo nelle mani del professore bolognese grande amante del velocipide ritorna la Sme. Ma il medesimo professore è anche presidente dell'ente da cui dipende Mamma Rai. Scegliendo Prodi per l'In, Car¬ lo Azeglio Ciampi ha confermato la volontà di accelerare il processo di privatizzazione. E bene ha fatto perché nel passato, come governatore della Banca d'Italia, spesso aveva dato l'impressione di prediligere la politica dello status quo. Dunque, avanti tutta. La squadra c'è. Da Paolo Savona all'Industria a Luigi Spaventa al Bilancio, da Francesco Gallo alle Finanze al ministro del Tesoro Piero Barucci, tutti sono «private-oriented». Con Prodi all'Ili e la benedizione di Ciampi, si chiude un cerchio perfetto. Altra questione, le nomine. Il rinnovo importante - in calendario per il 30 giugno - è quello del consiglio Stet e del suo presidente Biagio Agnes. Ma forse, stando alle prime dichiarazioni del neo presidente Iri, Pagani arbitro il problema nomine è automaticamente superato dal programma di cesssioni. Che dovranno essere rapide, rapidissime. Biagione, più che di salvare la carica, dovrà piuttosto preoccuparsi di non essere venduto insieme alla poltrona. E lo stesso vale per la Finmeccanica di Fabiano Fabiani. Addio sogno di trasformarla nella Piccola Iri. Attilio Ventura, presidente del Consiglio di Borsa, è un po' stanco. Le ultime settimane sono state a doccia scozzese. Ma spera. Domani riprende alla Camera, in commissione Finanze, la discussione sul disegno di legge sugli incentivi per piazza Af¬ fari, e non dovrebbero esserci problemi. Inoltre, per il listino, Prodi all'Iri è un bel colpo. Non dimentichiamo che lunedì 26 aprile la candidatura del professor Romano a capo del governo aveva infiammato il parterre. Sta nelle peste Giuseppe Ciarrapico. Da quando il suo grande protettore Giulio Andreotti ha lasciato Palazzo Chigi, non ne imbrocca più una. Nemmeno l'amicizia del presidente della Banca di Roma, Pellegrino Capaldo, serve più. I debiti accumulati sono come un'idrovora, l'unica speranza di Italfin è l'amministrazione controllata. E'tornato in carcere anche Giuseppe Gennari. E si profilano grane per il gruppo Montepaschi, che per anni lo ha inspiegabilmente sostenuto. Ce la farà il ministro del Tesoro a mettere al posto di Carlo Zini un uomo Bankitalia? Valeria Sacchi Agnes e la Stet privatizzandi ii li wmam****. Berlusconi .tra vari fuochi Malgara minimizza . Pasquarelli vuole la pay-tv Bongiorno re del «cotto» Pagani arbitro Riffeiser vuole «Il giorno» Benetton anche Agnes e la Stet privatizzandi

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