La Borsa vuole le «privatizzabili»

Con Romano Prodi all'In il mercato ritrova la speranza in cessioni sollecite Con Romano Prodi all'In il mercato ritrova la speranza in cessioni sollecite la Borsa vuole le «privatizzabili» Riflettori sui titoli delle società in vendita MILANO. Fino all'altro giorno Romano Prodi, neopresidentebis dell'Iri spa, era consulente per l'Italia della Goldman Sachs, una delle principali società d'investimento del mondo. E ai suoi clienti, che glielo chiedevano a regolari intervalli, rispondeva: «Non illudetevi, per le privatizzazioni in Italia non è ancora arrivata la volta buona». E' probabile che, come ultimo consiglio prima di risolvere il suo rapporto professionale, Prodi abbia potuto dire alla Goldman Sachs che forse, stavolta, con la sua nomina all'Iri, la volta buona è arrivata. E' questa l'opinione che si è diffusa, tra sabato e domenica, negli ambienti finanziari milanesi che attendono, questa mattina, la riapertura del mercato borsistico per vedere se gli investitori crederanno all'Iriformula Prodi oppure no. Quando all'inizio del novembre '92 la famosa «talpa» fece fuggire dal Palazzo romano le notizie sul «catalogo» delle aziende pubbliche da vendere, quasi tutti i titoli quotati interessati registrarono forti impennate di prezzo. Ciò accadde per due ragioni: innanzitutto, perché il mercato riteneva che nella totalità dei casi la cessione di aziende pubbliche quotate avrebbe comportato il lancio di un'Opa obbligatoria, dalla quale tutti gli azionisti, anche quelli di minoranza, avrebbero trat- to beneficio; e poi perché gli investitori finanziari, «privatistici» per cromosomi e cultura, amano la proprietà privata e diffidano di quella pubblica. L'immediato profilarsi di un fuoco di sbarramento parlamentare contro il «piano Barucci» per le privatizzazioni, però, raffreddò ben presto gli entusiasmi. E poco dopo prese a diffondersi la convinzione che almeno in alcuni casi eclatanti, come quelli della Sme e del Credito italiano, l'Opa obbligatoria sarebbe stata in qualche modo elusa, per risparmiare ai potenziali acquirenti l'onere di acquisizioni troppo gravose. Tutto questo, però, dopo la nomina di Prodi all'Iri, potrà sembrare acqua passata. Il professore bolognese è da tempi non sospetti un fautore delle privatizzazioni. Fu il primo a tentarle in larga scala, per quanto sconfitto dai fatti, e si sa che il suo imperativo categorico, all'Iri, sarà quello di accelerare al massimo il piano di vendite, del resto essenziale per la sopravvivenza stessa del gruppo. L'Iri, del resto, rimane a pieno titolo il gruppo-principe di Piazza degli Affari. Le sue società quotate in Borsa raggiungono una capitalizzazione complessiva di quasi 40 mila miliardi, contro i 25 mila delle so¬ cietà quotate del gruppo Agnelli e i 15 mila del gruppo Ferruzzi. Tra i titoli tradizionalmente Iri più «gettonati» dagli investitori ci sono senz'altro i bancari (Comit, Credit, Chiavari, Lariano, Legnano, Fonspa), le telecomunicazioni (Sip, Stet, Sirti, Italcable), i trasporti (Autostrade, Alitalia), l'alimentare (Sme) e poi ancora la Finmeccanica, la Fiar, l'Ansaldo, la Dalmine. Non c'è praticamente nessuna di queste società che non sia coinvolta, a breve o medio termine, nel programma delle privatizzazioni made-in-Iri. Un programma che, a questo punto, sembra destinato a non conoscere più ostacoli, [r. e. s.] Romano Prodi

Persone citate: Barucci, Prodi, Romano Prodi

Luoghi citati: Chiavari, Fonspa, Italia, Lariano, Legnano, Milano