Lieto fine cercasi vanamente di Marina Verna
SCAFFALE SCAFFALE Lieto fine cercasi vanamente SE la popolazione continuerà a crescere con i ritmi attuali e i modelli di lavoro non cambieranno, scienza e tecnologia non potranno impedire il degrado irreversibile dell'ambiente né una vita di stenti per la maggior parte delle popolazioni. Questa affermazione, che risale a un anno fa, passerebbe inosservata, non fosse per la doppia firma che porta in calce: National academy of sciences degli Stati Uniti e Royal society di Londra. Due tra i principali organismi scientifici al mondo che abbandonano l'ottimismo tecnologico e ammettono la necessità di invertire la rotta! C'è di che restare strabiliati. E infatti questa citazione è stata scelta dall'ambientalista Lester Brown per aprire l'edizione '93 di State of the World, l'annuale rapporto sul nostro pianeta del Worldwatch Institute. Come sempre, è un libro amaro. Perché ogni tendenza anche solo accennata nel corso dei dieci anni di vita di questo osservatorio mondiale, puntualmente ha trovato conferma in brevissimo tempo. E' accaduto con le prime piogge acide sui boschi della Germania - e adesso vediamo che le foreste europee si sono ridotte del 16 per cento. Si è ripetuto con i primi segnali di un assottigliarsi del buco dell'ozono, nell'85. E poi con i deserti che si espandono e la terra coltivabile che perde l'humus. Per non parlare dell'aumento della popolazione e dell'assurdità di certi stili di vita, causa prima dell'attuale crisi ambientale del pianeta. Come scrive Lester Brown, sarebbe bello che State of the World avesse una volta tanto un lieto fine. Invece non ce l'ha neppure questa volta. Il concetto di «società sostenibile», cioè un adattamento dei sistemi economici alle risorse naturali, è considerato bello ma impraticabile. Legare la contabilità economica a quella ecologica è un passo che nessuno vuole fare per primo. Finora, privatizzare i guadagni e scaricare sugli altri i costi ambientali è stata una politica che ha pagato bene. Nessuno vuol sentirsi dire che in futuro non pagherà più. «State of the World 1993/Rapporto sul nostro pianeta del Worldwatch Institute», (sedi, 388 pagine, 38 mila lire Lo chiamano altruismo «obbligato», in quanto imposto dalle circostanze: solo condividendo con gli altri cibo, riparo, cura dei figli e magari anche la difesa dai predatori una coppia - o un intero branco - riesce a sopravvivere. Un'ape o una formica, ad esempio, anche di fronte a montagne di cibo facilmente accessibile non vivrebbero che un breve periodo. L'altruismo obbligato non è però una nuova versione della teoria del «gene egoista», su cui da più di dieci anni litigano i biologi. E' la lunga riflessione di uno dei più brillanti etologi della nuova generazione, Martin Lindauer (allievo di Karl von Fritscb), che da anni segue le tracce di comportamento disinteressato in natura. Lindauer riconosce l'influsso enorme che il «gene egoista» esercita sui comportamenti sociali, ma lo considera una molla che non pregiudica successive azioni disinteressate. Le regole fisse della convivenza sociale impongono la rinuncia a molte cose òhe sarebbero vantaggiose e gradevoli per il singolo. E' vero che in cambio ne danno altre, ma la vita non si può spiegare solo con una contabilità spietata. L'idea di Lindauer è che altruismo ed egoismo vadano a braccetto più che uno contro l'altro. Dall'egoismo può scaturire un altruismo reciproco, forse ambivalente, ma certamente positivo per tutti. Martin Lindauer: «Sulle tracce dell'altruismo: Il funzionamento delle società animali», Feltrinelli, 150 pagine, 28 mila lire Questo «Manifesto per una morte dolce» può sembrare una provocazione. Invece è un libro stoico, che parte da Bettelheim e Freud, e difende chi non vuole essere trattato come vile quan do rivendica il suo diritto a sce gliere come e quando morire, rifiutando, se il caso, l'accani mento terapeutico, a favore di una morte dolce. Jaccard/Thévoz: «Manifesto per una morte dolce», Edt, 75 pagine, 16 mila lire Marina Verna
Persone citate: Bettelheim, Feltrinelli, Freud, Karl Von Fritscb, Lester Brown, Martin Lindauer
Luoghi citati: Germania, Londra, Stati Uniti
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