MARIOTTI, UNA FRASE LUNGA UN SECOLO
MARIOTTI, UNA FRASE LUNGA UN SECOLO MARIOTTI, UNA FRASE LUNGA UN SECOLO di tanti personaggi legati fra di loro da un filo conduttore, è anche la storia singolare di una scrittura, quella di Mariotti, appunto. Una scrittura, la sua, che si fa tempo concreto, che diventa, tra fughe e attese, l'orologio della memoria, ne scandisce le ore, il passare dei giorni, il susseguirsi degli avvenimenti: la lunga frase che si dipana per 180 pagine invecchia con il lettore in tempo reale. Nondimeno Mariotti, con indubbia sapienza stilistica e felice intuizione narratologica, riesce, dentro questo serpentone linguistico, a illuminare la delicata storia di Matilde, una bambina abbandonata per misteriosi motivi e adottata da due contadini della Lucchesia, Jacopo e Maria. La vicenda ha un finale amaro, almeno per i genitori adottivi: la bambina viene ripresa dalla madre vera (la marchesa di M.) e Jacopo, che l'adorava e che certamente non avrebbe mai sospettato un rapimento a tutti gli effetti della bambina da parte della madre naturale, è vittima di una profonda prostrazione che lo porta quasi alla morte nell'indifferenza della sua famiglia che non capisce fino in fondo il suo intimo dramma. Le pagine che descrivono i fatti citati sono senz'altro fra le più intense e sofferte del romanzo, tanto sono cariche di un'umanissima partecipazione che ha del memorabile. Tutta la vicenda ha inizio nella seconda metà dell'Ottocento, ma le associazioni spa¬ zio-temporali fluiscono liberamente nella scrittura di Mariotti creando un fitto reticolo di avvenimenti perlopiù minimali che alimentano preziose sequenza evocative: i paesaggi nitidi di una Toscana solare e ancora intatta nella sua acerba bellezza svettano per forza espressiva, l'indugiare affettuoso sulla grama vita quotidiana dei contadini mette in evidenza una diffusa miseria sopportata con dignità, gli animali, cani, gatti, uccelli, fanno da corale contrappunto a una natura particolarmente generosa in fasti esteriori, ma sovente matrigna nella distribuzione di benefìci concreti. A tratti Mariotti descrive le terre di Toscana (le sue terre) con minuzia e precisione verista, in altri momenti procede per frammenti impressionistici: forse la carta vincente di que¬ sto romanzo è la duttilità di scrittura con cui Mariotti, di volta in volta, risolve i suoi problemi. Tuttavia sorprende non poco che una scrittura tanto raffinata, scaltra, onnivora, cioè vitalissima, guardi essenzialmente verso un passato che assume sovente i connotati magici e decadenti della malinconia. Del resto un fragile equilibrio emotivo sembra che percorra in ogni senso tutto il libro che pare sempre sul punto di rompersi, di sciogliersi in diafane dissolvenze cinematografiche: è la malinconia inconsolabile che pervade tutto il racconto, una malinconia morbida, leggera che s'insinua nelle cose e nelle persone, che si perde irrimediabilmente nel profondo della vita. Non deve trarre in inganno l'esilità della storia principale, Matilde è un romanzo corale che tocca i grandi temi delle letterature d'ogni tempo: l'amore, la morte, i rapporti con la natura, il tempo ecc., ma lo fa con misura e con garbo, senza mai cadere nel banale, nell'ovvio, nello scontato. A volte il ripetersi giova alla qualità letteraria, ma solo in casi molto rari. Mariotti ha vinto la sua scommessa usando una frase sola. Lucio Klobas Giovanni Mariotti Matilde Anabasi pp. 188, L. 24.000
Persone citate: Giovanni Mariotti Matilde, Lucio Klobas, Mariotti
Luoghi citati: Toscana
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