La Madonna delle Alpi è nera

Presentate le ricerche alla mostra dedicata a quaranta santuari Mariani nella cripta di Maria Ausiliatrice Presentate le ricerche alla mostra dedicata a quaranta santuari Mariani nella cripta di Maria Ausiliatrice La Madonna delle Alpi è nera Due studiosi ne scoprono le origini celtiche Hanno in braccio un paffuto e bianco Gesù Bambino, ma il loro viso è nero, tinto apposta, secondo misteriose tradizioni d'origine celtica. Sono «di colore» le più antiche e tipiche Madonne delle Alpi. Se ne contano oltre 60 e la maggior concentrazione è nella nostra provincia, con 10 esemplali: a Loreto di Chivasso, Forno, Lanzo, Montanaro, Ribordone, Rivoli, Susa, Trana e Ivrea. Ce n'è una anche a Torino, si trova nella chiesa di San Dalmazzo. A censirle e a spiegare le loro origini sono stati Laura Borello e Piercarlo Jorio, ricercatori noti per i loro studi sull'iconografia religiosa. Hanno appena pubblicato le loro indagini nel quarantesimo «quaderno di cultura alpina» che l'editrice Priuli 8- Verlucca dedica ai «Santuari mariani dell'arco alpino italiano». L'opera è stata presentata a nome del Cardinale Saldarmi da Monsignor Franco Peradotto, in occasione dell'inaugurazione di una mostra organizzata apposta nella Cripta del Santuario di Maria Ausiliatrice con incisioni, medaglie, oggetti devozionali dal Seicento a oggi. Rimarrà aperta ogni giorno salvo il lunedì dalle 15 alle 19 fmo al 13 giugno (tel. 5224254). La visita è un'occasione per riscoprire quel «Centro salesiano di documentazione storica e popolare mariana» che rappresenta un eccezionale «Museo della Madonna», unico al mondo per completezza e grandiosità. E' diretto da don Pietro Ceresa, che da oltre trent'anni è attento collezionista di oggetti mariani. Ha arricchito di persona il fondo originario del «Museo di cultura di Maria Ausiliatrice» costituito nel 1918. Sono migliaia di pezzi: incunaboli, autografi di santi, preziosi libri di devozione, exvoto di ogni sorta, icone, presepi, da quello napoletano del Settecento a uno fragilissimo in ve¬ tro, statue pie, santini e opere di prigionieri perseguitati per la loro fede. C'è persino una smangiata Madonna in scagliola che, secondo una tradizione che si rifa a rituali pagani, veniva grattata per mescolare la sua polvere all'acqua santa. Si otteneva così un impasto da offrire alle puerpere perché avessero latte abbondante. Così non è stato difficile trovare qui il materiale per raccontare storia e tradizioni dei «Santuari mariani». La mostra si apre con 37 pannelli dedicati a santuari alpini particolarmente noti. Seguono nicchie e vetrine che documentano come vi siano temi ricorrenti nei racconti miracolosi all'origine dei santuari. «La devozione alpina - spiega Loredana Sciolla, docente di sociologia delle religioni all'Università di Firenze - evoca ancora simbologie legate alla natura, dove l'apparizione si manifesta fra boschi, rocce e acque, dove la Madonna lascia segni, talvolta le sue impronte». La mostra ne espone due esempi. «Sono elementi presi da culti precristiani - precisa Laura Borello -. La roccia indica l'elevazione, l'acqua la vita, il bosco la natura che si rigenera. L'ipotesi di riferimenti druidici non è quindi azzardata». E le Madonne nere? «Il culto delle Vergini nere - prosegue Bo- rello - deriva da quello delle "Dee Matrone", venerate in epoca precristiana sia nelle civiltà mediterranee sia in quelle celtiche. Erano simbolo della natura prolifica, della Madre Terra. Sovente venivano raffigurate in tinte scure perché la terra migliore, feconda e ricca è quella nera». Maurizio Lupo ln Italia sono venerate oltre 60 Madonne nere per lo più in Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, ma la devozione maggiore si registra nella nostra provincia, con 10 icone, a Torino, Loreto, Forno, Lanzo, Montanaro, Ri bordone, Rivoli, Susa, Trana e Ivrea.