La fine di Craxilandia

Esce «La disfatta»: un affresco italiano dai congressi con le piramidi alle mazzette di Tangentopoli Esce «La disfatta»: un affresco italiano dai congressi con le piramidi alle mazzette di Tangentopoli La fine di Craxilandia Biagi racconta il crollo delpsi BASTA rileggere le cronache di certi congressi. Durante quello di Rimini, Sandra Milo appunta un I breve diario. Forse servirà agli storici di domani per capire quel mondo e quella politica. Talvolta i piccoli fatti, come i piccoli fans, servono più degli eventi per spiegare un'atmosfera e anche una morale. Del resto, qualcuno considerava Sandrocchia «il miglior prodotto del craxismo». La signora Milo racconta dunque che ha ordinato un gigantesco cuore di garofani rossi, che le è costato un milione e mezzo, con la scritta: «Amo Bettino Craxi», ma suppongo che l'impegno non debba essere considerato definitivo. Tutte le sue osservazioni hanno un allegro piglio, tra l'erotico, lo svampito e il sentimentale. Margherita Boniver «ha le più belle gambe della presidenza», Lelio Lagorio recita come Vittorio Gassman, mentre Giuliano Amato parla «con la semplicità e la chiarezza di uno Shakespeare». L'onorevole Giusi La Ganga pasteggia proletariamente a salmone, mentre con il «mondano Gianni De Michelis» la serata finisce a spaghetti. Sandra Milo folgorata «Ai giovani socialisti piace fare l'amore», osserva Sandra Milo. Anche ai vecchi, come risulterebbe da una sua opera letteraria, ahimè, inedita. Lei, per suo conto, non ha pregiudizi nazionalistici ed è rimasta «folgorata dall'afghano Mohamed Moussa, bello e misterioso come un eroe di Salgari». Si guardano a lungo: e Sandra non crede che Mohamed in quel momento pensi, come lei, alle «immagini crudeli della sua terra». Sandra Milo vorrebbe restare fino all'ultimo, ma purtroppo il dovere chiama. «Il mio capo Giovanni Minoli è severissimo», scrive con un po' d'orgoglio e un'ombra di malinconia. «Neanche il congresso giustifi- cherebbe un'assenza». Parte, ma non si volta, neppure quando Marco Pannella, che è un generoso, le chiede di candidarsi nel pr. «Bettino non lo lascio», è la gentile ma ferma risposta. Non bisogna mai giudicare con leggerezza: la fedeltà agli ideali è la virtù più nascosta di Sandra Milo. Tutto era stupendo in quelle assemblee: dai templi in stile greco alle piramidi di Panseca, quelle che gli aztechi dedicavano al dio Sole, alle hostess fornite gentilmente da Trussardi, altezza tra 1,78 e 1,83, al coro del Nabucco, a Sinatra, registrato, che canta: «Rimpianti ne ho avuti, ma tanto pochi da non ricordarmeli». Inebriati i socialisti, quella volta dell'Ansaldo e del camper (e chissà dove è andato a finire), dall'avere un Bettino «per intero, tutto milanese, da toccare, da vedere e da gustare» (Giampaolo Pansa). A far festa c'erano gli imprenditori: Salvatore Ligresti «quasi invisibile» (La Stampa), Berlusconi «silenziosissimo» (La Repubblica), mentre l'Avvocato, purtroppo, «non si è fatto vedere». C'era la cultura: Mario Soldati «con cravatta rossa»; c'era il giornalismo: Giuliano Ferrara «divo attorniato da una folla che lo vuol toccare»; e anche una pattuglia sperduta: Giampiero Orsetto che «dietro due sopracciglia fitte come baffi sonnecchia» (il manifesto), Flavio Orlandi che «si disfa lentamente», Pietro Longo che, come è noto, «non si scompone mai». Una nota fatua: il battagliero Marco Pannella sfoggia «un abito di un bel colore verde marcio». E poi la mondanità di sinistra, quella impegnata, anche se non si sa bene in che cosa: ecco Marta Marzotto «che si è presentata vestita da "O campagnola bella"», secondo la versione della Stampa, «conciata a metà tra la contadinella e un'Italia da francobollo» di Resto del Carlino), «spilla a forma di garofano intarsiata di brillanti e rubini e smeraldi» (Il Tempo), che secondo me è un bel distintivo plebeo. Poi, ovviamente, e come sempre, Sandra Milo «in bianco e nero, scarpe di pitone», Raffaella Curriel, «tutta in rosso fuoco, con la vita strizzata da una cintura nera», Marina Ripa di Meana «socialista da sempre anche perché Craxi è un uomo stupendo», e infine Cicciolina, nota anche come Ilona Staller, «in abito rosa mozzafiato» (l'Unità), ma purtroppo «con le tettine coperte» (La Stampa). Tra le lenzuola con il garofano A Craxilandia (definizione del Secolo XDC) si avvertiva, oltre all'aspetto ideologico, anche quello fieristico e mercantile: banchi di prodotti mangerecci, funghi sécchi e mozzarelle, vetrine con esposti gh utili manuali: Come godersi la vita e lavorare meglio, indumenti e accessori vari: tovaglie con il garofano (cattivo gusto), mutande maschili, dette anche boxer, con lo stesso emblema, in maniera che si sappia subito come la pensa il signore che le indossa, anche se in certi momenti mi parrebbe superfluo, lenzuola matrimoniali, sempre con il simbolo floreale, e poi Tshirt di Moschino, scarpe di Krizia, ombrelli di Valentino, maghette tricolori di Trussardi, uno stilista del gruppo. (...). All'inizio, Craxi convince anche Eugenio Scalfari: «Noi siamo francamente fiduciosi nelle capacità di statista dell'onorevole Craxi», ma poco dopo si accorge dell'equivoco: «Craxi somiglia a Ghino di Tacco, taglieggiatore e bandito di strada». Persuade anche Montanelli: «E' il primo socialista che dimostra di avere senso del governo e dello Stato». E dopo: «E' arrogante, un po' guappesco, e sembra avere un concetto del potere alquanto padronale». Qualche avversario lo chiama anche «il De Gaulle della Bovisa», qualcun altro «Benito Craxi», certo, conferma Montanelli in tv, «è nato a Predappio», ma il sociologo Francesco Alberoni lo giustifica e lo apprezza: «Molti lo giudicano antipatico, molti spregiudicato. Non importa. Il suo modo di agire dà una impressione di sicurezza, di forza. Per questo ha possibilità che nessun altro ha». Vi pare poco? (...) Quelli che non aderiscono al clan, al folto club degli estimatori, vengono aggrediti con insulti pesantissimi. Quando attacca, Bettino va per le spicce: «Sono nato sotto il segno dei Pesci, ascendente squalo», avverte. Un piccolo campionario di battute. Di Spadolini, che si oppone a una nomina targata psi: «E' un idiota». Di Andreotti: «E' una volpe, ma il destino delle volpi è finire in pellicceria». Dei liberali, che chiedono tagli della spesa pubblica: «Sono degli eunuchi». Della stampa: «Adesso sto proprio per rompermi i coglioni». «Vaffanculo», invece, ai giovanotti che fischiano all'uscita da via del Corso. Di Eugenio Scalfari: «Questo Scalfari, che si atteggia a nume tutelare della sinistra, mi sta sul cazzo. Io non accetto né prediche né tutele». A Goria, presidente del Consiglio: «Hai voluto la bicicletta. Adesso pedala» (...). L'arroganza, è voce diffusa, è stata il suo dramma. Lo spiega Giacomo Mancini: «Bettino è un personaggio che ha di sé un'enorme, spropositata considerazione. Pensa di non avere mai sbagliato e così ha alimentato la sua grande malattia, il culto della personalità. «Ha realizzato la sua politica guardandosi allo specchio. Un narcisismo inaudito. Si è considerato uomo della Provvidenza socialista e si è circondato di mezze tacche... Tanto, c'era lui». Del resto, si aggregano con slancio. Racconta Nicola Trussardi: «Quando i Craxi sono partiti per gli Stati Uniti, io ho telefonato alla signora: "Se mi usate la gentilezza, io vi darei volentieri le valigie". «E' stata ancora la signora a chiedermi se poteva farmi piacere essere inserito nell'assemblea nazionale: "Il psi desidera forze vive al servizio del Paese". «Apprezzo la personalità e la capacità politica di Craxi. E gli sono amico. Che male c'è?». Scrive Giorgio Bocca: «E' molto amico di Salvatore Ligresti, il costruttore. Non sa che ha messo le mani sulla città di Milano segnando il suo dominio con le torri di vetro e cemento?». Molto amico? Precisa Luciano Betti, manager del gruppo: «Hanno rapporti fraterni». Conosce, presumo, quegli eccessi edilizi ma non gliene importa nulla. Zitto, come quando Larini e Manzi, due intimi, addetti alla riscossione, tagliano la corda e si danno alla latitanza. Non una parola. Gli basta proclamare: «Io non sono mai stato corrotto e non ho corrotto nessu¬ no. Non ho nessuna intenzione di piegare la testa e di dimettermi». Le critiche, come sempre, non lo toccano: «mascalzonate», «aggressioni». Spiega anche l'esodo di tanti deferenti che prima lo ossequiavano: «E' gente impaurita, spaventata, intimorita». Lui magari soffre, ma non trema. Natali, il maestro, lo aveva previsto: «Bettino è di quelli che non si arrendono mai». Memorabili i suoi viaggi: Usa e Cina. Si muove sempre una vera carovana, che ha anche un po' l'aria dei trasferimenti del Circo Togni. Ricorda le allegre brigate di Giovanni Leone. Giulio Andreotti, ministro degli.Esteri che lo accompagna, ironizza sull'attaccamento di Bettino ai congiunti: «Siamo qui in Cina con Craxi e i suoi cari», dice. C'è Bobo con la fidanzata, c'è Stefania, c'è la compagna di Claudio Martelli, ci sono le due segretarie, quella di Roma, Serenella Carlona, e quella di Milano, la nota Enza Tomaselli, c'è perfino il fotografo personale, Umberto Cicconi, c'è il sindaco di Venezia, Nereo Laroni, che rappresenta forse le gondole e Marco Polo, c'è Margherita Boniver, indicata come «senatrice del psi», anche se non è stata rieletta, e ci fono i coniugi Carlo e Marina Ripa di Meana. Fanno colore. Enzo Biagi r\ IOLDI, portaborse, faccendieri, politici rampanti e corrotti, L ' giullari di regime, clientelismi e nepotismi sfrenati: il nuom vo libro di Enzo Biagi, che sta per essere pubblicato da RizL J zoli, affronta la vicenda di Tangentopoli e la storia del parSJj tito socialista da Nenni all'uscita di scena di Craxi. La disfatta è un tragico affresco italiano, la vicenda di un'idea tradita, costruito rievocando antichi incontri e parlando con i protagonisti d'oggi. Ecco, in anteprima, alcune pagine. «Memorabili i viaggi negli Usa e in Cina. Una vera carovana, che ha un po'Varia dei trasferimenti del Circo Togni. Ricorda le allegre brigate di Giovanni Leone» Craxi con Nenni (in primo piano) e Biagi (a destra) a Capri negli Anni Settanta. A sinistra Sandra Milo. Sotto Bobo Craxi .