Alle urne con i guerrieri di Seselj di Giuseppe Zaccaria

A Brcko si vota sul piano Vance-Owen mentre sono in corso gli attacchi dei musulmani A Brcko si vota sul piano Vance-Owen mentre sono in corso gli attacchi dei musulmani Alle urne con i guerrieri di Seselj «Ma come si fa a decidere sulla pace mentre ti ammazzano i vicini di casa?» BRCKO DAL NOSTRO INVIATO Approvare il piano di spartizione? Provate a dirlo allo spettro che affiora dalle martoriate quinte di questa città disabitata. L'antro dovrebbe essere sede referendaria: fuori, almeno, c'è il numero 32. L'uomo che ne è appena uscito ondeggia sul marciapiede come non riuscendo a trovare la strada di casa. «Come ho votato? Che vuol dire, come ho votato...». Eh sì: come si fa a chiedere del piano Vance-Owen ad uno che ha appena visto uccidere sei vicini di casa? Raccontare il cosiddetto referendum di Bosnia può significare anche infilarsi quasi senza avvedersene in un «cul-de-sac» come questo. Siamo finiti in un luogo che avrebbe dovuto essere saldamente in mano ai serbi, ma di colpo è tornato terra di frontiera. Proprio qui, fino a poche ore fa, si è sparato, i serbo-bosniaci hanno respinto quattro attacchi musulmani. E lo spettro che ci sta di fronte, Ranko Lukic, 68 anni, di Pljoskula, villaggio a quattro chilometri da qui, è sfuggito alla morte non sa neppure come. «Sono usciti dal bosco, erano almeno un centinaio... Luca ha gridato: "sono ustascia! Sparate!". Poi, visti quant'erano, ha ripetuto: "sono ustascia! Fuggite!". Ma lui è rimasto...». Luca era un vicino, il capo della famiglia Todorovic. Aveva sessantanni. Coi fi- glio Ranko e Radivqje, il fratello Zivan, i nipoti Risto e Andjelko ha tentato di resistere schierando la famiglia nella trincea scavata nell'orto di casa. Sono morti tutti. Una, trincea nell'orto. Villaggi a un tiro di schioppo (Pljoskula e Gornji Rahic) uno tenuto dai serbi, l'altro in mano musulmana. «Hanno sparato anche dalla periferia», spiega una bruna ragazza dal viso segnato che si chiama Radila Zigiz. «Sì» al piano di pace? Basta trovarsi qui, adesso, per rendersi conto di quanto pazzo sia chi ancora spera in un'accettazione popolare del progetto di spartizione. Qui si discute di terra persa e presa, di case distrutte o conquistate, del vicino sgozzato. Della «roba». «Qui prima della guerra abitava un 27 per cento di serbi, la stessa percentuale di croati e il resto erano musulmani», ci informano dopo molte insistenze. Era una città musulmana, insomma: 45 mila abitanti in tutto, di cui oggi dovrebbero esser rimasti (dovrebbero, perché in giro a parte i soldati non si vede anima) circa 18 mila. Ma quel che era prima non conta più. «Pensi, il piano Vance-Owen vorrebbe far passare un "corridoio" musulmano proprio da qui», confida scandalizzata Lvana, trucco da bambola e in testa un'incredibile acconciatura stile Anni Cinquanta. Un «corridoio» musulmano? Ma se era musulmana quasi tut- ta. S'imbroncia, Lvana, e torna a tuffarsi in improbabili conteggi elettorali. «Noi possiamo solo fornire cifre sul referendum, per il resto parli coi militari». E le cifre dicono che qui a Brcko a mezzogiorno aveva già votato la metà degli aventi diritto. Ma quanti sono? Mistero. In un clima come questo Uste elettorali, documenti, segretezza, eventuale duplicazione del voto paiono quisquilie. A tre chilometri in linea d'aria da Brcko ci sono le armate del «capitano Hairo», l'Arkan musulmano. E attraverso «Eurobosna», giornale stampato quando si può, le milizie di Hairo hanno già fatto sapere di poter contare «su nuovi, valorosi, esperti guerrieri». Sono qua intorno, vicino ai villaggi Boce e Boderiste. Per uscire da Brcko in direzione di Bijeljine, bisogna avvitarsi in un intrico di piste sterrate spesso interrotte da posti di blocco e da avvisi su fondo giallo: «Ratna zona», zona di guerra. Elenchi, documenti, controlli nei seggi? La città di Bijeljine, dalla «ratna zona» dista una ven¬ tina di chilometri, ma appare calata nell'identico caos. Lungo le strade, cartelli delle dimensioni di un volantino ripetono a migliaia un ossessivo «He». E' scritto in cirillico, si legge «ne». Significa «no» al referendum, «no» a qualsiasi concessione, «no» alla paura di qualsiasi ritorsione. «In questa sezione voteranno in tremila - spiega Bravislav Comic, uno dei componenti il comitato. «Gli elenchi? Dovrebbero essere là, ma comprendono solo i residenti. I profughi da altre città della Bosnia possono votare solo presentando un documento». E quanti sono, qui a Bjieljine? «Non so esattamente. E' facile, comunque: questa è la fila dei residenti, l'altra quella dei profughi». Nella grande sala su cui campeggia un dipinto patriottico (partigiani contro tedeschi al ponte sulla Neretva) la gente ritira le due schede, si accosta a. una serie di tavolini chiusi a malapena da un paravento di cartone, vota in pochi secondi e se ne va. Anche i musulmani? «Come no: eccone uno». Un altro degli organizzatori, Jovan Vukovlyak, tra¬ scina verso di noi un vecchietto inagrissimo. Si chiama Zuhdo Mehic, era operaio, adesso disoccupato. Proviamo a chiedergli per cosa si appresta a votare. «Per la pace, certo. Io spero nella pace. Sono rimasto solo, qui. I miei figli sono fuggiti. Forse mi hanno licenziato solo perché sono musulmano. Voto la pace, certo». Nel frattempo però il controllore si è avvicinato: e la fermezza del musulmano comincia a stingere esattamente come più incombente si fa l'attenzione del serbo. «Voto per la pace, sì... Voglio dire: io di politica non so nulla... Dico che la pace è importante, ecco, questo volevo dire. E adesso vado a votare come tutti». Cioè «no» al piano di pace e «sì» sulla seconda scheda, quella che vagheggia una Repubblica serba di Bosnia indipendente e sovrana. Fuori, un altro musulmano, Begia Arnakovic, passa senza un saluto accanto all'uomo che occupa casa di suo figlio. Nedjo Jokic, poliziotto massiccio, è scappato a sua volta da Zenica, dove altri musulmani.hanno occupato casa sua. «Una fuga di settanta chilometri a piedi con moglie e figli. Per arrivare a Sarajevo e vedere musulmani che davano in pasto i nostri bambini ai leoni dello zoo». Come, ai leoni? «Giuro, li ho visti io». Quanti bambini? «Uno. Ma poi sono arrivati i nostri ed hanno ucciso i leoni». La tv trasmette da Pale una dichiarazione del presidente Karadzic: «Il piano Vance-Owen è già fallito. Adesso bisogna lavorare a un altro che tenga presenti le esigenze dei serbi. Vorrei coinvolgere Gorbàciov». Chissà se potrà funzionare. Qui, oggi, in Bosnia, a contare paiono soltanto la murale litania dei «no» e i cartelli bordati di nero che le affiancano. Sono necrologi dei combattenti. Alcuni, risultano caduti appena ieri. Giuseppe Zaccaria Karadzic in tv: l'Onu ha fallito, chiederò l'aiuto di Gorbàciov Un gruppo di miliziani serbi depongono le loro schede ■ in uno dei seggi di Pale [foto réuterj

Persone citate: Bravislav Comic, Jokic, Jovan Vukovlyak, Karadzic, Lukic, Seselj, Todorovic

Luoghi citati: Bosnia, Brcko, Pale, Sarajevo