«La scorta» parte fra insulti e rabbia Tognazzi: gli sciacalli non siamo noi

«La scorta» parte fra insulti e rabbia Tognazzi: gli sciacalli non «La scorta» parte fra insulti e rabbia Tognazzi: gli sciacalli non CANNES DAL NOSTRO INVIATO Scambi di invettive, dichiarazioni infuocate, richieste di scuse: il primo film italiano in concorso al Festival ha scatenato ieri una polemica violenta. Alla conferenza stampa de «La scorta» di Ricky Tognazzi, presenti molti giornalisti italiani e pochi stranieri, il regista e il produttore Claudio Bonivento hanno risposto con molto calore a chi chiedeva il loro commento ad un articolo firmato Marcelle Padovani apparso su «Le Nouvel Observateur». Nel pezzo (che riportiamo qui accanto), intitolato senza giri di parole «Les films chacals» («Film sciacalli»), «La scorta», oltre ad essere definito «inutile» («Tognazzi è un talento sprecato», si diceva tra le altre cose), veniva annoverato nel folto gruppo di pellicole italiane in lavorazione ispirate al tema mafia e dedicate alla vita e alla morte di magistrati e forze dell'ordine. Prima grande accusa¬ ta, naturalmente, quella di Giuseppe Ferrara su Giovanni Falcone con Michele Placido e Giancarlo Giannini protagonisti. La Padovani, che con il magistrato assassinato quasi un anno fa ha firmato il libro-intervista «Cose di Cosa nostra» e la trasmissione televisiva «Una giornata con Falcone», riprendeva nel suo articolo le critiche che già molti familiari di vittime della mafia hanno sollevato di recente contro il fiorire dei tanti film ispirati ad una cronaca ancora troppo vicina. «Credo che il cinema - ha replicato Tognazzi - abbia il diritto e il dovere di parlare della realtà e d'interpretarla. Il vero sciacallaggio è il silenzio; e chi incita ad osservarlo ha grosse responsabilità. Il vero nemico del cinema italiano è lo stato: penso a Andreotti che, ai tempi del neo-realismo davanti al successo di film come "Ladri di biciclette", esordì dicendo che i panni sporchi si dovevano lava¬ re in casa. Ora i suoi panni lerci li stiamo lavando davanti a tutti». Le accuse della giornalista francese devono averlo sconvolto davvero e rincara la dose: «Pensiamo piuttosto a quei film sulla mafia finanziati con i soldi della mafia». Bonivento, indirizzandosi alla Padovani, ha aggiunto: «Lei ha fatto un libro subito dopo la morte di Falcone ed ha preso i diritti sulle vendite, così come noi prendiamo i diritti sui biglietti comprati per vedere "La scorta". Forse lei si è pentita, noi no». In sala, tra i giornalisti delle più varie nazionalità, era presente anche Francesco Taurisano, il giudice del Tribunale penale di Roma di cui «La scorta» ricostruisce la vicenda. Per lui, quella publicata su «Nouvel Observateur» è «un'accusa di una gravità inaudita». Dice Taurisano: «Definire opera di sciacallaggio quella che io, invece, ritengo una testimonianza vali¬ da, vuol dire non avere esperienza fattuale non solo delle vicende vissute dal sottoscritto ma anche di quelle riguardanti persone che hanno dedicato la loro vita ad una causa superiore come quella del ripristino della legalità. Significa, insomma, ignorare la verità storica». Secondo il giudice, che nel film è interpretato dall'attore Carlo Cecchi, la Padovani «dovrebbe sentire il dovere morale di chiedere scusa a coloro, regista, sceneggiatori, attori, produttore, che con tanto impegno si sono dedicati alla realizzazione di un film su uomini generalmente condannati a restare ai margini della storia». E ancora: «Aver vissuto un'esperienza diretta al fianco di Falcone tanto da poterne scrivere un libro non basta per permettere alla Padovani dì salire in cattedra e giudicare l'operato di altri». Riferendosi alla sua vicenda personale, Taurisano ha poi raccontato: «Quando arrivai a Trapani mi resi conto di essere di fronte ad una realtà diversa da quella della Sicilia orientale. Lì si erano creati equilibri torbidi, che investivano la massoneria e parti isituzionali dello Stato; non è un caso che la procura di Palermo abbia recentemente chiesto proprio al tribunale di Trapani atti relativi alla loggia coperta "Scontrino". Sono andato via da Trapani perché sono stato avvertito del fatto che la mia persona, tra le mura del palazzo di giustizia, non poteva più essere salvaguardata. In quel momento, come è detto nel film, capii che la mia vita non valeva più niente». Durante l'incontro con i giornalisti stranieri, che in sala aveva accolto con poco trasporto la proiezione del suo film, Ricky Tognazzi ha voluto raccontare il successo ottenuto da «La scorta» nei cinema italiani: «Credo che questo film possa aiutare un processo che in Sicilia è già cominciato, quando il muro del consenso tacito alla mafia è venuto a cadere». Fulvia Capraia Amendola, Lo Verso, Cecchi e Memphis in una scena de «La scota»

Luoghi citati: Falcone, Palermo, Roma, Sicilia, Taurisano, Trapani