Una donna per battere Greganti di Ugo Bertone
Una donna per battere Gregqnti Una donna per battere Gregqnti Chi è il magistrato Tiziana Parenti PERSONAGGIO MILANO. «La mia età? Eh no, quella non la dico. Ne ho tanti...». Risponde così ai cronisti che la cercano, ed è questa l'unica civetteria di Tiziana Parenti, che di anni ne ha mica troppi, solo 39, magistrato, l'ultima a salire sulla ribalta di Mani Pulite quando il procuratore Francesco Saverio Borrelli ha deciso di affidarle l'ultimo dossier che scotta dell'inchiesta: scavare nei conti di Primo Greganti e di qui risalire alla trama delle tangenti rosse. Tenace, ostinata, riservata, comunque abituata a stare sotto i riflettori perché è stata lei, alla procura di Savona, la prima ad emettere un mandato di cattura a carico di Gigliola Guerinoni. Eppure è cordiale, facile alla battuta, da buona toscanaccia di Fisa e senza timori reverenziali. «Quando un magistrato - dice - è coerente, è sempre molto solo. E io mi sono sentita sola molte volte, ed è anche giusto che sia così. E' essenziale, però, saperlo prima». Nessun rimpianto, però. Anzi. «La misura dell'importanza di un'indagine - teorizza - è data proprio dalla solitudine in cui un magistrato si trova ad operare». Eh sì, è un osso duro Tiziana Parenti. Alle sue spalle, ad esempio, c'è un durissimo scontro con il procuratore capo di Savona Michele Russo e, narra il tam tam di palazzo di Giustizia, non si è certo fatta intimidire da una super star come Antonio Di Pietro. Guai a farsi ingannare dal sorriso smagliante. O interpretare la sua poca voglia di pubblicità, il suo rifiuto a farsi scarrozzare dall'auto di servizio (da San Vittore esce in tassì) come timidezza. O cercare di scavare nelle sue simpatie politiche. Per i suoi amici di Savona non ci sono dubbi: Tiziana guarda a sinistra, ma è molto attenta a non farsi coinvolgere. L'unica sua passione, quella vera, è il lavoro. Di tempo libero, Tiziana il procuratore, ne ha davvero poco. Resta il ricordo delle buone letture. Le prime? Tolstoj e Dostoevskij a dodici anni, Milan Kundera, il critico della fase ultima dei regimi dell'Est, nell'età matura. No, non quello, arcinoto, dell'«Insostenibile leggerezza dell'essere». «Il suo romanzo migliore - spiega - è lo scherzo». Ed un brutto scherzo lei lo sta giocando all'ex partito comunista più importante dell'Occidente. Borrelli ha affidato proprio a lei il caso Greganti, il funzionario del pei che non cede ai metodi del pool. Ci voleva qualcosa di diverso per il «compagno Primo», qualcosa di nuovo rispetto ai metodi dei vari Di Pietro o Davigo, da più di un anno abituati a risalire alla verità, almeno quella processuale, tramite le confessioni. E lei, Tiziana, ama per la verità altri metodi: il riscontro pignolo, puntuale, prosaico dei documenti; la verifica dei fatti sul luogo, senza scorciatoie o clamori giornalistici. Teoria? No. La Tiziana Parenti vanta un curriculum incredibile alle spalle: entra in magistratura subito dopo la laurea pisana a metà Anni Ottanta; il rodaggio lo fa a Milano e Torino per arrivare poi alla procura di Savona. Posto di routine? Appena arrivata lei, poco sensibile alla pubblicità, sale agli onori delle cronache per aver scoperto un traffico d'armi con l'Iraq. E' il caso della «Fathfull kair», cui fece seguito un'altra clamorosa inchiesta sulle armi: la Jenstar, nave zeppa di armi, punto d'incontro fra traffico di droga e di armi. Prima ancora la Parenti aveva raggiunto un obiettivo clamoroso: la scoperta di una raffineria di cocaina nel Savonese direttamente controllata dai boss di Medellin. E nel mezzo tante altre iniziative, indagini, colpi di scena. Un trionfo, culminato nell'arresto di 45 colombiani. E la Parenti si concede un vezzo: una cartina della Colombia, piena di bandierine, una per ciascuna città di provenienza degli uomini del clan. Poco sopra, in bella evidenza, due diplomi rilasciati dalla polizia americana alla bella, ostinata inquirente italiana. Che bel duello, quello con Greganti. Ugo Bertone
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