«Chiamerò Segni e Cossiga» di Fabio Martini

Il segretario: spero che vengano alla conferenza di fine giugno dove cambieremo sul serio Il segretario: spero che vengano alla conferenza di fine giugno dove cambieremo sul serio «Chiamerò Segni e Cossiga» Martinazzoli: per rinnovare la de insieme ROMA,La «balena bianca» democristiana nuota incerta tra la Scilla-Cossiga e la CariddiSegni? Bene, con un colpo di scena, Mino Martinazzoli li invita tutti e due alla conferenza programmatica di fine giugno che cercherà di dare una forma alla «Cosa bianca», al partito che verrà dopo la de. «Segni e Cossiga? Verranno quanto meno invitati...», annuncia un Martinazzoli sorridente sul portone di piazza del Gesù, alla fine della direzione de che ha fissato per il 24-27 giugno a Roma la convention che porterà, a fine anno, al congresso della rifondazione. E così, con la de di nuovo in fibrillazione, con le correnti che si riorganizzano, Mino Martinazzoli alza il gioco, invita alla suo «congresso» i due grandi «eretici», due leader che hanno trascorso l'ultimo anno della propria vita a schiaffeggiare la de. Un rischio e una scommessa: a parte Segni, che oramai ha issato le sue bandiere, Cossiga potrebbe decidere di presentarsi per davvero alla convention de, una platea formidabile per perfezionare il suo ritorno alla grande politica. «L'invito è comunque un riconoscimento del suo ruolo», dice Francesco D'Onofrio, grande amico dell'ex presidente, «anche se mi sembra di capire che al tema del presiden- zialismo Cossiga non intenda rinunciare». Ma c'è un problema: da tre giorni la parola presidenzialismo è diventata tabù per gli uomini di Martinazzoli. Guido Bodrato dice che «il presidenzialismo è di destra» e che «se il partito lo farà proprio, io me ne andrò». Martinazzoli, nella riunione della direzione è stato drastico: «Trovo sbalorditiva e pindarica la fantasia dei protagonisti di vane sfide proporzionalistiche che oggi sognano il presidenzialismo». Eppure, è proprio attorno alla parola d'ordine del presidenzialismo che, per la prima volta da quando Martinazzoli è segretario, si sta agglutinando un gruppone di centro, una nuova corrente che non contesta il segretario, ma la deriva a sinistra del partito. Una corrente organizzata su due gruppi: uno sudista e presidenziali sta, guidato da tre ex demitia- ni (Mastella, Gargani, D'Onofrio), ma con parecchi notabili alle spalle (Lattanzio, Gaspari, Pomicino, D'Acquisto); e un secondo gruppo di centronord, di deputati con uno o due legislature e guidato dall'ex pupillo di Forlani Pierferdinando Casini. Le due anime del nuovo correntone di centro contano già su un terzo del gruppo della Camera: 65-70 deputati su 203. E la novità di questo nuovo «grande centro», invelenisce il clima interno. Mino Martinazzoli, aprendo la direzione di ieri, ha lanciato un ultimatum nei confronti di chi rema controcorrente: «Se uno capisce che la sua fatica è inutile - ha detto il segretario - chiude e se ne va. Questo deve essere molto chiaro a tutti, perché sarebbe per me impossibile andare avanti se non fossi capace di svolgere l'unica fatica che mi compete: quella di mettere assieme, piuttosto che dividere». Parole acri, concluse da quello che sta diventando un refrain: «Se così non fosse, allora dovrete cercarvi un altro». Non è la prima volta che Martinazzoli minaccia le sue dimissioni: lo ha già fatto due volte negli ultimi giorni e cioè da quando il clima interno si è invelenito. E l'atmosfera non è destinata ad addolcirsi: martedì il «gruppo del Sud» del trio Mastella-Gargani-D'Onofrio si riunirà per stendere un vero e proprio manifesto politico, una piattaforma congressuale, la formalizzazione che è nata la prima corrente della de di Martinazzoli. E anche se nessuno lo dice a voce alta, anche se nessuno ci lavora, la prospettiva del sistema maggioritario potrebbe portare ad una spaccatura in due della vecchia de. E il ping pong tra le due anime del partito, lo conferma. Dice Clemente Mastella: «La de rimane un partito di centro, la de di sinistra che qualcuno vagheggia non esiste: a quel punto tanto varrebbe dichiararla sciolta...». E Rosy Bindi, la «pasionaria» della de di sinistra: «Bisogna respingere con fermezza l'offensiva di chi mira a trasformare la de in un partito di destra: tremo all'idea di un partito guidato da Cossiga». E anche il prudente direttore del Popolo Sergio Mattarella, vicino a Martinazzoli, prende atto: «Si deve mettere nel conto che la Costituente possa divenire, per qualcuno, l'occasione di registrare distanze incolmabili». Fabio Martini Ma il partito resta diviso fra sinistra e presidenzialisti Qui a fianco: Francesco Cossiga Foto grande: Mino Martinazzoli

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