Pechino svende le dimore della nomenklatura, dove si decisero le svolte della storia cinese

Pechino svende le dimore della nomenklatura, dove si decisero le svolte della storia cinese Pechino svende le dimore della nomenklatura, dove si decisero le svolte della storia cinese All'asta il mito di Mao // monte degli «eroi» diventa business PECHINO DAL NOSTRO INVIATO Si privatizza l'economia cinese e, insieme, vanno all'asta le dimore della nomenklatura, fardelli della storia, simboli nefasti della Cina maoista. Un'agenzia immobiliare di Hong Kong annuncia che il governo di Pechino porrà in vendita - o, meglio, in leasing per 50 anni - le otto fastose ville sulle pendici di Lushan, il monte Lu (prezzi fino a due miliardi di lire). Tra esse, quella di Mao, dove si svolse, nell'agosto '59, quella che è passata alla storia proprio come «Conferenza di Lushan». Lushan fu il luogo dell'ira, della delusione e dei progetti di vendetta di Mao. Il Timoniere reagì furioso a un rapporto riservato del maresciallo .Peng Dehuai, ministro della Difesa, che gli svelava il disastro provocato dal «Grande balzo» lanciato l'anno prima. Inferocito, Mao liquidò il maresciallo e lo sostituì con Lin Piao. Il partito gli diede soddisfazione su questo punto, ma in realtà lo esautorò dal potere, relegandolo in posizione decorativa, mettendo riparo ai guasti che lui aveva provocato. Ecco, allora, il rancore, una vendetta covata fino al lancio della Rivoluzione culturale. Tutto, dunque, comincia qui, su questa montagna nello Jiangxi, a picco sullo Yangtze, svettante al di sopra delle brume caliginose stagnanti sul grande fiume. Da questo ambiente idilliaco, da manuale di pittura tradizionale, prende il via l'ondata di sangue e sofferenze della Cina Popolare fermatasi solo con la morte del Timoniere nel settembre '76. Mao trascorreva le vacanze nella villa che era stata di Chiang Kai-shek, il «Generalissimo», e di sua moglie Meiling. Nel luglio '59, vi convocò i principali dirigenti per discutere i risultati del Grande balzo, la creazione delle Comuni del popolo, con la collettivizzazione integrale della terra, e degli «altiforni da cortile». Venti milioni di morti di fame Era l'imperativo per ogni unità di lavoro a produrre acciaio; ma, poiché nessuno aveva di che fondere, si buttava in fornace quel che era già fatto: al Quotidiano del popolo misero nell'altoforno mezza tipografia. La Cina stava morendo di fa¬ me. Come si apprenderà nell'aprile '80, nei tre anni del Balzo si ebbero oltre venti milioni di morti di fame. Ma già in quel momento i dirigenti più accorti conoscevano il reale stato delle cose. Tra questi, Peng Dehuai, di poverissime origini e grande prestigio: eroe della Lunga Marcia, militare più che politico, era rimasto semplice e rude, di vita spartana e severa. Prima della conferenza inviò a Mao una rispettosa lettera, segnalandogli in termini cauti il disastro in corso, affermando tra l'altro: «Larga parte della popolazione non ha da mangiare a sufficienza. La tela di cotone distribuita basta appena per una camicia e un pantalone, neanche per le mutande». Se i cinesi non fossero così sotto¬ messi, aggiungeva, si sarebbero già sollevati come era avvenuto in Ungheria. Non era un attacco, era un rapporto riservato per il vecchio compagno d'arme, scritto fidando sulla vecchia amicizia. Mao, invece, reagì con un furibondo attacco durante la conferenza. La cacciata del ministro Cresciuto da una nonna mendicante, Peng fu accusato di essere borghese, sfruttatore, signore della guerra. Nulla gli fu risparmiato nel ricco repertorio dell'invettiva. Rivolto ai molti che condividevano il giudizio di Peng Dehuai ma non osavano dirlo, il Timoniere esplose con sinistri moniti: «Dovete tutti analizzare le vostre responsabilità. Se dovete cacare, cacate! Se dovete scorreggiare, scorreggiate!». Nessuno fiatò. Lin Piao, scelto da Mao, fu nominato ministro della Difesa al posto di Peng Dehuai, il quale, spogliato del potere, rimase però membro del Politburo. Dando soddisfazione al capo nella forma, il partito gli dava però torto nella sostanza. Da quel momento, conservando la carica formale di presidente del partito, Mao veniva elevato a vecchia icona incensata: il potere reale passava progressivamente a Liu Shao-chi, divenuto Presidente della Repubblica, e Deng Xiaoping, segretario generale: i quali attuarono una correzione, proclamando poi nel '62 la fine e il fallimento del «Grande balzo», avviando un disgelo che sarebbe stato spazzato via nel '66 dalla rivoluzione culturale, direttamente legata a Lushan. La demolizione inferta a Peng Dehuai rientrava nel classico epos dell'onesto funzionario punito dall'imperatore per avergli detto la verità. Ispirandosi all'analoga vicenda di un mandarino del XVI secolo, il vicesindaco di Pechino, Wu Han, ne fece nel '60 un libretto d'opera, a favore di Peng e contro Mao. Questi trescava con Lin Piao per il sostegno delle forze armate, ma non era in grado di reagire. Lui stesso, nel '67, affermerà di essere stato allora isolato, riuscendo solo nel novembre '65 a far pubblicare su un giornale di Shanghai un articolo contro Wu Han: scritto da lui ma firmato da un giovinetto, Yao Wenyuan, che finirà poi con la moglie di Mao nella «Banda dei quattro». L'inizio della rivoluzione culturale è fissato dal Timoniere stesso nella pubblicazione di questo articolo, con cui la lotta viene alla luce, sfociando, nell'agosto '66, nel «bombardamento del quartier generale». Peng Dehuai fu imprigionato nel '66 dalle guardie rosse, che lo torturarono a sangue finché morì nel '74. Cinque anni prima, in carcere, era morto Liu Shao-chi. Tra i pochi sopravvissuti di quei giorni a Lushan, e delle persecuzioni successive, Deng Xiaoping. Il quale si sbarazza ora di quella villa in cui si aprì la lunga resa dei conti: prezzo base, 175 mila dollari, leasing per 50 anni. Fernando Mozzetti Il governo cede in leasing per 50 anni i templi del potere In offerta la villa dove nacque ^Rivoluzione culturale Mao Tse-tung: nella casa sul monte Lushan che era stata di Chiang Kai-shek, decise di cacciare dal governo il ministro Peng Dehuai, colpevole di avergli svelato il disastro del «Grande balzo» Lin Piao (a sinistra) con Ciu En-lai. Nella foto grande: la villa di Mao che ora viene messa all'asta dal governo