Si riempie l'Arca di Mariotto

Si riempie l'Arca di Mariotto Si riempie l'Arca di Mariotto Alleanza democratica, è quasi una babele COLORE ROMA, Alleanza democratica cerca casa. Trecento metri quadrati su per giù, magari dalle parti di piazza Navona, dove Ayala ha già trovato casa (appartamento niente male, l'altra domenica passeggiava sul terrazzo, con telefonino). C'erano dei discreti locali in affitto, però a via dèi Corso/ proprio in faccia al palazzone del psi. Scartati per eccesso di vicinanza psicologico-scaramantica. Immaginarsi Ruffolo, e tutti gli altri alleati democràtici appena sfuggiti dal partito socialista, che si affacciano alle finestre e osservano il loro passato doloroso. Perciò niente via del Corso. E tuttavia, soprattutto adesso che arriva Segni, e con Segni i «segnini» e le «segnine», e l'avvocato San Mauro, e la signora Damiani e tutto il popolo del Nazareno, ecco, adesso è chiaro che Alleanza - o «Verso Allenza democratica», come più correttamente, ma anche con minore efficacia è chiamato il movimento deve andarsene da queste trequattro stanze in via del Seminario, oltretutto condivise con l'onorevole del pri Modigliani. Un metro fuori della finestre aperta del «regista» di Alleanza democratica, Pàolo Nitti, che ha organizzato la manifestazione telematica dell'Ergife con l'idea di «amplificare un'emozione» e che ora ha il compito, appunto, di trovare casa, ci sono i panni stesi di una famiglia contigua, e un paio di calzini rosso fuoco. Nel provvisorio artigianato ad alta intensità comunicativa di via del Seminario, continua a pulsare la vita di questo partito che non è un partito e che cresce, non cresce, chissà. Willer Bordon, con l'occhio di chi ha tante cose da pensare e la metodica sregolatezza dei triestini, da dietro un tavolo imbottito di manifesti spiega che finora «s'è cercato di dare solidità a una base laica e di sinistra prima di arrivare all'incontro con Segni». Ribatte con cortesia alle malizie sull'uso smodato della «società civile»: «Molto spesso - riconosce - è la falsa coscienza della vecchia società politica». E sullo sbandieramento del «nuovo» che finisce per attirarsi antipatizzanti istintivi: «Soprattutto - anche qui Bordon è ragionevolmente discorsivo - quando è usato in modo generico». Maddalena, la segretaria, sempre triestina, tira diritta nel caos romano con anunirevole efficienza. Alberto Cutroneo, l'inventore del «treno del Sì», che era una complicata iniziativa propagandistica con comizi in diretta in tutta Italia, lavora ascoltando una romanza alla radio. Francesco Serra, l'uomo stampa, racconta di quando al pds hanno saputo che veniva a lavorare ad Alleanza e Petruccioli, scherzando, l'ha chiamato «Seniga»: «Mi ha detto che però, invece dei soldi, mi portavo via la mailing list della sinistra dei club». A cui perai- tro Serra ha dedicato il libro «La magnifica avventura», che così magnifica non è stata. Mà tant'è. Non solo per loro la soluzione logistica a venire assume un inevitabile rilievo emblematico. A questo punto è probabile che qualcuno frequenterà, ma sul seno, Alleanza democratica. Fino a ieri, pur nella sua vitale precarietà, la sede di via del Seminario non era il luogo dove si trovavano né i pensatori né i fondatori. Ferdinando Adornato si cercava a casa (con biliardone, libri e invidiabile collezione di cassette) o all'Espresso. Barbera, il professore delle riforme, alla Camera; Passuello alle Acli ; Bianco al pri o a Catania; Giovanna Melandri alla Legambiente; Rutelli e Pratesi dai verdi; Muzi Falconi, alla Scr; Barile, ora ministro di Alleanza democratica (ma non vale), a Firenze o da Segni. Mentre Ayala, l'ubiquo, ci si contentava di vederlo in effige, sul muro, con ditino alzato, in un poster persona lizzatissimo. La dispersione, anche fisica, dei protagonisti, oltre alla Babele delle appartenze non proprio ne. gate, più spesso giustificate, erano gli aspetti meno gradevoli del gruppo, certo quelli che contribuivano a presentarlo come una sorta di illuministica legione straniera di politici. I fui più o meno visibili della convenienza (e un po' pure dell'opportunismo) trattenevano i più a tagliarsi i ponti alle spalle e a dare anche solo il sessanta per cento delle energie al nuovo progetto. Un'adesione sì, un comizio pure, una conferenza anche, al limite perfino mia cantatina con De Gregori Adelante, con juicio - però sempre meglio vedere come si mettevano le cose nel pds, nel pri, nella de, nel governo e in tanti altri posti. E sì che c'era quel «Verso» che sottolineava la precarietà del momento, però Alleanza democratica rimaneva sospesa nel limbo delle buone intenzioni. Che alla lunga, e in drammatica mancanza di arrosto, sfumavano in un clintonismo di maniera, tra coretti e rametti di mandorli in fiore, teleconferenze e «primavere italiane». Da una parte gli inevitabili personalismi dei vertici, dall'altra l'attivismo un po' a vuoto dei circoli di base. In mez¬ zo una zona grigia regalata ai mass media, alle loro furbizie, alle loro semplificazioni e ingenuità. Il «Verso» anche come alibi. E il rischio, intanto, di acquisire leader di seconda mano, gente che sarà validissima, come Ripa di Meana, o come Ruffolo e Zanone, che però ad Alleanza democratica dà anche l'idea di arrivarci un po' troppo al volo, quasi per di¬ sperazione, o mancanza di scrivania con telefono. La mescolanza con Segni, adesso, può significare il vero inizio o la vera fine del movimento. L'umiltà reciproca, in questi casi, non guasta. Il condominio come una prova decisiva, mentre vengono giù i palazzi, prima e dopo il terremoto. Filippo Cecca rei li

Luoghi citati: Barile, Bianco, Catania, Firenze, Italia, Roma, San Mauro