Addio Milano bella, ora il business emigra in Francia
Addio Milano bella, ora il business emigra in Francia I NOMI E GLI AFFARI Addio Milano bella, ora il business emigra in Francia «Parigi oh cara...!». Terra di libertà e di conforto. Tornano, tornano i reduci e i possibili reduci dell'ultima battaglia, Tangentopoli. Rattaglia aperta, apertissima, e dunque non ancora reduci ma esuli volontari. Scelgono le rive della Senna Gianni Varasi, i Recchi. Per prudenza, non per necessità. Niente a che vedere con la carovana brigatista di vent'anni fa, guidata da Toni Negri e Oreste Scalzone, che se ne andò per stato di necessità. Se mai quello di oggi è una sorta di autoesilio di foscolina memoria. Che Bettino Craxi si è affrettato a imitare. Per sfuggire ll re. Per sfuggire alle monetme. Parigi affollata dunque, ma di esuli di lusso. Indirizzi chic e scelte di appartenenza. Come quella di Varasi, che ha l'ufficio proprio sopra quello di Bernard Tapie. Due business diversi ma un solo cuore socialista. Se la ride Raul Cardini, antesignano della migrazione Ma perché ne. Ma perché Parigi? Perché molti l'inglese non lo masticano bene. E poi a Parigi si mangia, e si beve, decisamente meglio. Molto meglio che a Londra. Italia da Guinness, anticipatrice di mode. Primo Paese industrializzato con un governo guidato da un ex governatore, e un parterre di ministri che l'ex presidente Giuliano Amato ha equiparato ad un « con siglio di facoltà». Un primato impegnativo quello di Carlo Azeglio Ciampi, che oltre alle mille cose da fare dovrà dimostrare che i tecnici non sono da meno dei politici. Anzi meglio. E che oltre a dover render conto ai cittadini e ai partitini di casa nostra, dovrà superare l'esame di critici esigenti. Dai premi Nobel come Franco Modigliani al presidente della Bundesbank, Helmut Schlesinger. Deve invece misurarsi con la severità di Mario Monti il nuovo governatore della Ranca d'Italia Antonio Fazio. Dimostrando di essere nemico del debito e del lasciar correre. Fazio che secondo le malelingue deve la promozione a ceri e Madonne. Mentre la verità è più semplice: a Ciampi, non stava bene il governatore Lamberto Dini, Quando nel 1979 Dini arrivò dal Fondo Monetario in Bankita lia, chiamato proprio da Ciampi, Paolo Raffi confidò agli amici: «E' arrivato uno strano uccello». Quattordici anni non sono bastati per trasformare l'aristocratico uccello del Paradiso in uomo «interno». La nomenklatura di via Nazionale lo ha quindi sconfitto. Le prime battute sono comunque an comunque andate bene. Il binomio Ciampi-Dini ha sventato le trame terroristiche di Moody's, la lira ha retto, la Borsa pure. E non è escluso che, come segnale di buona volontà, arrivi presto un ritocco dei tassi. A Milano, il mondo della finanza è soddisfatto. Mediobanca in testa. Enrico Cuccia ha, alla vicepresidenza del Consiglio, un suo ex presidente, Antonio Mac canico. L'uomo che, a suo tempo, pilotò la fase finale della privatizzazione di via Filodrammatici. E non basta. E' stato scartato dal «consiglio di facoltà» il Pericolo Pubblico Numero Uno delle privatizzazioni, Giuseppe Guarino. All'industria c'è Paolo Savona. Magari non proprio un caratterino facile, ma di salda fede repubblicana e liberista. Anche la riconferma al Tesoro di Piero Barucci la dice bene per gli appassionati di privatizzazioni. Benché, recentemente, gli idilliaci rapporti tra Cuccia e Barucci si siano un po' raffreddati. Colpa della poca solerzia dimostrata dal presidente onorario di Mediobanca nella privatizzazione del Credit, l'istituto presieduto da Natalino Irti. Ma non è un mistero per nessuno che la grande privatizzazione che sta a cuore a Cuccia è quella della quella della Banca Commerciale Italiana. Per la quale è già pronto un nocciolo duro assai nutrito. Al quale avrebbero giàdato l'assenso Michel David-Will per Lazard, Eugenio Coppola di Ganzano per Generali, André Levy Lang per Paribas, Giampiero Pesenti per gli azionisti Gemina. Ma sarebbe questa l'unica cordata. Non starebbero con la mani in mano l'ex presidente di Comit, Enrico Rraggiotti, e l'amico Jean-Marc Vernes. Che studiano una combinazione franco-monegasca nella quale, certamente, entrerebbe anche Raul, il marito di Idina Ferruzzi, fin dall'infanzia fedele correntista di Comit. Né va dimenticato l'interesse della tedesca Commerzbank e del suo presidente Martin Kohl- haussen, che da tempo sogna una grande acquisizione italiana. E proprio in quest'ottica ha quotato il titolo a Piazza Affari. Insomma, la caccia è aperta. Caccia grossa per la Rin guidata da Sergio Siglienti. In Assolombarda sono cominciate le grandi manovre. E non è più scontata la riconferma dell'attuale presidente Ennio Presutti. Colpa dei bilanci dell'associazione, gravati di troppe spese. Il sacrificio del direttore generale Daniel Kraus non è bastato. Non è ancora detta l'ultima parola. Può darsi che Presutti, arrivato in via Pantano due anni or sono da Ibm, ce la faccia. Anche se i «giovani» sono già in fermento. Intanto, già si profilano soluzioni di alto livello. Come quella di Alberto Falck, uno dei grandi imprenditori lombardi. Il quale, tuttavia, è molto impegnato in Assider e nella battaglia dell'acciaio in sede Cee. Gianni Varasi « Parigi o cara» Tapie il socialista Gardini se la ride Modigliani il Nobel Monti il «severo» Maccanico il «pilota» Guarino l'anti-liberista Valeria Presutti Sacchi in bilico
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