«Queste liste sono maschiliste, io le boccio»

«Queste liste sono maschiliste, io le boccio» Applicata la nuova legge: gli elettori rischiano di andare al voto in autunno anziché il 6 giugno «Queste liste sono maschiliste, io le boccio» Elezioni comunali in Calabria, un pretore-donna ne respinge 14 DONNE E POLITICA OCCIATE le liste troppo maschiliste presentate per il rinnovo dei consigli di 14 Comuni in Calabria. Ricusate, perché non rispettano la nuova legge elettorale che obbliga la presenza nelle liste del 30% di donne. E così nei comuni di Vibo Valentia, Briatico, Brognaturo, Fabrizia, Filadelfia, Nardodipace, Parghelia, Pizzoni, Ricadi, San Costantino Calabro, San Gregorio d'Ippona, San Nicola da Crissa, Serra San Bruno e Soriano Calabro, gli elettori rischiano di andare alle urne il prossimo autunno. Contro la decisione, i presentatori delle liste possono fare ricorso alla commissione elettorale presso la corte d'Appello di Catanzaro, che dovrà decidere entro 20 giorni. E nella faticosa storia della riforma elettorale avrà certo un posto d'onore Gabriella Reillo, giovane giudice presso il Tribunale di Vibo Valentia, presidente della commissione che per la prima volta ha applicato quella che per molti è la «legge Panda». Ma tutto lascia supporre che non sarà né il primo né l'unico caso. Gli appelli ad invalidare le liste con una presenza inferiore di donne del 30% cominciano a risuonare da una parte all'altra della penisola. Lo ha lanciato Carla Sepe, assistente giuridico presso la Presidenza della Repubblica, in un recente convegno a Torino, e stanno per accoglierlo varie associazioni femminili. «Si apre un contenzioso? Benissimo, così sarà ancora più chiaro quello che diciamo da anni. Se la popolazione italiana è composta dal 58% da donne e solo l'8% siede in Parlamento certo qualcosa non va», dice Tina Anselmi, presidente della Commissione nazionale delle Pari Opportunità donna-uomo, che ancora ricorda «con rabbia» i commenti «da caserma» nei giorni dell'approvazione della nuova legge elettorale. Ma c'è chi si richiama a quel «di norma», per escludere l'obbligo al rispetto del 30%. Lo stesso ministro degli Interni, basandosi su quell'inciso ha «graziato» delle liste poco rispettose, presentate in comuni sardi. «Ci si dimentica due importanti prese di posizione che ci rafforzano: quella del Consiglio di Stato e quella del garante dell'editoria», ricorda Tina Anselmi. Pochi giorni dopo l'approvazione della nuova legge, di fronte ai dubbi e alle perplessità sollevate dall'inciso, il Consiglio di Stato chiariva che la dizione «di norma» va «intesa co- me espressione di normalità e abitudine, quindi significa «di norma sempre e in ogni caso» e che «eventuali eccezioni determinate da situazioni locali vanno giustificate dai presentatori delle liste». Nello stesso giorno anche il garante dell'editoria precisava che l'accesso a qualunque spazio propagandistico deve essere rispettoso della parità. «E' una gran bella notizia - dice Livia Turco, quasi soffocando un I grido di gioia - vuol dire che non è una "legge del Panda" visto che mette alla luce del solei ritardi e le contraddizioni dei partiti nei confronti delle donne, ma anche forse la loro difficoltà a misurarsi con la politica. E dopo il 6 giugno bisognerà ricordarsi che la stessa legge impone ai sindaci, nella formazione della giunta e dei vari organi, il rispetto delle pari opportunità». La vicinanza dell'approvazione della nuova legge e la scadenza del 6 giugno ha messo in difficoltà più di una formazione politica, specie in piccoli comuni. «Ci vorrà un po' di elasticità e non essere troppo rigidi», sostiene la liberale Nicoletta Casiraghi, presidente dell'«Associazione per la democrazia paritaria». «No, il rispetto del 30% è vincolante: non possiamo far finta di niente», obbietta Laura Cima, ex deputata verde, della stessa associazione. Altro che legge-Panda, ed è solo l'inizio. Stefanella Campana Tina Anselmi: era ora che si intervenisse Tina Anselmi

Persone citate: Carla Sepe, Laura Cima, Livia Turco, Nicoletta Casiraghi, Stefanella Campana, Tina Anselmi