Un fungo per il Paradiso

LA STAMPA America, Terence McKenna è il nuovo profeta degli allucinogeni: vi farò entrare «nel cuore del mistero» Un fungo per il Paradiso SNEW YORK Terence McKenna, il nuovo profeta delle droghe allucinogene, il iVeiv York TYmes ha dedicato un ritratto-intervista che occupa un'intera pagina. E' segno che la sottocultura psichedelica degli Anni 60 non è morta, come si credeva, ma sopravvive in modo discreto e sommesso, e forse sta preparando una riscossa della quale si avvertono i segni premonitori. Altrimenti come si spiega che migliaia di persone, a San Francisco e a Santa Cruz, abbiano festosamente celebrato nei giorni scorsi il cinquantenario della scoperta dell'Lsd (il più potente allucinogeno sintetico) fatta dal farmacologo svizzero Albert Hofmann nella primavera del 1943? E come interpretare una statistica del National Institute for Drug Abuse secondo la quale mentre tra i giovani in generale il consumo di droghe è in diminuzione, appare invece stranamente in aumento l'uso delle sostanze allucinogene? E quale aspettazione, quale segreta ansia muove le folle di giovani che accorrono alle conferenze di McKenna e comprano i suoi libri alla ricerca di nuove avventure intellettuali? Dice McKenna che s'avverte nel mondo giovanile lo stesso disagio, lo stesso ripudio della cultura accademica e tradizionale che negli Anni 60 precedette la fioritura del movimento hippy: «Quando una generazione rifiuta la cultura dominante o comunque non si riconosce in essa, diventa narcisistica, con tutti i connotati, positivi e negativi, che un simile processo di isolamento comporta». Anche il successo delle sette religiose, perfino l'orrendo massacro nella fattoria di Waco sembrano segnalare un prepotente ritorno dell'irrazionale nel paesaggio giovanile americano. E si può dire che Terence McKenna - con la sua barbetta incolta, con i suoi occhi spiritati, con la sua predicazione visionaria - sembra voler conciliare la ribellione libertaria degli Anni 60 con l'empito messianico dei nostri giorni. Egli rivaluta Timothy Leary, il grande sperimentatore di droghe di trent'anni fa, e nel contempo mostra comprensione per il delirio apocalittico di un David Koresh. Il nuovo guru non propone un consumo ricreativo e sperimentale degli allucinogeni, ma un loro uso a fini quasi religiosi. Pro mette niente di meno che la riscoperta di un'armonia col cosmo, la decifrazione dei misteri dell'universo e della vita. A 46 anni, a metà di una vita strampalata, dopo aver letto Platone, i testi taoisti, gli gnostici, la cabala, dopo aver intrapreso migliaia di «trips» con l'Lsd e con la Dmt (Dimetiltriptamina) due potenti composti sintetici -, McKenna è giunto alla conclusione che i soli e autentici veicoli per entrare «nel cuore del mistero» siano gli allucinogeni naturali, ossia i principi attivi contenuti in alcune piante (la mescalina del peyote, le triptamine di alcune liane dell'Amazzonia) e in particolare una sostanza, la psilocibina, contenuta in un fungo piuttosto comune, la «Strofaria cubensis», che cresce nei climi tropicali o sub-tropicali intorno agli escrementi degli animali, in particolare dei bovini. Da Eleusi alla Strofaria Sulle proprietà allucinogene dei funghi furono compiuti molti studi negli Anni 60. Uno dei personaggi più affascinanti di quella stagione - accanto agli intellettuali come Aldous Huxley e Timothy Leary - fu Gordon Wasson, un banchiere che aveva abbandonato la sua professione per dedicarsi alle ricerche micologiche. Wasson sperimentò personalmente le proprietà visionarie di alcuni funghi, come appunto la Strofaria, e volle provare l'effetto dei semi del peyote partecipando di persona a sedute sciamaniche sulle montagne del Messico. Ricordiamo che dalla collaborazione tra Wasson e Hofmann (proprio lui, lo scopritore dell'Lsd) nacque un libro famoso apparso nel 1978: The Road to Eleusis (La strada per Eleusi), nel quale si ipotizzava che la pozione inebriante somministrata agli adepti dei «misteri eleusini» - il più famoso rito iniziatico dell'antichità greco-romana fosse un'infusione contenente gli alcaloidi di un parassita simile alla segale cornuta che fioriva nella zona e che provoca effetti psichedelici di tipo mistico. Publio Ezio Aristide, il retore greco del II secolo d. C, scriveva che l'esperienza di Eleusi era «nuova, meravigliosa, inaccessibile alla cognizione razionale», una descrizione non molto dissimile da quella che ritroviamo in scrittori moderni, da Henry Michaux a Aldous Huxley, che si sono cimentati con «gli incendi della mente». Le ricerche sui funghi hanno portato Wasson e altri studiosi a sostenere che il «soma», la pianta che viene cantata nei versi dei Rigveda (il più antico testo della letteratura religiosa indiana, duemila anni prima di Cristo), altro non sia che l'«amanita muscaria», un fungo che provoca sconvolgenti alterazioni psichiche. L'amanita, il comune «agarico delle mosche», si trova anche nei boschi italiani, ma è giudicato tossico, mentre acquista proprietà psico-attive nei climi nordici. «Provoca un'ebbrezza più violenta di quella della vodka», si legge in un testo svedese della fine del Seicento. Come si vede, la strada imboccata da Terence McKenna è stata già ampiamente battuta. Ma con una differenza importante. I Wasson e gli Hofmann erano uomini di scienza, animati dall'ansia di capire in che modo una sostanza chimica possa sconvolgere le percezioni della mente. McKenna è invece un confuso «psiconauta», come si definisce, che si illude (o, peggio ancora, finge) di aver scoperto, attraverso il caos sensorio generato dalle droghe, il legame perduto tra l'uomo e l'universo: l'«anello mancante», come egli dice, nella storia dell'evoluzione umana. Ma a volte gli vengono dei dubbi: «O sono un Newton misconosciuto oppure sono Timothy Leary: coAldosperimentatoreesemplare completamente pazzo». In un libro apparso un anno fa, Food for the Gods (Cibo per gli dei), McKenna sostiene che le piante allucinogene erano l'alimento che consentiva ai nostri remoti antenati di vivere in perfetta armonia con il cosmo. La società umana dell'«alto paleolitico», diciamo 14 mila anni fa, era egualitaria e priva di violenza, perché appunto si riconosceva nell'ordine dell'universo: poi le piante «divine» scomparvero, a causa di sopravvenuti cambiamenti climatici, e l'uomo precipitò nella storia. «Stavamo per diventare angeli - dice il nostro autore - ma a mezza strada restammo senza medicine». Come riprendere il cammino interrotto? Si può, l'Eden è ancora a portata di mano. Basta conoscere la strada. In un nuovo volume appena pubblicato, True Hallucìnations (Vere allucinazioni), McKenna ci rivela quale è la chiave per riaprire le porte del Paradiso: è la Strofaria, il celestiale fungo che si nutre di escrementi, il perfetto collegamento tra le bassezze terrestri e le sublimi armonie del cosmo. Quali effetti provoca il fungo? Sentiamo l'incantata descrizione dello «psiconauta»: «Prendevo il fungo in dosi di cinque grammi se seccato o di cinquanta se fresco, ogni due settimane. Ciascuna di queste esperienze era una lezione: un tuffo esilarante in un oceano di immagini. Scoprivo la mia mente come una mappa topografica stesa davanti agli occhi, che mi invitava a percorrere e esplorare i nodi del passato e del futuro...». Nel suo folle, ma a suo modo poetico racconto, il fungo assume via via le sembianze di un essere sovrannaturale, o meglio del messaggero di una superiore civiltà galattica che si manifesta a noi attraverso un tentacolo che spunta dalla terra per segnalarci la sua esistenza. Questa civiltà è troppo avanzata nella sua intelligenza per presentarsi con angeli e squilli di tromba. Il suo ingresso nella storia è assai più discreto. Ci fa assaporare un boccone della sostanza divina: «Questa presenza galattica forse c'è sempre stata tra di noi. Essa si cela sommessamente nelle piante allucinogene. Quando riusciremo finalmente a capirlo, allora potremo segnalare agli Altri che siamo pronti per il contatto». Abbiamo citato questi brani per almeno due ragioni. La prima perché confermano che le esperienze allucinogene sono difficilmente traducibili in forme verbali. Anche scrittori assai più bravi di McKenna hanno riconosciuto l'impotenza della parola, benché Aldous Huxley sia stato ben più efficace quando ha descritto la sua esperienza psichedelica: «Sentivo un indicibile senso di gratitudine per il privilegio di essere nato in questo universo... un senso di solidarietà con il mondo... il convincimento che nonostante il dolore, il male e tutto il resto, ogni cosa è in qualche modo giusta»: il che conferma quel che si sa da sempre, ossia che negli allucinogeni ciascuno trova ciò che è capace di cercare. Prima droga la fantascienza La seconda osservazione riguar da le allegorie di fanta-scienza alle quali fa ricorso McKenna. Perché? Perché è questa la sua cultura: fantasie da «science-fiction», superstizioni da «New Age», più qualche cognizione di botanica e di biochimica. Del resto, egli lo confessa: «La prima droga, la droga di iniziazione che poi mi ha portato al consumo di allucinogeni non è stata la mari Juana, come la gente usa credere, ma i libri e i film di fantascienza». Tutta fantascientifica ci appare l'esperienza centrale e rivelatrice nella vita di McKenna: il viaggio del 1971 insieme con il fratello Dennis nell'Amazzonia colombiana e un lungo «trip» allucinatorie provocato da una miscela di funghi e di «Ayahuasca», un infuso di piante ben noto agli sciamani delle tribù amazzoniche. Ebbene, il culmine di questa «spedizione neU'mimmaginabile» viene raggiunto quando Dennis annuncia di sentirsi capace, grazie alla sua forza di concentrazione, di operare come un centralino telefonico «metastorico» e di potersi collegare in tal modo con personaggi del passato e del futuro. Per dimostrare la sua abilità, egli si collega istantaneamente con sua madre (morta due anni prima) e sceglie come anno della telefonata il 1953. La mamma risponde, ma dice che deve trattarsi di uno scherzo perché suo figlio Dennis sta lì accanto a lei, addormentato nella culla. Cosa pensare di simili fanfaluche? Oggi Terence McKenna continua a sostenere che era tutto vero, cerca di convincerci che effettivamente le piante possono conferire agli uomini poteri prodigiosi. Ma suo fratello Dennis, che nel frattempo è diventato un buon botanico, si mostra assai più sobrio: «Sì, a me appariva tutto vero e reale. Suppongo però che uno psicotico direbbe la stessa cosa delle sue fantasie. In verità, tutto avveniva nella mie mente. E soltanto lì». Quel che è straordinario è che Terence McKenna abbia un suo pubblico di seguaci e di ammiratori, che un editore noto come Harper gli pubblichi i libri e che il New York Times gli faccia una lunga intervista senza pretendere troppe spiegazioni e senza prendere granché le distanze da quel che egli dice. Ma tutto alla fine si giustifica, perché lo scrittore ha successo, riempie teatri con tremila posti, è un fenomeno socio-culturale della sempre inquieta California e, chissà, forse è il nunzio di un ritorno di interesse per le droghe visionarie che bombardano la mente con cose che non esistono. Il fatto è che negli ultimi vent'anni, mentre McKenna girovagava in trance tra le fungaie di mezzo mondo, gli scienziati della sua generazione cercavano di capire, nei laboratori e negli studi medici, qual è il meccanismo cerebrale dell'allucinazione. E scoprivano che il meccanismo è sempre lo stesso, indipendentemente dalla causa che lo scatena e che può essere la droga, la malattia, oppure condizioni meno straordinarie, come l'isolamento, la fame, la sete, la perdita di sonno. E nel paesaggio allucinatorie non arriva mai nulla da fuori. Tutto quello che si vede esiste già in qualche piega della mente. Le «true hallucìnations» (vere allucinazioni), come le chiama McKenna, semplicemente non esistono. Gaetano Scardocchia Dice di aver riscoperto l'armonia col cosmo Ma a volte dubita: «0 sono un Newton misconosciuto, o sono completamente pazzo» Timothy Leary: con altri intellettuali come Aldous Huxley, fu un grande sperimentatore di droghe. In basso un esemplare di «Amanita muscaria» A lato «The Land of Time to Come», disegno di Henry Kuttner.

Luoghi citati: America, California, Messico, San Francisco, Santa Cruz