«Porteremo Umberto II al Pantheon» di Maria Grazia Bruzzone

Roma, i monarchici alla Messa per il decennale della morte annunciano la svolta Roma, i monarchici alla Messa per il decennale della morte annunciano la svolta «Porteremo Umberto II ul Pantheon» «Basta che i Savoia lo chiedano» ROMA. Alla fine sarà il ministro dei Beni Culturali Ronchey a decidere se le salme degli ex re d'Italia possono essere tumulate al Pantheon? Non è un paradosso. Se è vero, come adesso sostiene il segretario dell'Alleanza nazionale monarchica Sergio Boschiero, che nessuna legge vieta in realtà il rientro delle spoglie dei Savoia nel Paese e che la sola opposizione all'accesso al Pàntheon potrebbe venire dalla Sovrintendenza alle Belle Arti di Roma, che dipende appunto dai Beni Culturali. «La tredicesima disposizione transitoria della Costituzione italiana fa riferimento agli esponenti maschi dell'ex casa regnante, non a quelli deceduti: dunque basta che con una procura i Savoia chiedano il trasferimento dei loro congiunti, come si fa normalmente coi parenti deceduti all'estero», spiega Boschiero che annuncia per i prossimi giorni due appelli: al presidente della Repubblica Scalfaro e all'erede Vittorio Emanuele, per sollecitarlo a nominare un rappresentante legale che awii la «semplicissima pratica amministrativa». Boschiero non parla in una giornata qualsiasi. Sotto la cupola di quello che fu il mausoleo di Marco Viscanio Agrippa, l'Istituto nazionale per la guardia d'onore alle reali tombe sta celebrando la messa annuale. Un rito reso quest'anno più solenne dal decennale della morte di Umberto II, il «re di maggio». Officia l'arcivescovo Giovanni Marra, ordinario militare. A sinistra in rosso, un drappello di cavalieri dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, dietro a loro, in azzurro, i cavalieri dell'Ordine civile dei Savoia. A destra i rappresentanti delle associazioni d'arma, carichi di stendardi e medaglie. Le guardie d'onore con la fascia turchina al braccio presidiano la basilica affollata da qualche centinaio di monarchici, ma anche da turisti con macchina fotografica e da curiosi attratti dalla cerimonia. In prima fila, il vecchio conte Carlo D'Amelio, rappresentante di Vittorio Emanuele accanto a Enrico D'Assia, figlio della principesa Mafalda. Dietro, una schiera di nobili e monarchici. Il duca Caffarelli e il duca di Santa Severina, l'ammiraglio Antonio Cocco, presidente della guardia d'onore, la marchesa Ripa di Meana e qualche rappresentante delle famiglie romane degli Aldobrandino dei Rospigliosi, dei Colonna. Assenti proprio i Savoia. Maria José che, ormai ottantasettenne, da quattro anni non si muove dal Messico dove pare tragga giovamento dal clima caldo. Maria Gabriella, che avrebbe preferito non venire per non rinfocolare le polemiche sugli archivi. Assente persino Sergio di Jugoslavia, figlio della principessa Maria Pia, e il duca d'Aosta Amedeo. «La mia speranza è che un giorno le spoglie di Umberto n di Savoia possano riposare in pace in terra italiana», dice monsignor Marra nella sua omelia, dopo aver ricordato «la fede e la carità» dell'ex sovrano. Con la revisione del Concordato, ricade su monsignor Marra la giurisdizione della basilica del Pantheon, che prima di allora dipendeva dal Quirinale. E questa novità ha riacceso la speranza dei monarchici che da quarant'anni si battono per il ritorno delle salme reali in quella che considerano «la tomba di famiglia di casa Savoia». «Qui sono tumulati Vittorio Emanuale II; Umberto I e la regina Margherita che di Vittorio Emanuele IH e di Umberto II sono i più stretti congiunti. Mentre i grandi d'Italia in realtà stanno tutti a Santa Croce. Solo Raffaello riposa qui, per sua esplicita volontà», spiega il segretario monarchico. Il quale ricorda che fu la città di Roma a chiedere che il Re dell'Unità d'Italia venisse sepolto lì. «I Savoia avevano la loro tomba a Superga ma accettarono e in segno di gratitudine offrirono il monumento di piazza Venezia». Dopo l'avvento della Repubblica, l'ostracismo. Nel '54 si mosse Fanfani. Nel '63 Nenni apparve possibilista. Nei primi '80, sollecitato dalle firme di 295 deputati, Pertini esaminò il problema. Ma l'iniziativa crollò per un incidente formale. Il Presidente aveva chiesto una «dichiarazione di consenso» del «principe Umberto». Gli venne recapitata, ma in una busta indirizzata al «senatore Sandro Pertini, palazzo del Quirinale». Una gaffe che fece andare in bestia il Presidente, che appallottolò la lettera e non se ne fece più nulla. Qualche settimana fa all'attacco è ritornato Umberto Bossi. Parla Boschiero, in fondo alla basilica che intanto comincia a sfollarsi dalla gente. E di colpo sotto la tomba del pittore rinascimentale si scoprono tante, singole, rose rosse. Lasciate 11 da chissà chi. Due ragazzi, durante la cerimonia erano entrati e avevano deposto la prima rosa insieme a un messaggio. «Onore a te, Raffaello e non ai re perché a loro è morte e a te vita», firmato Carmelo e Marta. Un esempio seguito da altri visitatori. Tanto che in breve tempo le rose si sono moltiplicate. Maria Grazia Bruzzone La decisione spetta al governo, nessuna legge lo vieta Laal legbatchegliavecpadmogliagli.l'ascavPaoCarne Nella foto grande, un'immagine dei funerali di Umberto II e, a fianco, l'ex regina Maria José