Bossi :o si vince a Milano o è la fine

«Perché il 6 giugno i Lumbard non possono perdere», oggi il leader a Venezia «Perché il 6 giugno i Lumbard non possono perdere», oggi il leader a Venezia Bossi: o si vince a Milano o è io fine La Lega decide il cambiamento del nome La base mugugna: la parola Nord deve restare VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO Signori si cambia, si cambia nome, ci chiameremo Lega Italia. Oggi pomeriggio, quando arriverà sul palco del Palazzo del cinema - applausi, cori, evviva -, Umberto Bossi darà un bel dispiacere a questa platea che è l'assemblea nazionale della Lega Nord. Non sarà una fatica impossibile, la sua. Ma dovrà pur convincere i leghisti che ormai sono diventati grandi, tutti mettono la cravatta, a Roma si astengono sul governo Ciampi, a Milano o mandano il loro Marco Formentini sulla poltrona di sindaco oppure saranno guai, e guai seri. Perché, come confida Bossi, «se non passiamo a Milano rischiamo di andare tutti a casa». Da oggi, come dirà Bossi, comincia il mese più difficile. Questa Lega che una settimana fa «era nell'angolo», parole sue, si è rimessa in gioco. «Forza di governo transitoriamente all'opposizione», sempre parole sue, o sale sul treno che porta a Palazzo Marino o si ritroverà nell'angolo. Così, alla platea, Bossi darà una lezione di politica e strategia: ecco come a Roma ho spiazzato il pds, ecco perché l'astensione su Ciampi è doverosa, ecco perché in autunno torneremo a votare. E in vista delle prossime elezioni, contando sul successo milanese, Bossi darà l'ordine: cambiare nome, Lega Italia, per sfondare anche al Centro-Sud. Ma qui gli umori dell'assemblea sono malumori. E mentre Franco Rocchetta, il presidente della Lega, si gode la sua giornata di gloria e libertà, spara sul presidente Scalfaro, butta petardi a Ciampi, se la prende con «i parlamentari brutti ceffi i cui vestiti sanno di sangue e altri liquidi rappresi», i segretari nazionali (nel senso di regionali) hanno nostalgia di quelle quattro lettere: Nord. E si scopre che un intervento di Bossi è urgente: la base, dicono tutti, o non ha ancora ben capito oppure non vuol proprio perdere l'identità: Nord. Ieri sera, in viaggio da Varese al Lido di Vene¬ zia, Bossi ha saputo: «Tranquilli, sistemo tutto...». Ieri, però, l'intervento più applaudito non è stato quello di Rocchetta (quasi due ore), ma i cinque minuti di Sergio Divina, 38 anni, segretario del Trentino, dalle elezioni del 21 novembre prossimo futuribile presidente della Provincia di Trento. Poche, pacate e sentite parole: «Far scomparire quel nome. Le¬ ga Nord, per molti di noi significherebbe sentirci orfani di un passato sofferto e orgoglioso. Viva il Trentino! Viva la Lega Nord! Viva l'Italia federale!». E a questo punto, si badi, sul palco si sono lentamente alzati in piedi tutti gli altri segretari, la platea anche: un minuto abbondante di applausi, che è un'eternità. E' un no al cambio di nome? Divina, quasi avvocato, un passato da pattinatore sul ghiaccio, scivola bene nella domanda. «Noi dirigenti sentiamo la temperatura e dobbiamo mediare. Per noi il Nord non è solo un punto cardinale, ma un riferimento storico all'efficienza e alla buona amministrazione che tanto mancano alla cultura italiana. Noi siamo per una struttura confederale della Lega inserita in un'Italia Federale». Più ni che no. Anche perché, aggiunge il pattinatore, «dobbiamo fare i conti con la realtà dei sondaggi. A Napoli, come Lega Nord avremmo X8%. Senza un riferimento al Nord addirittura il 36». In attesa di Bossi, con Rocchetta che se la prende «con tutti i governi precedenti, vere e proprie associazioni a delinquere», è toccato a Roberto Maroni lavorare nei corridoi per spostare i ni verso un sì: «Vi ricordate due anni fa, quando da Lega Lombarda siamo diventati Lega Nord? Anche allora c'erano resistenze e perplessità. Vedrete: alla fine, tra qualche an- no, ci chiameremo Lega e basta». Tra qualche anno, intende, quando la Lega avrà doppiato le elezioni di giugno, quelle dell'autunno prossimo, e sarà «forza di governo». Ma se a Milano dovesse andar male? Maroni su questo non ci sente, e figurarsi il Bossi di oggi. Anche il «capo» non potrà ignorare né Scalfaro né Ciampi. Difficile che ricorra alla fredda foga di Rocchetta: «Dopo le elezioni politiche Scalfaro se ne dovrà andare». Ciampi, sempre secondo Rocchetta, tenga la valigia pronta: «Avrà vita breve, se è di parola fatta la legge elettorale dovrà dimettersi». 40 giorni di tempo, «altrimenti inizieremo prima a richiamare, poi a pungere, infine a frustare...». Faccia presto, Bossi, a dar la linea e cambiar nome, perché Rocchetta dilaga. Gli hanno domandato: Bossi è stato definito libertino, lei lo è?». Risposta del venetissimo presidente: «Non rinnego il mio connazionale Casanova». Giovanni Cerniti Rocchetta attacca Scalfaro e presidente del Consiglio: dopo il voto d'autunno se ne devono andare ln alto: Roberto Maroni . A sinistra: Umberto Bossi Foto grande: Franco Rocchetta