Il Papa: i boss figli di Satana

Il Papa: i boss figli di Satana Wojtyla in Sicilia: qui il male ha il volto della criminalità organizzata Il Papa: i boss figli di Satana «Ora anche i sacerdoti devono fare di più» TRAPANI DAL NOSTRO INVIATO E' Satana, il vero «grande vecchio» della mafia, il Signore della Cupola: parola di Papa. Giovanni Paolo n a Trapani, Erice, Mazara e Agrigento, nella sua prima giornata del pellegrinaggio siciliano pronuncia più volte, e con forza, la parola «mafia»: quella parola che a Palermo, 11 anni or sono, pur presente nel testo scritto, non usci dalle labbra del Pontefice. E difende, con un'integrazione dell'ultimo minuto, la chiesa siciliana, al centro di sussurri e polemiche: «Nel prendere atto di quanto l'episcopato e il clero siciliano hanno fatto per risanare quest'isola>dalla piaga della mafia, esorto tutti a perseverare con rinnovata fiducia in questo impegno di fondamentale importanza per il futuro dell'intera comunità». Poche parole, per schierarsi a fianco dei vescovi. E' cambiato il clima dell'isola e del Paese, negli ultimi 10 anni, ed è cambiata forse anche la Chiesa: parla più chiaro di una volta, e anche il Pontefice che segue sempre le indicazioni dei presuli del luogo, quando viaggia, e questa visita in Sicilia per delicatezza è paragonabile a un viaggio all'estero - si adegua. La Chiesa non ha più paura, come una volta, di ferire la sensibilità dei suoi fedeli accennando al male oscuro dell'isola. «Come all'origine, anche ai nostri tempi il demonio insidia l'umanità», tuona Wojtyla in piazza a Trapani, capitale della «pax mafiosa» e del silenzio. Nessuno spara, a Trapani (dove, ieri sera, le forze dell'ordine hanno smentito la scoperta di un disegno per attentare alla vita del Papa), ma per 250 incendi dolosi spenti dai vigili del fuoco negli ultimi due anni non è stata presentata neanche una denuncia. E afferma il sostituto procuratore Luca Pistorelli: «C'è l'inquinamento della vita economica, altissimo, pervicace- mente negato dagli operatori economici, e c'è commistione mafiamassoneria». Chiede il Papa ai suoi ascoltatori: «Dove ti ha condotto la subdola insinuazione dell'ingannatore? Quale conseguenza sociale, quale sofferenza e disagio ha creato l'ascolto del tentatore». L'uomo «irretito dal maligno» si incammina «sulla strada della sopraffazione», e quando questa «tremenda espressione dell'inganno si estende sino a diventare espressione di vita collettiva, si realizza quel peccato sociale che impossessandosi degli organismi e delle strutture, scatena terribili potenze oppressive». Giovanni Paolo n non aveva mai usato espressioni di questa forza. «E' a tali sfide violente e mafiose - ha proseguito - che deve rispondere con umile fortezza il vostro impegno di fede», per combattere «quelle forme di criminalità che mortificano e spezzano le coscienze, togliendo a tutti la serenità e umiliando la speranza». A più riprese, papa Wojtyla ha denunciato la «mentalità mafiosa», ha riprovato le «gesta ignobili di sparute minoranze criminali». E questo è un dato di rilievo. Sono lontani i tempi del card. Ruffini, quando la mafia ufficialmente non esisteva. Ma i frutti malati di decenni di potere mafioso sono evidenti. A Mazara il Papa ha visto le grandi opere incompiute, la sopraelevata per cui sono stati spesi 30 miliardi, ferma da sei anni e, al contrario, le seimila ville di «Tonnarella», abusive. «Droga e criminalità invadono le nostre città - gli ha detto il vescovo di Mazara, mons. Catarinicchia -, la mafia semina morte, la massoneria tesse alleanze sospette, le istituzioni vacillano e perdono credibilità». E se a Mazara, come afferma un'indagine della diocesi, un ragazzo su 5 sarebbe tossicodipendente, in «una città che muore» mentre la classe politica sparisce fra arresti e dimissioni; e se Agrigento nutre la seconda mafia per importanza dell'isola, dopo quella di Palermo, è evidente che le parole del Pontefice hanno il senso di una dichiarazione di guerra. E' alla resistenza, come in Campania tre anni fa, che papa Wojtyla chiama i suoi fedeli, non più maggioranza neanche qui, e la gente comune. Non si rivolge ai mafiosi in forma esplicita, probabilmente gli è stato spiegato che è difficile che facciano parte del suo pubblico di questi giorni. «Anche qui come altrove - ha gridato a Mazara - si avvertono i segni dell'influenza della cultura mafiosa, di forze occulte e di una crisi che va investendo sempre più i cardini ideali ed etici della società. Germoglia infatti e cresce il seme dell'ingiustizia sociale, del disordine urbanistico ed ambientale, della disgregazione della famiglia, della droga, del degrado armninistrativo e politico». Ma ha aggiunto: «Non siete soli: non sentitevi soli». E giunto in serata ad Agrigento ha rivolto un breve saluto alla gente: «Vi addito la via della speranza e dell'ardimento». Questa mattina, nello stadio Esseneto, i giovani della Sicilia vivranno per il Papa una coreografia simbolica delle «situazioni di morte» abituali per loro: disoccupazione, videogiochi, motori, corsa al divertimento e naturalmente violenza mafiosa e droga. Per chiudere la giornata, ieri, l'appello di Erice al centro «Ettore Majorana», dove il Papa ha incontrato gli scienziati ed ha spiegato che l'umanità non può restare tranquilla: anche se il pericolo dell'olocausto nucleare si è allontanato, sul nostro futuro incombe «l'olocausto ambientale». «Hanno raggiunto livelli di estrema pericolosità altre emergenze di carattere planetario - ha detto il Papa che lasciano intravedere il rischio di una sorta di olocausto ambientale, dovuto all'improvvida distruzione di vitali risorse ecologiche eal moltiplicarsi di attentati sempre più insidiosi alla difesa e al rispetto della vita umana». Marco Tosarti Ma modificando il discorso ufficiale ha difeso i presuli dell'isola Smentite le voci di un agguato al corteo papale E agli scienziati riuniti a Erice ha lanciato un altro monito «Distruggere risorse ambientali provoca un altro olocausto» Giovanni Paolo II visita un gruppo di ammalati: il suo viaggio in Sicilia si concluderà domani Sotto Luciano Violante, a destra il card. Pappalardo Papa Wojtyla, in auto, fra due ali di folla: un'immagine della visita pastorale di ieri in Sicilia