Spacelab

Così si studia il comportamento di un fluido in assenza di gravità Così si studia il comportamento di un fluido in assenza di gravità Spacelab N ATO da una collaborazione fra Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Nasa, lo Spacelab è una attrezzatura dello Shuttle che viene montata nella navetta per ospitare le operazioni in volo delle missioni scientifiche: un vero e proprio laboratorio modulare, che può essere configurato per ospitare esperimenti dalla medicina alla cristallografia, dall'astrofisica alla microgravità. d il laboratorio creato dagli europei per la Nasa ha anticipato il futuro della Stazione spaziale gUna delle due configurazioni disponibili utilizza un modulo cilindrico, pressurizzato, collegato con la cabina dello Shuttle tramite un tunnel. Gli astronauti sono in grado di spostarsi dall'abitacolo della navetta al modulo-laboratorio senza l'ingombro delle tute per attività extraveicolare e possono manovrare la strumentazione e i computer installati sulle pareti del modulo come se fossero in un normale laboratorio al suolo. m questa configurazione lo Spacelab è, di fatto, una estensione del volume abitabile dello Shuttle e fornisce un ambiente ideale per esperimenti che richiedono la diretta partecipazione dell'uomo. La medicina e la biologia spaziale sono tra le discipline che meglio utilizzano questa opportunità, con gli astronauti al tempo stesso sperimentatori e cavie di ricerche volte ad analizzare le reazioni del corpo umano all'assenza di peso. La seconda configurazione, invece, utilizza dei «pallet» esterni in grado di alloggiare strumenti, spesso ingombranti, che hanno bisogno di essere orientati nello spazio (telescopi, antenne radar), oppure esperimenti che richiedono una diretta esposizione alle impervie condizioni orbitali (pannelli solari o campioni di materiali). Oltre all'interfaccia meccanica, i ((pallet» forniscono l'energia e le comunicazioni necessarie per le operazioni in orbita, consentendo agli astronauti, che lavorano nella cabina dello Shuttle, di ricevere i dati scientifici'e di intervenire, se necessario, per riprogrammare gli esperimenti in tempo reale. La prima missione, lo Space¬ lab-1 che fu a bordo dello Shuttle nel 1983, rappresentò anche la prima opportunità di volo per un astronauta europeo. Fu infatti Ulf Merlbord, di nazionalità tedesca ma selezionato come astronauta dell'Esa, a prendere parte alla missione di collaudo dello Spacelab che mise in risalto la versatilità della navetta americana trasformata, per l'occasione, in piattaforma orbitante per esperimenti scientifici. L'attuale missione D-2 utilizza entrambe le configurazioni dello Spacelab per condurre ricerche interdisciplinari che vanno dallo studio del corpo umano all'esplorazione della Via Lattea Un contributo alla medicina viene da Anthrorack (dal greco «anthropos» e dall'inglese «rack» ad evidenziare la tecnologia appli cata allo studio dell'uomo), una nuova apparecchiatura compu terizzata: all'interno del modulo Spacelab, gli astronauti hanno studiato gli effetti dell'assenza di gravità sui meccanismi di regolazione cardiovascolare e sul le funzioni polmonari. All'altro estremo, la Galactic Ultra-wide-angle Schmidt Ca mera System (Gauss), montata sul pallet nella stiva del «Columbia», verrà utilizzata per raccogliere nuovi dati di interesse astronomico. Gauss utilizza un telescopio a corta focale, con una grande apertura angolare, per effettuare una «survey» fotografica della nostra galassia in 6 diverse bande spettrali. I risultati di queste osservazioni dovrebbero migliorare la conoscenza dei meccanismi di formazione delle stelle nella Via Lattea. Queste sono soltanto alcune delle 90 ricerche svolte dagli astronauti tedeschi e americani. A quasi dieci anni dal suo primo volo, Spacelab è diventato un componente essenziale del programma Shuttle. Le missioni che si sono succedute fino ad oggi hanno permesso di delineare il modo di lavorare nello spazio del prossimo secolo, quando le stazioni spaziali saranno realtà. Umberto Guidoni Candidato astronauta dell'Agenzia Spaziale Italiana mente il numero dei canali su ogni satellite. Si apre così la via all'integrazione del satellite con le reti via cavo, già capillarmente presenti in altri servizi di telecomunicazioni, mediante il trasporto del segnale digitale su fibra ottica: utilizzando antenne comunitarie, il segnale del satellite viene portato fino all'utente senza che questi debba possedere un'antenna individuale. Una soluzione intelligente per la ricezione di un maggiore numero di canali via satellite, senza la complicazione e il costo dei sistemi motorizzati, consiste nelle antenne a due o tre «feed». Con queste antenne di tipo fisso, già sul mercato, sono ricevibili i satelliti che interessano di più. Un'antenna a due «feed» puntata su 13° e 19° Est, ad esempio, permette la ricezione contemporanea di Astra ed Eutelsat per un totale di circa 60 programmi. Eutelsat ha in programma il lancio di un satellite nella seconda metà del 1994: la ricezione sarà consentita con antenne di diametro ridotto (30 centimetri) e la copertura andrà dal Nord Africa all'Islanda e dal Portogallo al Medio Oriente. Mauro Ottaviani

Persone citate: Gauss, Mauro Ottaviani, Schmidt, Space, Umberto Guidoni

Luoghi citati: Columbia, Islanda, Medio Oriente, Nord Africa, Portogallo