La Sicilia di Silvana Grasso
La Sicilia di Silvana Grasso La Sicilia di Silvana Grasso fresie». Laurea in Lettere classiche, docente liceale, lei è grata alla prosa e alla poesia ellenica in bilico fra quarto e terzo secolo, la più impervia, evitata o quasi dai traduttori. Flaccovio è l'editore palermitano che ospita le versioni della professoressa di Gela, ultimi i Mimiambi di Eronda (o Eroda): «Cesare Garboli ecco come sono giunta a pubblicare Nebbie di ddraunàra - apprezzata una mia fatica greca volle sapere che cosa eventualmente nascondevo nei cassetti. Gli inviai un racconto, mi sollecitò a ordinare un ventaglio di storie (scrivo rapidamente, ma dopo una lunga, maliziosa gestazione) che dopo varie vicissitudini hanno trovato asilo nella milanese Tartaruga». Scoperta da un toscano, Silvana Grasso. E dire che don Gesualdo Bufalino abita nella vicina Ccmiso: «Ne conosco a memoria dicerie, luci, lutti, ombre, menzogne, calende greche. Eppure a libro chiuso mi ha deluso. Lo incontrai una volta, gli con¬ fessai la mia vocazione letteraria, non esitò a scoraggiarmi: "Non è meglio che le donne facciano la calza?"». Un amaro, privato miele, che si mescola con lo sgomento per i servigi resi all'isola dai «maggiori» indigeni: «Verga, Pirandello, Sciascia, lo stesso Bufalino sono responsabili di aver modellato una Sicilia di vinti. Istigando quindi i siciliani a non alzare la testa, a subire il giogo: sono naturalmente attori, i siciliani, obbedientissimi al copione dettato dal capocomico». Silvana Grasso inverte la rotta. Nelle dieci prove di Ddraunàra inanella «caratteri» virili, vertebrati (I caratteri di Teofrasto è un suo livre de chevet, fra i contemporanei «abbraccia» Gadda). Una selva di anime mostruose, purulente: Signorino Catalano, il dottorino con «il mento gibboso come il gargarozzo d'un tacchino»; «l'odor di becco in calore, che si nidiava, in specie, nella vallea pellagrosa delle ascelle» di Pasquina la maestra; i diti delle suore, «gon¬
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