Arpino e le spezie d'autore di Giovanni Arpino

Arpino e le spezie d'autore Arpino e le spezie d'autore La nuova rivista di Almansi ha un precedente illustre. Durò undici numeri il Racconto, il «mensile d'autore» varato da Giovanni Arpino nel '75. L'editoriale - «Chi siamo» - annunciava «"storie" italiane e straniere, epigrammi salati, contributi giornalistici del maggior livello, rubriche adatte a costituire spezie e pimenti in un panorama culturale ormai moscio e prevedibile». Affiancato dal confrère torinese Mario Maffiodo, «sette muse e sette nani», «alunno vero e maiuscolo del Diletto», Arpino inseguì e impaginò firme al diapason, di lungo corso o a sorpresa (con un occhio agli esordienti di valore): da Piovene a Franca Valeri, da Morselli a Andreasi, da Roth a Patricia Highsmith, da Bontempelli a Montale, da Casalegno a Bulgakov, da Fitzgerald a Italo Cremona (che rinverdì l'antico almanacco «L'Antipatico», compilato con Maccari). Nell'aprile '76, il passo d'addio del Racconto. Non perché mancassero i lettori adeguati, ma perché - spiegò Arpino - «gli spaventi uterino-finanziari» fecero sì che i «mecenati», gli editori, si svegliassero di colpo «in carne di ragioniere...». Ovvero la letteratura sfrattata dalla partita doppia. [b. q.] ruggito? Opinioni a confronto: da Almansi a Busi, da Andreose a Sellerio, dalla Logorio alla Duranti, a Cerami romanzo La lingua perduta delle gru. Il racconto ìia bisogno di molte trovate e di tanti espedienti letterari». Ma non è detto che oggi ci si basi sui solidi principi che hanno ispirato e alimentato il racconto nella sua lunga storia. Negli ultimi tempi siamo davanti a fenomeni sconcertanti, osserva Gina Lagorio, in libreria a giorni con la raccolta Il silenzio (Mondadori): «Sono in circolazione tanti romanzi mutili. La novella, me lo ricordò Anna Banti quando le consegnai il mio primo racconto, è figlia di un'arte molto sofisticata e precisa, che si basa su di un'interiore necessità. Invece l'attuale ripresa della narrativa breve nasce da ruggito? 0, in altri termini, romanzieri affaticati che si riposano nella paginetta? Nel coro di quanti si schierano a favore del revival narrativo, Elisabetta Rasy, che uscirà tra poco da Garzanti con la raccolta Mezzi di trasporto, afferma che la novella «ben s'incontra con le esperienze della nostra vita quotidiana, frammentata e dai ritmi convulsi. E permette anche la più grande libertà di sperimentazione». Gabriele Romagnoli, autore di Navi in bottìglia (Mondadori), valuta il racconto come una scommessa per nulla in tono minore, perché richiede molte capacità stilistiche: «Prendiamo Leavitt: ha scritto splendide storie in Ballo di famiglia. Si è arenato nel ne dunque su un terreno minato: scrittori ed editore si sono uniti nella strategia dei libri in pillole per tutelare i lettori da dispiaceri troppo grandi. Non tutti sono d'accordo su questa diagnosi: «E' vero il contrario - osserva Antonio Debenedetti che ha pubblicato da Rizzoli Racconti naturali e straordinari -. Con la loro tenacia e ostinazione, con la loro bravura, come nel caso di Tabucchi, sono stati gli scrittori che hanno imposto il loro punto di vista agli editori, che di racconti non ne hanno quasi mai voluti pubblica¬ re. I grandi della letteratura si sono cimentati con questo genere, da Cechov a Poe, da Gadda a Pirandello. Si possono considerare autori "leggeri"?». La scrittrice Francesca Duranti, nonostante si dichiari un'appassionata della short story è sospettosa: «Sarà una ventata positiva o negativa? Il racconto si basa su una sola idea, mentre il romanzo è più articolato: trovati i temi è difficile legarli. Oggi a moltissimi scrittori manca proprio la capacità di creare una struttura». Colpi di tosse al posto di un bel

Luoghi citati: Arpino, Cerami