Scacco ai clan di Messina di Fabio Albanese
Presi in 39 Presi in 39 Scacco ai claa di Messina MESSINA. Cinque pentiti danno scacco alla mafia messinese e provocano una valanga di arresti, avvenuti nella notte fra giovedì e venerdì: 129 le ordinanze di custodia cautelare; 69 quelle notificate in carcere, 38 le persone arrestate, 23 i latitanti. Un risultato che il procuratore nazionale antimafia Bruno Siclari ieri mattina ha descritto con soddisfazione, aggiungendo: «La mafia messinese è ormai collegata organicamente con le cosche di Palermo e Catania, e si è fatta sempre più pericolosa». L'operazione di ieri, portata a termine da 700 tra carabinieri e militari, ha dimostrato il contrario: a Messina quattro famiglie mafiose si erano divise la città in zone di influenza e controllavano il racket delle estorsioni e il mercato della droga, non esitando ad eliminare chi cercava di disturbare i loro interessi. Per la prima operazione scaturita da un'indagine coordinata dalla stessa Direzione nazionale antimafia, gli arresti sono stati eseguiti, oltre che a Messina, anche a Roma e, uno, perfino all'interno della comunità di San Patrignano. In questo caso, si tratterebbe di un giovane ricoverato da alcuni mesi. Quella dell'altra notte è una fra le più importanti «retate» mai compiute dalle forze dell'ordine nella provincia. Nell'85 vennero arrestate quasi 200 persone, tutte accusate di associazione mafiosa, e il boss dell'epoca, Gaetano Costa, «Facci i sola». Ma, da allora, l'attività dei clan è mutata; dopo quegli arresti, e il maxiprocesso che l'anno dopo condannò quasi tutti, il controllo delle zone è stato diversificato; i clan si sono divisi quello che prima era il territorio incontrastato di Costa. Nonostante alcune indiscrezioni, il procuratore Siclari «non conferma né smentisce», come ha detto, la possibilità che fra gli inquisiti possano esservi uomini polìtici ed imprenditori. Gli investigatori, guidati dal sostituto Giovanni Lembo della Dna e dagli altri magistrati della procura messinese, hanno ricostruito la mappa delle cosche e delle attività mafiose della città, negli anni compresi fra il 1986 e il 1989. Dei cinque pentiti che collaborano si sa poco: sono, comunque, ex appartenenti ai quattro clan messinesi. Grazie a loro è stata fatta luce su 22 omicidi, 27 tentativi di omicidio e una novantina di casi di estorsione. Si è anche chiarito che la città era suddivisa in quattro zone di influenza: il villaggio Cep e la zona di Tremestieri era controllata dalla famiglia Ferrara, il Centro era gestito da Luigi Sparacio, il quartiere Giostra da Mario Marchese e Luigi Galli; il villaggio Aldisio e la zona Bordonaro, infine, erano comandati da Giuseppe Leo e Giorgio Mancuso. I capi di queste famiglie sono tutti fra gli inquisiti. Al blitz sono sfuggiti, fra gli altri, proprio due dei più pericolosi capimafia della città siciliana: Sebastiano Ferrara e Luigi Sparacio. Fabio Albanese
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