«Tangentopoli siamo solo all'anno 1° »

Il procuratore generale Catelani: questa è una rivoluzione, quella francese durò 5 anni Il procuratore generale Catelani: questa è una rivoluzione, quella francese durò 5 anni «Tangentopoli, siamo solo all'anno 1 » Borrelli: fate i «confidenti», resterete anonimi E Papi (Cogefar) rivela altre tangenti pagate ai partiti MELANO. «Siamo solo all'inizio», parola di Giulio Catelani, procuratore generale a Milano, anno secondo di Tangentopoli. All'inizio? E i 200 arresti? I 700 indagati? I partiti travolti, gli imprenditori inquisiti, il «sistema» a pezzi? E la valanga di «Mani pulite»? Sì, che è una valanga lo ammette lo stesso Catelani. E dice: «Tangentopoli è una palla di neve trasformata in valanga. E ancora questa valanga deve terminare». E il procuratore capo Borrelli spiega al Grl che c'è pure una valanga anonima di segnalazioni, centinaia di lettere di denuncia contro politici e imprenditori. Borrelli invita chi non vuole esporsi personalmente a presentarsi «come confidente»: «Andate dai carabinieri e terremo nascosta la vostra identità», dice. No, non si ferma il terremoto Tangentopoli. Catelani lo dice a chiare lettere, a un convegno su «Responsabilità penali ed amministrative nei contratti d'appalto». Ma, soprattutto, Catelani rifiuta i colpi di spugna, le soluzioni di comodo. Dice Catelani: «Faremo i processi, tanti quanti sono gli episodi. E quando sarà accertato tutto non è escluso si possa pensare a un provvedimento concessivo di benefici». E aggiunge: «Prima si fa la guerra. Poi si perdona». Quando? Anche su questo è chiaro: «La rivoluzione francese è durata 5 anni. Noi siamo al primo». Usa la sferza il procuratore generale, «dà la linea» si sarebbe detto una volta. Non ci sono dubbi su quello che vuole: «Il passato riguarda i giudici. Politici e imprenditori guardino all'avvenire». Sì, ma intanto nel presente c'è il carcere, cella tre per quattro, sbarre alle finestre. A San Vittore. 0 in qualsiasi altro carcere delle varie Tangentopoli. Critiche agli arresti «facili»? «La carcerazione preventiva è un male necessario», risponde il procuratore aggiunto Gerardo D'Ambrosio. E aggiunge: «Pensate che nelle condizioni in cui è partita l'inchiesta a Milano si potessero raggiungere risultati senza fare un uso corretto di questi criteri?». E' stato ancora il procuratore generale di Milano, Catelani, a parlare della «rivoluzione» in corso. E un plauso lo ha voluto riservare al «popolo italiano» per come sta partecipando a questi eventi. «Non è vero che c'era un degrado generale», ha ricordato Catelani. E ha aggiunto: «Il degrado era dei pochi priovilegiati che stavano al tavolo del ricco Epulone. Tutti gli altri non prendevano nemmeno le briciole». Il procuratore generale non lo dice apertamente, ma a palazzo di giustizia ha fatto più che piacere la protesta della «piazza» quando il Parlamento ha detto «no» al processo a Craxi. Ma la piazza non protesta soltanto. Racconta al Grl il procuratore capo Francesco Saverio Borrelli: «Non possiamo indagare sulla base di segnalazioni anonime. Ma copriremo l'identità di chi non vuole esporsi». Non piace a Marco Pannella il «consiglio» del procuratore capo. Non piace proprio. E tuona: «Borrelli evidentemente, esercitando un suo diritto civile si candida a ispiratore o a ministro di polizia di uno Stato di polizia. Per ora». E l'inchiesta «Mani pulite» va avanti. Senza sosta. Oggi nuove «buste gialle» con avviso a parlamentari. Settimana prossima nuovi arresti. Facce nuove e politici già avvisati nel carnet di ieri dei giudici milanesi. Cinque in tutto gli uomini politici nel mirino di Borrelli e degli altri giudici del pool antimazzette. Apre l'elenco il senatore Nicola Putignano, psi, corruzione in «busta gialla» per le mazzette Anas. Lui dice: «Sono assolutamente estraneo alle vicende contestate». Stesso filone, altra busta per Bettino Craxi. Tre buste in un colpo solo le colleziona il recordman Severino Citaristi, de. Due riguardano gli appalti delle Ferrovie dello Stato (2 miliardi e 650 milioni presi da varie imprese), una l'Anas pure lui. Altre due buste vanno a Giuseppe Santonastaso e all'europarlamentare Francesco La Manna, entrambi de. Mazzette per oltre un "miliardo versate all'estero da Enzo Papi della Cogefar-impresit (gruppo Fiat) per il depuratore di Caserta. E ai giudici Enzo Papi ha raccontato anche di altri versamenti: 1,2 miliardi ai de Sbardella e Moschetti, 450 milioni a Signorile, allora ministro dei Trasporti psi, 130 milioni a Giorgio Casadei, segretario di De Michelis. Altri 200 milioni al socialista Lenoci. E adesso i magistrati indagano. Ma la cronaca di Tangentopoli si chiude con una condanna. Due anni e otto mesi di carcere per Antonio Sportelli, psi, amministratore Ussl 75, mazzette sull'ospedale Paolo Pini. Fabio Poterti L'ex ministro Paolo Cirino Pomicino (a lato). Sopra, il procuratore generale di Milano Giulio Catelani

Luoghi citati: Caserta, Milano