Manette in casa Pomicino di Fulvio Milone

Un industriale: lui faceva voti alla Madonna, io pagavo le sue donazioni Un industriale: lui faceva voti alla Madonna, io pagavo le sue donazioni Manette in casa Pomicino Concussione, in carcere i due fratelli NAPOLI. Cene pantagrueliche, meeting elettorali, restauri gratuiti di chiese e canoniche. Ne aveva di spese, Paolo Cirino Pomicino. Solo che non pagava lui. A saldare conti ci pensavano i «cavalieri del mattone», i costruttori napoletani che lavoravano alle grandi opere del dopo-terremoto. Uno di loro ha perfino dovuto onorare un voto fatto dall'ex ministro alla vigilia di un difficile intervento a cuore aperto: cento milioni in opere di bene per avere salva la vita. Fede e tangenti si sarebbero fuse nel «Villaggio dei ragazzi», un mega-centro assistenziale in provincia di Caserta: a riscuotere sarebbe stato don Salvatore D'Angelo, un sacerdote amico di molti maggiorenti de. A condurre il valzer delle mazzette sarebbero stati Antonio e Lucio Cirino Pomicino, i due fratelloni di «'o ministro». Ieri sono finiti in carcere per concussione, lo stesso reato ipotizzato meno di un mese fa in un avviso di garanzia (l'ottavo nelle varie inchieste sulla Tangentopoli vesuviana) inviato all'andreottiano Paolo. I nomi di Lucio e Antonio sono saltati fuori durante l'interogatorio di un vecchio amico della famiglia Pomicino, Francesco Zecchina, costruttore rampante e socio in affari dei familiari dell'ex ministro. Coinvolto in molte inchieste su «Mani pulite» a Napoli, l'imprenditore non ha esitato a buttare alle ortiche l'amicizia quarantennale che lo lega soprattutto ad Antonio, del quale è stato testimone di nozze. Ha spifferato davanti ai giudici di aver dato due miliardi ai Pomicino: ottocento milioni personalmente all'ex ministro; il resto agli altri due fratelli, impegnati nelle campagne elettorali del più illustre congiunto. Cosa avrebbe ottenuto in cambio? Il giudice è convinto che i soldi sono stati il passepartout per la partecipazione di Zecchina a tre appalti d'oro del dopo-terremoto: la copertura dei Regi Lagni, un intrico di canali irrigui di epoca borbonica, il cui costo è lievitato da 200 a 550 miliardi; la realizzazione di un raccordo autostradale, con una spe¬ sa di 280 miliardi; la costruzione della circumvallazione del Lago Patria, un'opera da 460 miliardi. Il racconto del costruttore napoletano è un'antologia della mazzetta. I soldi, ha detto il pentito, scorrevano in mille rivoli sotterranei, anche i più impensabili. Lucio e Antonio Pomicino, infaticabili promoter del fratello ministro, si sarebbero lanciati in spese folli per cene elettorali in alberghi del lungomare. Le prove? Zecchina ha mostrato fatture e ricevute con importi a sei zeri. Non basta: il costruttore doveva acquistare anche decine di abbonamenti alla rivista di Pomicino, Itinerario, e saldare i conti con le tipografie che stampavano vo¬ lantini e opuscoli elettorali. Pagava anche per qualche sacerdote che chiedeva aiuto al ministro per restaurare la chiesa. In compenso, le tonache si sarebbero messe al servizio di «'o ministro», distribuendo tra i fedeli opuscoli e bigliettini elettorali. Ma il top del connubio fra il sacro e il profano, secondo Zecchina, risale a ottobre dell'85. Fu un anno difficile per Paolo Cirino Pomicino, costretto a un viaggio a Houston, negli Stati Uniti, per essere sottoposto ad un difficile intervento chirurgico al cuore. Parte delle spese fu anticipata dall'industriale del grano Franco Ambrosio, ma per l'ex ministro gravemente ammalato ci voleva ben altro protettore. Ecco il racconto di Zecchina: «Al ritorno dagli States Pomicino mi disse che aveva fatto un voto: doveva dare 100 milioni a don Salvatore D'Angelo, che gestisce il "Villaggio dei ragazzi" a Maddaloni, nel Casertano. Mi chiese i soldi, e io dovetti pagare». Il nome di don Salvatore, che vanta una vecchia amicizia con Giulio Andreotti, non ricorre solo nelle confessioni di Francesco Zecchina. Di lui ha parlato anche Agostino De Falco, socio dell'Ida, un colosso dell'edilizia. «Pomicino - ha detto - mi chiese cento milioni per Salvatore D'Angelo che, come il ministro, soffriva di cuore e doveva essere operato». Fulvio Milone

Luoghi citati: Caserta, Maddaloni, Napoli, Stati Uniti