Tre litiganti all'assalto del Carroccio

Tre litiganti all'assalto del Carroccio Milano sceglie il nuovo sindaco: addio a tv, apparati e vecchi partiti Tre litiganti all'assalto del Carroccio Bassetti, Borghini e Dalla Chiesa contro Formentini MILANO UOVO giro, nuova corsa elettorale. Dopo il SuperSì referendario, qui si ricomincia. Neanche il tempo di scollare i punti esclamativi dell'abrogare sì, abrogare no, che una folla di facce con sorrisi bidimensionali si conquista i muri crollati della città promessa - la neo-Milano Betlemme di Di Pietro, Gomorra dei partiti. Ora tocca ai candidati sindaci scendere in pista (qui e altrove), debuttanti allo sbaraglio sull'anello della nuova legge elettorale, quella nata dopo il tonfo dell'abbraccio consociativo: tutti amici a Palazzo Marino, maggioranza ed opposizione, tutti ammaccati l'uno all'altro. Anche troppo, come ha scoperto Di Pietro. Adesso si cambia: match all'americana, sfida uomo contro uomo. Siamo alla competizione post ideologica, post partitica, post tutto, visto che tutto (della Prima Repubblica) va allegramente sprofondando. Si parte oggi. Dalle otto di stamane fino alle 12 di sabato è possibile iscriversi alla grande corsa, arrivo previsto per la prima tappa il 6 giugno. Dieci milioni e rotti di elettori, 20 mila sezioni, 1230 Consigli comunali, più vari provinciali, più il Consiglio regionale del Triveneto. Un test coi fiocchi, insomma, un quinto dell'Italia nostra. E il cuore saranno come sempre i grandi centri (Torino, Catania, Novara, Ravenna, Grosseto, Ancona, Siena), ma il cuore del cuore è qui, nella polpa di Tangentopoli, dove tutto cominciò. E allora eccoli i pretendenti alla poltrona, senza più l'ombra di re Bettino, con muscoli appena lubrificati dalle prime schermaglie. In ordine alfabetico (per carità): Piero Bassetti (area di centro: de, ci, imprenditori, commercianti), Piero Borghini (area di centro, ma rosa con ex garofani ed ex querce), Nando Dalla Chiesa (baffo della coalizione di sinistra: pds, Rete, Rifondazione, verdi), Marco Formentini (Lega Nord, basta e avanza), Adriano Teso (pattista, con l'investitura di Mariotto). Tutti e cinque ai piani alti dei sondaggi (per quel che valgono). Segue il terzetto dei minori: Riccardo De Corato (missino con la fiamma degli onesti), Tiziana Maiolo (unica donna candidata, antiproibizionisti, un po' di verde, un po' di sinistra sparsa), Piergianni Prosperini (ex bossiano, ora Lega alpina). Non è che saranno chiamati a improvvisare, ma proprio a inventarsela questa campagna elettorale: senza (o quasi) i partiti tradizionali; senza (o quasi) la tv; piena di colpi bassi, di liste amiche (specialità di Bassetti), di finti amici e di veri nemici. E tutti, orfani, chi più chi meno, dei grandi apparati. In quanto a innovazione Piero Bassetti è re: basta dare un'occhiata al suo quartier generale, via Barozzi numero 6, base spaziale del Clinton padano. Ma guarda un po' che animazione, che adrenalina, che ritmo, che signorine sì mi dica, dentro a questo appartamentone di famiglia intasato dai fax: venti addetti stipendiati, altrettanti volontari. Dice il Bassetti: «Io ci sono nato in questo palazzo, al quarto I piano, e adesso, a 64 anni, ci ri¬ nasco sindaco». E ancora: «Devo raccogliere 500 mila voti per vincere. Il combattimento è iniziato, i miei partigiani presidiano il territorio. Dove mi chiamano, io vado». Questa campagna gli costa un miliardo virgola otto («Rendiconti al millimetro, vedrà»), la sua agenda comprende, minuto più minuto meno, un appuntamento ogni mezz'ora. Caspita. Mica per niente nel suo staff ci ha piazzato tre esperti pescati direttamente da Washington, anzi da Little Rock, consulenti del Clinton ve¬ ro, quello col ciuffo e il sax. «Perché no? Chiedono solo un rimborso spese e io glielo dò». Ma gli americani, Bassetti, che fanno, ci capiscono qualcosa, dentro a questo pantano esploso? «Bè, sono sbalorditi». Ah. E che le hanno detto? «Mi hanno insegnato a utilizzare il tempo, a puntare su pochi messaggi, cose così...». Che fa, non svela? «No». E' vero che hanno indagato l'umore dei milanesi? «Hanno scoperto una roba che li ha sconcertati. Cento su cento conoscono Craxi e cento su cento lo detestano. Mi hanno confessato di non aver mai visto una performance negativa così». E gli hanno insegnato, probabilmente, l'ottimismo. «Il mio problema è arrivare al ballottaggio: con Formentini vinco, perché tutti gli antileghisti votano per me. Con Dalla Chiesa vinco perché tutti gli antisinistra votano per me». Ottimista, ma con i piedi di piombo: dalla Camera di commercio, per il momento, ha chiesto l'aspettativa. Non si sa mai. Quanto è più modesto Borghini Giampiero, ex sindaco di Milano, giornalista cassintegrato all'Unità. Un mese fa ha avuto il coraggio di affrontare, dopo l'orario di lezione, gli studenti del liceo classico Carducci. L'hanno aspettato in poche decine, i cattivi dicono addirittura in 17. Eppure lui non s'è perso d'animo. Ha parlato l'intero pomeriggio finché un ragazzo, Daniele Bellasio, gli ha chiesto: «Cosa posso fare per lei, sindaco?».- Adesso Daniele, 19 anni, è in lista, il più giovane candidato, attivissimo, infaticabile raccoglitore di firme. Spende assai meno di Bassetti, il povero Borghini: 495 milioni. Nel suo ufficio, prestato da un ex assessore ed ex consigliere dei pensionati, lavorano otto persone capitanate da Osvaldo Papetti. L'asso nella manica? Il libro «Sempre Milano», instant book, autointervista su quell'anno abbondante alla guida di Milano tra il bacio iniziale di Craxi e le bordate della magistratura. Nient'altro? «Certamente - replica sarcastico un collaboratore dell'ex sindaco -. Borghini non prende più il metrò. Lo ferma troppa gente, c'è troppa simpatia...». Eh sì, un po' di ironia non guasta: verso Bassetti, che medita di presentarsi al supermercato (i tre americani gli hanno chiesto: «Ce ne descriva uno», e lui: «Mai stato in un Super» e loro, inorriditi: «Ci vada!»), verso il Nando Dalla Chiesa che elogia e viaggia in tram e pensa alle periferie. Lui, il campione della Rete, non si scompone. E' forte, vanta una base di volontari a prova di bomba. Può vincere, anche se investirà solo 98 milioni: «Io ci metto i valori, la passione, mica i soldi. Milano capirà». E' un onesto doc, un puro, uno che ha cominciato a sparacchiare contro i costruttori d'assalto e i tangentisti quando tutti stavano in campana. E Adriano Teso? Questo signore così ben vestito, così sicuro, così efficiente, sembra un po' un marziano della politica. Sarà per questo che promette: «Penso a Milano oltre il Duemila». Un minuto prima del divieto, si è precipitato alle tv di Berlusconi per raccontare la sua ricetta tutta entusiasmo e rinnovamento: «Più tecnologia, migliore qualità della vita». Ce la farà l'ex maestro di sci? Dentro la cerchia dei Navigli qualcuno fa il tifo per lui, i più rimpiangono la mancata partenza di Gianni Locatelli, direttore del «Sole - 24 Ore» che alla fine ha detto «No grazie». Infine, lo sfidante più forte: Marco Formentini, campione della Lega, braccio destro di Umberto Bossi. Lavorano in 14 per lui al quartier generale di via Foscolo. Ma è solo l'avanguardia dell'esercito delle sezioni. Almeno sei in Milano città, oltre trecento militanti che il tempo libero lo dedicano al Marco, campione del Carroccio. Ogni mercato, tutti i giorni, viene battuto dalle sue truppe con lo spadone. Altri fedelissimi presidiano il telefono aperto: chi vuole parlare con Formentini si metta in coda. Verrà richiamato. E dal 10 maggio l'exploit: centomila copie del programma, 88 pagine, puro succo di Lega per fare di Milano la capitale del vento del Nord. Quanti soldi? «Macché soldi, noi vendiamo francobolli, organizziamo cene, piazziamo i gadgets. L'ultimo? Le magliette di Ambroeus, il drago lombardo che schiaccia i prepotenti di Roma. Spenderò 200 milioni, non una lira di più. Il resto verrà». Magari cantando: sì, prevedono per fine maggio dieci finalisti al concorso per la canzone della Lega: «Faremo una specie di Canzonissima» e se non basterà, avanti con il Bossi per rastrellare cuori meneghini. Gara tremenda, gara di uomini soli. O quasi. Spiega Raffaele Cattaneo, capomacchina di Bassetti: «Finiti i partiti quello che conta è la persona, i suoi valori. Lei lo sa che metà dei milanesi ha dichiarato che voterà indipendentemente dai partiti?». Giusto, e allora tutto serve per lanciare il messaggio intonato. Bassetti arruola la Vanoni. Formentini punta su Gian Pieretti (sì, quello di «Pietre»), per Nando Dalla Chiesa tifa Jovanotti. E Borghini? Lui ha il sostegno morale di Fabrizio De André, che a Milano non vota. Ma va bene lo stesso. Ugo Bertone Pino Corrias Meno quotato Teso il candidato pattista Nel terzetto minore il missino De Corato la verde Maiolo l'«alpino» Prosperini Sarà un match all'americana Dagli Usa arrivano i clintoniani per guidare la campagna elettorale I LA SFIDA I DEL 6 GIUGNO Milano sceglie il nuovo sindaco: addio a tv, Qui accanto i manifesti elettorali di Adriano Teso Al centro un'immagine di piazza Duomo Sopra Fabrizio De André e Jovanotti Qui accanto Colombo e Di Pietro