«A 11 anni Koresh ci iniziava al sesso» di Paolo Passarini

«Di cosa mi accusate? Ho servito per 30 anni il mio Paese» Le confessioni delle bimbe scampate al rogo «A 11 anni Koresh ci iniziava al sesso» WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Quando una bambina compiva 11 anni, David Koresh le faceva apporre sul petto una stella di David di plastica. Da quel momento lei aveva «la luce» e questo significava che doveva essere pronta a avere rapporti sessuali con il Cristo di Waco, tutte le volte che lui glielo avesse chiesto. La convocazione, naturalmente, non tardava. Nessuna si ribellava, tutt'altro. Né le loro madri, anch'esse tutte mogli di Koresh e interdette dall'avere rapporti sessuali con i loro legittimi mariti presenti all'interno del «ranch», si sognavano di interporsi. Era la via per il cielo, illuminata da una paura che Koresh era riuscito a trasformare in un malinteso, ma profondo sentimento di amore nei suoi confronti. Questa è solo una delle scoperte documentate dalla lunga indagine condotta dal dottor Bruce Perry, responsabile dell'istituto psichiatrico per l'Ospedale per Bambini del Texas, attraverso lunghe interviste a 19 dei 21 bambini lasciati uscire dal «ranch Apocalisse» nell'intervallo tra la sparatoria iniziale del 28 febbraio e la «soluzione finale» di due lunedì fa. Un bambino di 7 mesi e uno di 3 non sono potuti essere intervistati perché troppo piccoli. Le punizioni corporali erano all'ordine del giorno. Venivano comminate con una pagaia di legno, che Koresh chiamava, con pio eufemismo, «the helper», l'aiutatore. Sulle natiche delle bambine sono stati rintracciati lividi di forma tondeggiante. Ma, mentre alle bambine era permesso di stare alzate fino a tardi, magari in attesa di essere convocate nel talamo del capo spirituale della comunità, i bambini erano obbligati ad alzarsi alle 5 e 30 del mattino. Cominciava a quell'ora, per loro, «the gym», la ginnastica, vale a dire una lunga sequela di esercitazioni paramilitari, spesso con armi da fuoco. Venivano addestrati a combattere l'uno contro l'altro e, se non combattevano abbastanza duro, entrava in azione «the helper». Avevano già imparato a riferirsi ai loro genitori come «the dogs», i cani, perché «the fa- ther», nel «ranch», era uno solo per tutti, David Koresh, il che, peraltro, in molti casi, era anche biologicamente vero. Non che ai genitori legittimi questo dispiacesse. Una delle madri sopravvissute, intervistata da Perry, ha citato ben 12 volte Koresh con amore e venerazione, ma mai una volta ha parlato del marito e dei suoi bambini rimasti bruciati nell'incendio finale. Sono 24 i bambini che hanno perso la vita nel rogo del 19 aprile. Una rigida disciplina richiede anche un ferreo controllo del cibo da parte di chi la impartisce. Così, spesso, i bambini venivano lasciati senza mangiare per una giornata intéra. Nessuno di loro aveva mai sperimentato un pasto caldo prima di quello avuto negli orfanotrofi in cui sono stati ospitati appena liberati. Nel «ranch», dotato di piscina, apparecchiature elettroniche e armi modernissime, mancavano l'acqua corrente e gli impianti igienici. I bambini hanno raccontato che ciascuno di loro aveva in dotazione un vaso, che era tenuto diligentemente a svuotare al termine di ogni giornata. Quando sono stati liberati, i bambini del «ranch» hanno scoperto con un misto di stupore e di divertimento, l'esistenza degli sciacquoni. E non la finivano di azionarli. Paolo Passarini

Persone citate: Bruce Perry, David Koresh, Koresh

Luoghi citati: Texas, Washington