Guerra a Gaza litigio nel governo di Aldo Baquis

Nove morti tra i palestinesi. Attacco di Hezbollah e rappresaglia israeliana in Libano Nove morti tra i palestinesi. Attacco di Hezbollah e rappresaglia israeliana in Libano Guerra a Gaza, litigio nel governo //premier critica Peres: troppe concessioni ai negoziati TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Due operazioni condotte a Gaza dalle unità speciali dell'esercito israeliano hanno provocato lunedì notte e ieri la morte di cinque attivisti dei «Falchi di Al-Fatah» (un'organizzazione clandestina che pratica la lotta armata contro l'occupazione militare) e hanno attizzato nella Striscia un incendio di grandi proporzioni, mentre i negoziati bilaterali di pace israelo-arabi a Washington sono entrati in una fase estremamente delicata. Ieri, del resto, sono stati accoltellati due israeliani e si è sparato anche al confine tra Israele e Libano, dove gli sciiti Hezbollah hanno lanciato alcuni attacchi di disturbo, ai quali Israele ha reagito con un'incursione aerea. Due guerriglieri islamici sono rimasti uccisi. Discordia anche nel governo di Gerusalemme. Il premier Rabin ha attaccato il ministro degli Esteri Peres: «Fai troppe concessioni». Prima che la situazione sul terreno degenerasse bruscamente, il ministro degli Esteri Shimon Peres aveva delineato la sua visione di un futuro Medio Oriente: una confederazione politica giordano-palestinese e accordi economici «analoghi a quelli del Benelux» tra Giordania, Israele e i Territori. Anche in Cisgiordania sembrava essere filtrato un raggio di speranza, quando il ministro della Polizia Moshe Shahal aveva discusso con esponenti di Nablus (Cisgiordania) della progettata polizia palestinese e quando fonti arabe avevano rivelato che nei prossimi mesi rientreranno altri 400 attivisti espulsi da lungo tempo. Ieri la preoccupazione di neutralizzare altri «ricercati» ha scatenato un'insurrezione popò- lare in alcuni campi profughi di Gaza che ha provocato la morte oltre quella dei cinque attivisti di altre tre persone, fra cui quella «clinica» di un bambino di sei anni, raggiunto da un proiettile al cranio. (La nona vittima si è avuta a Nablus, in Cisgiordania, dove ieri è morto un palestinese ferito in incidenti avvenuti dieci giorni fa). In poche ore, a Gaza, è così evaporato l'effetto accumulato nei giorni scorsi da una serie di gesti di conciliazione da parte israeliana, come l'autorizzazione al rientro di 30 espulsi. Fonti palestinesi hanno paragonato le attività delle unità speciali a Gaza (che è isolata da oltre un mese dal resto del mondo) a una specie di caccia grossa, in cui militari israeliani vestiti da arabi freddano i ricercati da breve distanza. Così è avvenuto, secondo loro, nel campo profughi di El Bureij, dove gli agenti speciali israeliani hanno crivellato di colpi un'automobile in cui viaggiavano quattro Falchi di Al-Fatah. Un portavoce mili¬ tare ha riferito invece che, in precedenza, i quattro avevano cercato di travolgere un agente. Testimoni locali hanno aggiunto che ieri, nel campo profughi di Al-Maghazi, tre falsi palestinesi che indossavano la galabya (la tunica tradizionale) hanno estratto all'improvviso fucili M16 falciando due fratelli, Yussef e Juma Abu Mohsen. Yussef membro dei Falchi di Al Fatah non ha fatto a tempo a sfiorare la pistola mitragliatrice Uzi che aveva addosso. Per tutta la giornata, in una Gaza resa spettrale da uno sciopero generale di protesta, sono bruciati i pneumatici mentre gli altoparlanti delle moschee diffondevano versetti del Corano. In questo clima esasperato, attivisti di Hamas hanno accoltellato a morte un loro connazionale, conficcandogli poi nel ventre un pugnale con un biglietto in cui lo definivano un collaborazionista. Feriti di striscio a pugnalate pure un soldato e un commerciante ebreo: «Bisogna impedire la pre¬ senza nel futuro Stato palestinese sia dei coloni sia dei militari» stava infatti scritto nel comunicato distribuito dal Comando Unificato della rivolta. In un'intervista apparsa ieri sul quotidiano Yediot Ahronot, Peres ha affermato che, attraverso i negoziati bilaterali di pace israelo-arabi a Washington, l'obiettivo di Israele è di «mutare il clima nella regione». Peres ha anche illustrato la sua visione di un Medio Oriente rappacificato e destinato a progredire attraverso mercati integrati, «appunto come nel Benelux». Ha pure riconosciuto - tra le righe che, di fatto, Israele sta già trattando con l'Olp. Lo stesso Babin ha giustificato a Yediot Ahronot la sua ostilità a un dialogo con l'organizzazione di Yasser Arafat non stigmatizzandola come «una banda di terroristi» - come in passato l'aveva definita il suo predecessore Yitzhak Shamir ma adducendo considerazioni di carattere tattico. «Trattare con l'Olp - ha affermato - significa dover affrontare, tra l'altro, il cosiddetto diritto al ritorno dei profughi palestinesi». Rabin ha convenuto che nel suo gabinetto vari ministri sono favorevoli a un dialogo aperto con l'Olp. Ieri, dunque, i palestinesi dei Territori erano impegnati a chiedersi quale dei due Rabin fosse quello vero: quello che venerdì a Gerico ha chiuso un occhio su una grande manifestazione pro-Olp al ritorno di 15 espulsi e che ha apertamente caldeggiato il progetto di una polizia armata palestinese nei Territori; oppure quello che ieri, nel campo profughi di Shati, ha ordinato di rimuovere le effigi di Arafat dalla casa dei familiari di uno dei Falchi uccisi, scatenando così l'insurrezione popolare. Aldo Baquis