Assedio stanco a Via del Corso di Filippo Ceccarelli

La Fondazione si interroga sul socialismo. Il presidente Tamburrano «Siamo poveri, non scemi» Assedio stanco a Via del Corso Sotto la sede delpsi insulti e monetine IVISITORS DEL GAROFANO OROMA UANDO scende il buio e tirano giù le serrande di «Simona», lingerie di lusso, via del Corso diventa pure triste. E più silenziosa. Cappuccino fuori orario al bar «Maneschi», cartacce per terra, un vuoto di parole e di ascolto, l'occhio sperso dei giovanotti con le basette mozze che stanno lì da ore e ore ad aspettare Craxi (che non c'è). I fotografi sbracati sulle macchine. Nello sguardo del responsabile della «piazza», l'ormai ubiquo maresciallo Sapone, s'intuiscono pantofole e scodelle fumanti. E' quasi l'ora di cena, e la gazzarra, la cagnara, la baraonda si trasfigurano nella quiete un po' pigra della routine. Se solo sapessero, quelli che stanno sotto l'orrido palazzone del psi, cosa offre il maggio romano, appena girato l'angolo, il cielo e i colori di Trinità dei Monti... Macché. I pugliesi sono entrati da poco, dovrebbero averli messi dove già sono stati posteggiati i siciliani e i napoletani, in una stanza al quinto piano, con Mattina. Prima però hanno fatto una rumorosa irruzione al quarto, dove c'erano i giornalisti. Cartelli e strilli, un po' a freddo. La mancanza di vero pathos e di un minimo di decoro conferma decisamente la netta inversione del costume socialista verso forme e atmosfere che sembrano ispirate dal modello psdi. E tuttavia, dato che al peggio non c'è mai limite, adesso che il palazzone fascista dell'Inps ha inghiottito i socialisti cosiddetti di base che in fondo una qualche ragione di stare qui ce l'avevano, la scena, sotto, è ancora più miserabile e insensata, una decina di poliziotti e una decina di ragazzetti che non si capisce bene chi sono, però vengono ormai tutti i giorni, urlano «laaaadri!» e tirano le monetine, e in mezzo scorre l'ultimissimo «struscio», qualche turista tedesco che non capisce, e poi anche se capisse... Con il risultato, figurarsi, che quelli del negozio della lingerie si sentono ormai le vere vittime della crisi socialista, con questo marciapiedi presidiato, minacciosi giubbotti sullo sfondo di pizzi e mutande ricamatissime, e adesso esce l'onorevole Lagorio, ma nessuno se lo fila, esce Pio Marconi, silenzio. C'è un'aria stracca, ormai, una sosta inerziale, artificiosa. E magari, quando è mattina e questa folla è più densa e corroborata, tornano utili le ridicole porte blindate, in portineria. Un tempo si entrava e si usciva con la massima facilità, la sede fu addirittura occupata nel 1977 (salvataggio di Rumor all'Inquirente) dagli «indiani metropolitani» del psi guidati dal pretore Amendola. Poi ci fu un altro parapiglia quando la dirigenza craxiana dovette (dovette?) licenziare un bel po' di funzionari e come il massimo della vergogna l'opposizione interna indicava Acquaviva come colui che aveva chiamato la Polizia. Adesso gli agenti a qualcosa servono. Via del Corso, dove nel 1968 si precipitarono gli studenti socialisti che si erano scontrati con la Polizia a valle Giulia, polizia di un governo con il psi (e infatti c'è un «No al centrosinistra» ancora leggibile sul muro) è diventata una specie di ritrovo per la tarda contestazione dei primi anni Novanta. Ogni tanto arrivano questi «visitors» strepitanti mischiati ai delusi dallo shopping. Gli impiegati del psi, stratificazioni politico-geologiche, se li guardano rassegnati dalle finestre. Cominciano ad abituarsi. Anche se non capiscono bene, anche loro, quanto durerà questo antisocialismo militante che con un'inconsapevolezza e una costanza degne di miglior causa guida un numero esiguo di giovani ad aspettare un Craxi - «ermaialel» lo invocava ieri, prima del tramonto, uno dei cuoricini - che da via del Corso ha traslocato due settimane fa. Filippo Ceccarelli

Persone citate: Acquaviva, Amendola, Craxi, Lagorio, Pio Marconi, Rumor, Sapone

Luoghi citati: Trinità