Italia dell'opera va in scena il disastro

polemica. Il New York Times accusa i nostri teatri polemica. Il New York Times accusa i nostri teatri Italia dell'opera va in scena il disastro I L Trovatore all'Opera di Roma con bravi cantanti che però si muovono come zombi in un allestimento stanco e vecchio, travolti da una direzione d'orchestra avventurosa. Faust di Gounod al San Carlo di Napoli in una produzione abbastanza gradevole ma intristita da cantanti assolutamente indifferenti a quanto sta capitando in scena. Pagliacci alla Scala di Milano con una polverosa regia di Zeffirelli che risale a dodici anni fa. Una Turandot decente al Carlo Felice di Genova (che i genovesi chiamano Carlo infelice) con solidi cantanti di second'ordine. E poi corruzione, sprechi, disorganizzazione dappertutto. Non si salva nulla, è tutta da buttare la lirica in Italia. Almeno secondo John Rockwell, giornalista del New York Times che dopo un giro di una decina di giorni fra i nostri teatri d'opera, dopo avere assistito a molti spettacoli e avere parlato con direttori artistici e sovrintendenti ha disegnato sul suo giornale di ieri un profilo disastroso di quella che un tempo era una della massime glorie patrie. «Standard operistici in declino», è la sentenza del giornalista che cita un parere autorevole, quello di Luciano Berio, che in una recente intervista alla radio ha dichiarato: «Nei teatri la corruzione politica è totale e gli amministratori sono dei cretini. A parte pochi teatri, come Firenze, Bologna, e naturalmente la Scala - secondo Berio non c'è nulla che funzioni. I teatri sono troppi, almeno una metà dovrebbero essere chiusi». Forte di questa dichiarazione Rockwell si lancia in una analisi dei ben noti problemi strutturali dei nostri enti lirici. Parte dalla caduta dei finanziamenti ministeriali erosi dalla recessione e con capacità ridotte sul mercato internazionale a causa dell'inflazione. Un fenomeno che tradotto in pratica, in questa stagione, ha voluto dire spettacoli annullati, riununcia a nuove costose produzioni, contratti cancellati con artisti stranieri che pretendono di essere pagati in monete forti. Tutte le vicende che hanno funestato recentemente la vita degli enti lirici sono raccontate con dovizia di particolari. Si ricorda il tentativo dei sindacati autonomi di delegittimare il sovrintendente della Scala, Carlo Fontana. Si descrive lo scontro, con dimissioni, fra il direttore artistico della Fenice Mario Messinis e il sovrintendente so¬ cialista Pontel, «che ha imposto un programma artistico populista». E proprio il populismo della nostra urica è oggetto di particolari attacchi: «Questa enfasi su un repertorio decrepito, messo in scena in stadi e arene e teletrasmesso alle masse non è monopolio esclusivo dei socialisti. L'amministratore più disprezzato dai professionisti della lirica è Gian Paolo Cresci a Roma, è un democristiano ed ha gonfiato il deficit del teatro di 26 milioni di dollari quasi esclusivamente per materiale tecnico, tappeti per i foyer e uniformi per gli uscieri». Ma Giancarlo Menotti, chiamato da Cresci come direttore artistico, lo difende: «E' vero, è megalomane, lo sono anche io, ma ha ridato all'Opera di Roma fama nel mondo». Tuttavia la maggior parte dei professionisti della lirica intervistati sostengono che dalla impasse attuale i teatri d'opera possono uscire con nuove leggi, soprattutto ora che il referendum del 18 aprile ha abolito il ministero del Turismo e dello spettacolo. Cesare Mazzonis, direttore artistico al Comunale di Firenze, ha dichiarato: «Oggi dobbiamo camminare costantemente sull'orlo della legalità se vogliamo realizzare qualche cosa che abbia senso». Lorenzo Ferrerò, direttore artistico a Verona, ha detto: «I lavoratori del teatro sono pagati troppo bene e lavorano troppo poco. Questa è la ragione per cui i teatri costano tanto e producono così poco. Se si va avanti per questa strada i teatri saranno in grado solamente di pagare i salari e non di mettere in scena opere». Sergio Trombetta Valanga di critiche: brutti spettacoli corruzione ovunque il sovrintendente della Scala Carlo Fontana, attaccato dal sindacati La Scala. Secondo Berio è l'unico teatro che si salva, insieme al Comunale di Firenze e Bologna. Sotto, Gian Paolo Cresci HenriPhilippeOmer Pétain: da domani in Francia il film dedicato alla sua Figura