Il giallo del boia scomparso di G. B.

Il giallo del boia scomparso Il giallo del boia scomparso Morì di cancro nel 59 a Asunción ma la salma non si troverà mai PASUNCIÓN ER il governo tedesco e per il «cacciatore di nazisti» Simon Wiesenthal si Inora non c'erano dubbi: Martin Bormann, il braccio destro di Hitler e uno degli ideatori della «soluzione finale» (fu lui nel 1942 a firmare i decreti che davano alla Gestapo pieni poteri per la caccia agli ebrei), si era ucciso nel bunker della Cancelleria il 2 maggio 1945, poco prima dell'assalto finale delle truppe sovietiche contro Berlino. L'identificazione del cadavere, in realtà, non fu mai effettuata con precisione, tanto che il gerarca nazista venne processato a Norimberga come latitante e condannato a morte. Quasi cinquant'anni dopo, la verità sembra essere finalmente emersa tra le migliaia di fascicoli contenuti negli archivi della sezione «Tecnica» del ministero dell'Interno paraguayano. Bormann - si legge in un rapporto confidenziale dell'agosto 1961 - morì a Asunción, di cancro allo stomaco, il 15 febbraio 1959. Il criminale di guerra nazista era entrato in Paraguay tre anni prima, proveniente probabilmente dall'Argentina, e da allora aveva vissuto per la maggior parte del tempo in una fattoria nella colonia agricola di Hohenau, fondata da immigrati tedeschi a 350 chilometri dalla capitale. Quando cominciò a star male, Bormann si trasferì a Asunción, in casa del console generale paraguayano in Germania Werner Jung. Per aiutarlo arrivò - dall'Argentina o da qualche zona interna del Paese - Josef Mengele, il famigerato «angelo della morte di Auschwitz», che con i suoi folli esperimenti medici si era reso colpevole dello sterminio di almeno 400 mila prigionieri nel più famigerato fra i campi di sterminio nazisti. Ma le cure di Mengele e di alcuni specialisti locali furono inutili. Il corpo di Bormann venne seppellito la notte del 17 febbraio 1959 in una tomba senza nome nel cimitero di Ita, cittadina 30 chilometri a Sud di Asunción. Una cerimonia senza onori. All'ùnprovvisato funerale parteciparono, oltre al becchino e all'autista del camion che aveva trasportato la salma, soltanto il console Jung e il capo del partito nazista paraguayano Alejandro Von Eckstein, un lituano fuggito giovanissimo dal suo Paese dopo la rivoluzione russa, che durante la dittatura di Stroessner era diventato colon nello dell'esercito. Il rapporto con i dettagli sulla fine di Bormann venne inviato al direttore della «Tecnica», Anto nio Campos Alum, dal capo della Divisione Affari Esteri del mini stero dell'Interno, Pedro Proko pchuk: questi era un polacco di 60 anni con buoni contatti negli ambienti dell'estrema destra, e assicurava di aver ricevuto molte delle informazioni dal generale Gehlen, a suo due capo dei servizi segreti della Germania federale. Ma più d'uno, in Paraguay, aveva interesse a mettere a tacere tutta la storia. Neppure un mese dopo, Prokopchuk venne ucciso con un colpo di pistola alla nuca in un cinema della capitale. Il delitto, come venne appurato in seguito, fu opera di agenti del dipartimento di Investigazioni della polizia, diretto a quel tempo da Erasmo Candia, un noto neonazista personalmente legato al generale Stroessner. Il dittatore paraguayano, figlio di un birraio bavarese, non aveva mai nascosto la propria ammirazione per Hitler, e sin dal 1954 offrì la protezione del suo governo a criminali di guerra, mercenari e terroristi neri di mezzo mondo, soprattutto se avessero qualcosa da offrire: le proprie «abilità professionali» di torturatori e esperti anti-guerriglia o, più semplicemente, abbastanza soldi per comperare un certificato di naturalizzazione (una tradizione che, in qualche modo, sembra continuare ancora oggi: sino a qualche tempo fa era possibile ottenere un passaporto diplomatico emesso a Asunción per 100 mila dollari, e risiedono tuttora in Paraguay i neofascisti italiani Elio Managrande e Clemente Graziani, implicati nelle indagini per la strage di Bologna). Oltre a Bormann, almeno un altro importante gerarca nazista è vissuto e morto nel tranquillo esilio offerto dal piccolo Paese latinoamericano: Eduard Roschmann, il «macellaio di Riga», responsabile dell'uccisione di almeno 30 mila ebrei, deceduto per cause naturali il 10 agosto 1977. Quanto a Mengele, 1'«angelo della morte» rimase per alcuni anni a Asunción, dove esercitò la professione medica col nome di Fritz Fischer, prima di trasferirsi in Brasile, dove sarebbe affogato sul litorale di San Paolo agli inizi di febbraio del 1979; sei anni dopo il corpo venne identificato con un test del Dna. I resti di Bormann, invece, potrebbero non essere riconosciuti mai. Il giudice responsabile non ha ancora disposto l'esumazione - se ne parlerà solo dopo le elezioni presidenziali di maggio - ma a Ita alcuni testimoni assicurano che la salma venne ritirata nel 1968 da alcuni uomini presentatisi al becchino del cimitero come giornalisti. Secondo il quotidiano Abc, erano invece probabilmente agenti del Mossad, il servizio segreto israeliano, che cercavano di scoprire la verità sulla fine del più fidato collaboratore di Hitler. [g. b.]