«Paolo Rossi ha plagiato se stesso» di Luca Ubaldeschi

Avrebbe in parte copiato un suo libro già pubblicato nell'89 da altro editore Avrebbe in parte copiato un suo libro già pubblicato nell'89 da altro editore «Paolo Rossi ha plagiato se stesso» Ordinato il ritiro di «Sifa presto a dire pirla» MILANO. Si fa presto a ridire pirla. Si prende un testo uscito «clandestinamente» 4 anni fa, ci si aggiungono 9 capitoli, si va in televisione, si conquista (meritata) popolarità ed ecco servito un best-seller da oltre 200 mila copie. L'autore dell'auto plagio? Paolo Rossi. Almeno secondo il giudice di Milano che ha ordinato il sequestro del suo vendutissimo e, si copre ora, copiatissimo «Si fa presto a dire pirla». Attenuante (ma non concessa) Paolo Rossi ha riprodotto se stesso. Ma ha moltiplicato per duecento il successo. Se qualcuno mai dubitava del motto: repetita iuvant. Dietro la sentenza ci sono le accuse di una piccola casa editrice di Roma, la «Gremese», che ora assapora il piacere della vendetta nei confronti di un concorrente ben più famoso, la «Baiami & Castoldi». Una soddisfazione che le parole di Gianni Gremese non si preoccupano di mascherare: «Siamo molto contenti che la magistratura di Milano abbia sollecitamente riconosciuto i nostri diritti, libera da condizionamenti e da sudditanze psicologiche, nonostante l'arroganza del grande gruppo editoriale avversario». Arroganza? «Sì, certo, arroganza. E anche premeditazione». La storia secondo la ricostruzione di Gianni Gremese comincia nel 1989, quando Paolo Rossi non è ancora uno dei comici italiani più noti. Quando deve ancora imporsi nei panni del brillante mattatore del programma «Su la testa» di Rai 3. Quando la sua carriera è sì ricca di performance nei teatri, ma i più lo ricordano per il ruolo da yuppie snob nel film «Via Montenapoleone». Nel 1989 Paolo Rossi è insomma un attore di talento, promettente certo, ma non una stella di prima grandezza. E' forse anche per questo che il libro «Monologhi» pubblicato da «Gremese editore» è tutt'altro che un best-seller e negli scaffali delle librerie restano metà delle 2000 copie stampate. Poi per l'attore arriva la svolta professionale, culminata nel successo di «Su la testa»: la comicità amara e pungente di Rossi conquista il pubblico, la critica celebra la consacrazione di un personaggio e uno stile nuovi. E mentre gli applausi arrivano scroscianti, in libreria debutta «Si fa presto a dire pirla» edito dalla «Baldini & Castoldi». E' un successo annunciato: 200 mila copie vendute e la prospettiva di raggiungere quota 300. Ma dal coro di consensi si stacca la voce di Gianni Gremese. No, questa volta l'editore romano non riesce a ridere delle battute di Paolo Rossi. Sfoglia il libro, e ad ogni pagina che archivia vede aumentare la sua rabbia. Perché ritrova qualcosa di già letto, già apprezzato, già pubblicato. Gremese non ha dubbi: quella della «Baldini & Castoldi», più che un invidiabile colpo editoriale, è una spudorata operazione di plagio. «Si fa presto a dire pirla», insomma, non sarebbe altro che una versione - certo ampliata e arricchita - dei «Monologhi» del 1989. Ecco quindi il ricorso alla magistratura, ecco le dure accuse di Gremese alla «Baldini & Castoldi» più che al vecchio pupillo: «Hanno mortificato un piccolo editore che voleva diventare grande - dice -. Si vede chiaramente la premeditazione e l'arroganza del grande gruppo. Hanno sfruttato la trasmissione televisiva per un lancio in grande stile e hanno convinto Paolo Rossi che l'operazione era lecita». Prima dell'intervento del giudice, c'era anche stato un tentativo per risolvere la questione «amichevolmente». «Ho chiesto una transazione alla "Baldini & Castoldi" - spiega Gremese - e loro mi hanno offerto 4 lire, quando incasseranno almeno 5 miliardi». Intanto, l'editore romano si consola con la sentenza del giudice che ha deciso il ritiro di «Si fa presto a dire pirla». Lui aveva sostenuto che 11 dei 23 capitoli erano gli stessi dei «Monologhi». Il magistrato è andato oltre, ne ha riconosciuti 14 su 23,70 pagine su 120. La prima replica della «Baldini & Castoldi» arriva per voce dell'amministratore delegato, Alessandro Dalai. Poche parole, dalle quali si ha la conferma che la vicenda è tutt'altro che conclusa: «Mi sembra una cosa assurda. Non ho letto le carte e non conosco l'ordinanza. Devo ancora prendere visione dei documenti, dopodiché valuterò che cosa dire e che cosa fare». Gremese è avvisato: si fa presto a dire plagio. Luca Ubaldeschi Il provvedimento emesso da un giudice di Milano Secca la replica da parte della Baldini & Castoldi «E' una cosa assurda» Paolo Rossi è al centro di una guerra editoriale

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