OLMI Un set per Dio

OLMI Un setperDio La Genesi in un'ora e mezzo: quest'estate le riprese, il regista racconta la sua sfida «Il mio Creatore non avrà barba né camicia da notte il suo vero volto è la magnificenza dell'universo» ~yi ROMA I L nostro regista più imI merso nella religiosità, I più cristiano, affronta S quella che per un credente è la massima sfida: mostrare il volto di Dio, immaginare il Creatore. Nell'impresa italo-tedesco-americana promossa dalla società cinematografica Lux guidata da Ettore Bernabei, che con il concorso di Raiuno in venti film intende illustrare ancora una volta la Bibbia, a Ermanno Olmi è toccata la parte difficile, la Genesi: al titolo La creazione il regista preferisce infatti il titolo Genesi, 1-9. I numeri sono quelli dei versetti biblici che raccontano la nascita del mondo e dell'uomo, l'origine del peccato e della sofferenza: in principio il mondo vuoto e deserto, le tenebre che coprivano gli abissi e il vento impetuoso che soffiava sulle acque, poi la separazione della luce dal buio, della terra dal mare e dal cielo, la creazione dell'universo vegetale e animale, dell'uomo e della donna; l'Eden, la tentazione del serpente, l'albero della conoscenza, la cacciata dal Paradiso; ed il fratricidio di Caino, la sua discendenza, la corruzióne degli uomini, la punizione del diluvio universale, l'Arca di Noè, la fine del diluvio. E' questa la materia che Olmi condenserà in un'ora e mezzo, un'ora e quaranta: il film, il cui inizio di lavorazione è previsto per il prossimo luglio, sarà girato come gli altri della serie a Ouarzazate nel Sud del Marocco. Dicono che la società produttrice della Bibbia sia almeno in parte finanziata dall'Opus Dei. Lei ha simpatia per questa organizzazione? «Non la conosco. Io ho un rapporto personale con Ettore Bernabei. E' stato lui a chiedermi di girare la Genesi. Subito, mi sono impaurito. Poi mi ha attratto l'idea di riflettere sull'origine, sulla creazione». Il suo prologo alla Bibbia... «Prologo? Prima della Storia, nella Genesi è contenuta tutta quella storia dell'umanità che poi continuerà a ripetersi per sempre: l'atto d'amore della creazione, la tentazione del peccato, la disubbidienza a Dio, l'omicidio, la corruzione. E il castigo di Dio: prima la perdita del Paradiso, poi la condanna a sopravvivere nel rimorso inflitta a Caino assassino del fratello, poi il diluvio che cancella il mondo colpevole». Come sarà, nel suo film, il volto di Dio? «Certo non si vedrà Dio in camicia da notte, con la barba lunga e il triangolo, che giocando con la terra e le formine sagoma l'uomo e poi gli dà vita con l'alito. Credo che quando Cristo raccomandava di non rappresentare il volto di Dio volesse dire che quel volto è nella magnificenza del creato». Allora? «Non lo so. Sono ancora come cieco, e contento della mia cecità. Penso di trovare l'aspetto di Dio nelle tracce intatte della creazione. Se oggi guardo un bambino appena nato, capisco ciò che è davvero un uomo: forse, se per rappresentare l'uomo nell'attimo della sua creazione, lo mostrerò come un neonato, sarà la sua rappresentazione più giusta, più alta». Cosa l'ha indotta ad affrontare una simile sfida? «Ci ho pensato molto. La Bibbia, come La leggenda del santo bevitore di Roth o II segreto del bosco vecchio di Buzzati da cui ho tratto altri miei film, è un'opera compiuta di cui approfitto per elaborare un'altra opera. Ma la Bibbia in particolare, opera assoluta nella storia del pensiero umano, non nasce da un autore singolo, nasce da un coro di voci: come accade nell'opera di Omero o di Shakespeare, riflette una storia, una cultura, cose già udite prima. Il redattore biblico raccoglie ciò che per tradizione orale era stato trasmesso da popoli a popoli, da generazioni a generazioni: come se mi unissi al coro dei profeti, io sarò (non lo dico per rendermi importante) un loro continuatore. E lo sarò con il linguaggio moderno delle immagini. Mi spaventa l'idea di dovermi assumere la responsabilità del profeta: ma perché non dovrei farlo? Racconterò l'irraccontabile con le mie umilissime parole, ma sento il bisogno di raccontarlo». Lei è un conoscitore, un cultore della Bibbia? «Sono un lettore e rilettore della Bibbia e delle Scritture: in questa mia vita di modesto intellettuale, mi sembra la roba più seria che sia mai stata scritta. Più vado avanti con gli anni, più mi sento coinvolto da questa lettura. Il mio film Lungo il fiume è una lettura del Vangelo di Giovanni fatta attraverso gli elementi della creazione, l'acqua, gli animali, la vegetazione, gli uomini, è una specie di Messa celebrata secondo una ritualità diversa, quella delle stagioni. Il mio film II segreto del bosco vecchio, di cui sto ora facendo il doppiaggio, è un po' la storia del Creatore che consegna il mondo agli uomini dicendo "vediamo come lo userete, se applicando un concetto di sfruttamento e di morte oppure secondo una convivenza armoniosa". Insieme con Genesi, 1-9, questi film compongono un trittico coerente». Non le sembra che l'attenzione vada ora alle religioni orientali, piuttosto che alla Bibbia? «L'interesse, l'attenzione si indirizza oggi verso tutte le religioni. Ma la religione nostra è stata mal frequentata, non ha dato risposte. Le religioni orientali sono quelle meno antropocentriche, più legate alla presenza della divinità in tutte le cose viventi: e i giovani sentono molto questi valori». «Genesi, 1-9» verrà a trovarsi in strana concorrenza con «Little Buddha» di Bernardo Bertolucci. «E' una coincidenza. Non mi dispiace. Stimo molto Bernardo Bertolucci, ed è già capitato che ci trovassimo a certi appuntamenti: lui ha amato il mio Un certo giorno e io ho amato il suo Conformista, lui ha fatto Novecento e io L'albero degli zoccoli...». Le piacevano i vecchi film religiosi girati dagli americani? «Da ragazzino ne ho sempre avvertito l'aspetto spettacolare: il lato religioso mi sembrava appena un pretesto per l'avventura. Quando vedevo rappresentato Gesù, ho sentito sempre un'insufficienza, una inadeguatezza, il trucco della rappresentazione. Anche nell'iconografia cattolica, nei santini come nella grande pittura: c'era il Sacro Cuore-Gesù, c'era Dio Padre con la barba da patriarca sempre affacciato a una nuvola, ma io per loro non ho mai provato amore. Non puoi amare un concetto: l'amore nasce da un rapporto diretto. Per me, il volto di Dio è il Fiume, più che ogni immagine pittorica o cinematografica. Ma la Bibbia di John Huston la vidi con grande rispetto: ho ammirato come riuscì a evocare Sodoma e Gomorra; e il gesto struggente di Abramo che, legando il figlio come un agnello per il sacrificio letale, lo abbraccia, stretto, era più di un colpo di regìa, era la dimostrazione di come un artista possa essere più forte di ogni condizionamento commerciale o spettacolare». L'iconografia della Genesi è notissima: la creazione dell'uomo, l'Eden, l'arca di Noè, il diluvio sono stati mille volte rappresentati, pare di conoscerli benissimo. Adamo, Eva, il serpente tentatore, sono stati persino protagonisti di scenette comiche in film, show televisivi o riviste. Come farà ad andare oltre? «Se lo fai vedere in quadretti naturalistici, aneddotici, tutto questo diventa inaccettabile. Io voglio raccontare visivamente, con una vibrazione poetica, non l'iconografia data, ma quella creata dalla nostra immaginazione. E' un'impresa vertiginosa, lo so. Mi metto in cammino come un cieco che cominci a percorrere il deserto. Ma mi sento più felice affrontando la sfida della protostoria che contiene tutte le storie dell'umanità, piuttosto che un film meno essenziale. E' rischioso, va bene, ma è giusto che a rischiare siano gli anziani anziché i giovani: un sessantenne ha il dovere d'essere impavido, anticonformista». Lietta Tornabuoni «I Gesù del cinema mi hanno deluso ho amato soltanto la Bibbia di Huston» Qui accanto, una scena dalla «Bibbia» di John Huston A fianco, Ermanno Olmi sul set; sopra, Bertolucci: anche lui affronta la spiritualità con «Little Buddha». «Lo stimo molto. E' già capitato che ci trovassimo a certi appuntamenti» OLMI Un setperDio

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