B.B. divorzia da Saint-Tropez

Lettera aperta della diva: requiem per lo splendore perduto e accuse allo sfruttamento turistico Lettera aperta della diva: requiem per lo splendore perduto e accuse allo sfruttamento turistico B.B. divorzia da Saint-Tropez «Il mio paradiso oggi è un inferno» HO conosciuto questo adorabile porticciolo che era ancora un posto autentico, nel 1948, quando i miei genitori ci facevano scoprire la favolosa Costa Azzurra. Allora, io avevo 14 anni. Conservo un ricordo particolare e indimenticabile, come si può ricordare quando si è molto giovani, e quando sul filo del tempo gli odori, le immagini e i suoni cominciano a sfumare. Ci sono tornata nel 1950, perché i miei genitori avevano affittato sulla spiaggia des Salins una piccola casa in mezzo ai pini e ai canti delle cicale, prima di comprare «La Miséricorde», che doveva diventare il mio ricordo di adolescenza più dolce. Ero già fidanzata con Roger Vadim, e noi percorrevamo a piedi nudi le stradine scaldate dal sole, incrociavamo gli anziani che passeggiavano a piccoli passi; scoprivamo il fascino del porto con i suoi odori, le sue penombre, i suoi bistrot così tipici e così caldi, Felix de l'Escale, Marie de Tahiti, Le Gorille, Georges Barri l'antiquario, l'hotel de l'Aioli, unico per il suo splendore, Francois e Roger de l'Esquinade, e c'era tutta una gioia di vivere particolare, di libertà, di semplicità. Nel 1956, io giravo il film che avrebbe legato per sempre il mio nome a quello di SaintTropez: "E Dio creò la donna". Io m'integravo a questo paese come mai, sposavo i suoi costumi, le sue origini, la sua rudezza o la sua dolcezza, i capricci del tempo e del mare che, proprio come i miei, sono imprevedibili! Vestendomi in stile provenzale da Vachon, abitavo dove mi spingeva il vento, una sera all'Auberge des Maures, o Chez Tony a Camarat o addirittura in una baracca senza acqua e luce. Poi, scendevo alla Miséricorde, questa meravigliosa casa rosa avvolta dall'edera dove noi passavamo il nostro tempo a fare i diavoletti come diceva mia mamma, salendo e scendendo dalla piccola scala che portava alla camera o alla terrazza sul tetto. Di là, io vedevo la Cittadella, il mare, il campanile che suonava le ore o le mezze ore, annunciando a seconda del suono i matrimoni, i funerali, o le messe! La sera i rondoni non smettevano più di garrire in una girandola infinita sui tetti rosa, mentre il sole tramontava e dava al villaggio questa dolce luce impalpabile, così particolare nei paesaggi mediterranei. Una domenica del 1958, comprai La Madrague, questa vecchia casa di pescatori isolata, selvaggia, sulla riva del mare, esposta alle intemperie del maestrale, rude nel suo essere poco confortevole ma così forte in quella posizione proterva: mi assomigliava, avevo 23 anni. Mi ci è voluto un bel po' di coraggio per esserle fedele per 35 anni! Da allora, ho visto, poco alla volta, il mio paradiso diventare un inferno. Non soltanto il turismo devastante e sconvolgente s'è insinuato come un cancro inguaribile nel mio stu¬ pendo piccolo porto, distruggendo e violentando tutto nel suo passaggio, ma questa invasione s'è estesa fino alla mia isola di pace, invadendo persino il mio territorio, arrivando fino alla mia camera. Ho dovuto difendermi costruendo delle mura che ho fatto tirare su dopo una lunga controversia con il Demanio. Era il 1965. Dopo, La Madrague e io abbiamo fatto parlare di noi dappertutto nel mondo. Io cercavo la pace e non trovavo che il caos. Ho conosciuto, dopo 35 anni, il regno dei tanti sindaci. Qualcuno come Fabre, Lescudier, Atézan o Blua, anche se sono stati sconfitti dagli avvenimenti, hanno cercato di conservare, con più o meno capacità, l'integrità e la personalità di Saint-Tropez, senza mai sfigurarla. Altri sindaci, più recenti, gli hanno dato la stoccata. Chi riconosceva in questo villaggio sventrato, mutilato, sfondato, rovinato, che porta le sue cicatrici profonde e non ha il tempo di curare le sue piaghe purulente senza che altre ferite ancora più profonde non la sfigurino, chi mai poteva riconoscere in questo villaggio la Saint- Tropez che fece la sua gloria? Gli abitanti di Saint-Tropez sono stati poco alla volta rimpiazzati da "stranieri" che giungevano da tutte le parti e che hanno suggellato in maniera definitiva cancellandolo il fascino pittoresco del villaggio. Nella città, sono spariti gli odori di un tempo, delle cose genuine. Tutto sfuma, davanti all'invasione della nouvelle cuisine, senza odori, senza sapori, per non parlare dei prezzi! I rumori insostenibili dei motori alla moda - delle macchine o degli aerei o dei motoscafi - hanno cancellato il suono dei campanili, degli uccelli e delle onde. Anche le cicale sono state uccise. I camion, i trattori, i bulldozer e le betoniere di tutti i tipi ostruiscono le strade, vomitando i loro gas infernali che soffocano quelli che, incastrati dietro per delle ore, pensano con dispiacere che prima o poi finiranno come me per lasciare questa vita cittadina e scappare lontano da questa pestilenza. Saint-Tropez è morta! Non mi resta che augurare con tutto il cuore che un sindaco degno di questa grave responsabilità la faccia rivivere. Brigitte Bardot «Una città morta Hanno ucciso i miei ricordi» 'A 'IH A fianco due immagini di B.B. a Saint-Tropez, sotto la sua villa A Saint-Tropez la crisi municipale è arrivata all'ultimo bivio. Si vota per il nuovo sindaco. E Brigitte Bardot prende parte a questa vicenda con una lettera, amara e accorata, inviata al quotidiano «Nice Matin». Ne pubblichiamo il testo.

Persone citate: Blua, Brigitte Bardot, Fabre, Francois, Georges Barri, Le Gorille, Marie De Tahiti, Roger Vadim