UTO UGHI E BACH di Armando Caruso

UTO UGHI E BACH UTO UGHI E BACH Giovedì 6 in concerto al Conservatorio UTO Ughi è unico. E racchiude in sé tutto ciò che di più affettuoso, intelligente, gradevole si possa pensare di un musicista. Precisione dell'intonazione, virtuosismo al servizio di una approfondita lettura della partitura, cantabilità assoluta, dolcezza del suono, abbandono alla musica, sono le doti caratteristiche che avvincono l'ascoltatore, lo inchiodano a un religioso silenzio, lo rendono «schiavo» di un'atmosfera che a Torino si ricrea con puntualità annuale, almeno nelle stagioni dell'Unione Musicale. Un artista come Ughi si riscolterebbe migliaia di volte: dal vivo, in disco, perché incommensurabile è il fascino che emana sistematicamente dal suo violino. C'è qualcuno disposto a ricordare: «...ma stasera non era l'Uto Ughi che siamo abituati a sentire?». Crediamo proprio di no. All'artista si concede tutto, generalmente. A Uto Ughi si chiede la perfezione; ed egli con quella veemente passione che contraddistingue ogni sua esecuzione, raggiunge sempre vette altissime. Che programma eseguirà in Conservatorio (giovedì 6 maggio, ore 21) questa volta? Johann Sebastian Bach: «il» monumento a cui lo stesso Ughi s'inchina sempre con la massima devozione. Le tre Sonate e le Tre Partite per violino solo: la Sonata n. 1, la n. 2, la n. 3 in mi maggiore. Lo stesso programma cioè che avrebbe Alfredo Ferrerò IL cartellone della Stefano Tempia si arricchisce martedì 4 di un importante appuntamento. C'è alle 21,15, nell'Auditorium Rai, l'Ensemble Instrumental de Grenoble, un complesso che dovrebbe servire da esempio per le nostre istituzioni, essendo finanziato dallo Stato, dalla Regione Rhónes Alpes e dal Comune. L'Ensemble giustifica la sua presenza tenendo oltre cento concerti all'anno in Europa e altrove e richiamando la collaborazione di direttori e solisti illustri. A Torino sarà diretto da Giacomo Medas, che ha attinto per il programma alla concertistica per flauto, data la presenza del solista Alain Daboncourt. Toccherà infatti al flauto tenere viva la prima parte della serata con due pagine di tutto rilievo. Si comincerà con il «Concerto in re maggiore» di Haydn, a lungo attribuito a Leopold Hoffmann, ma riportato poi nel catalogo haydniano grazie - sottolinea Nicola Campogrande nel programma di sala «all'avventurosa "trasgressione" di quelle regole formali che proprio Haydn aveva uidividuato, al mescolare continuamente i frammenti tematici nel caleidoscopio di una forma che, rigida nelle proprie strutture, appare in realtà come piegata alle leggi effervescenti di uno spettacolo infinito». Seguirà il «Concerto in mi minore» di Mercadante, piacevole e brillante. Ecco poi il poco noto Guillaume Lekeu, che nella sua brevissima esistenza (1870-1894) lasciò pagine di rilievo. Sarà eseguito il suo «Adagio», in cui gli archi frammentati preludono alla Scuola di Vienna. Si chiuderà con la «Serenata» che Josef Suk diciottenne scrisse mentre studiava con il futuro suocero Anton Dvorak. [1. o.] dovuto eseguire nel concerto, originariamente previsto il 22 febbraio scorso. Ora Ughi recupera e alla grande, come lui solo sa fare. Il violinista sempre disponibile al colloquio, ha spiegato che «le Sonate e le Partite sono composizioni didattiche, e che il primo ad eseguirle in pubblico è stato il grande Joachin verso la fine dell'800». «A me piace soprattutto l'esecuzione che ne diede Szering, uno dei maggiori interpreti di Bach». Armando Caruso

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