Le bugie delle Nazioni di Sergio Romano

Lingua, fede, storia non bastano Lingua, fede, storia non bastano Le bugie delle Nazioni Questa mattina, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Macerata, sarà conferita la laurea honoris causa in Lettere Moderne all'ambasciatore Sergio Romano, docente di Relazioni internazionali alla Bocconi di Milano, editorialista della Stampa. Pubblichiamo parte del suo discorso sull'Europa dopo il 1989 e il ritorno agli «Stati nazionali» ESISTONO gli Stati nazionali? Sappiamo quando sono nati, abbiamo studiato le loro guerre d'indipendenza, sappiamo quanti uomini e donne siano morti per la loro causa, ne conosciamo i monumenti, le celebrazioni, i riti e la retorica. Sappiamo infine che essi hanno generalmente- una stessa costituzione morale: sono «uni e indivisibili», sono fondati su una comunanza di lingua, di fede e di storia. Ma non appena applichiamo a ciascuno di essi la lente d'ingrandimento della nostra analisi, la realtà ci appare assai più complessa e sfumata. La comunanza di lingua è il risultato di un lento processo che occupa buona parte del secolo scorso. Nel 1873, al momento della costituzione della III Repubblica, la Francia parla provenzale, corso, gaelico e una mezza dozzina di patois. In Italia nel 1861 la percentuale di coloro che parlano italiano oscilla, a seconda degli studiosi, fra l'8 e il 12% di una popolazione che comprende circa 22 milioni di abitanti. In Gran Bretagna, per tutto l'Ottocento, l'irresistibile ascesa dell'inglese come lingua internazionale non impedisce che il gaelico sopravviva tenacemente nel Galles, in Scozia, in Irlanda. Il tedesco, lingua della filosofia, della storiografia, e c!él progresso tecnologico, è^un^galassia linguistica in cui Io liòchdeutsch convive con una mezza dozzina di plattdeutsch, dallo schwitzerdiitsch al tirolese. Paradossalmente è assai più unito linguisticamente uno Stato multinazionale come l'impero zarista dove la vasta maggioranza della popolazione parla russo o ucraino. E' altrettanto difficile definire gli Stati nazionali con il criterio della fede. Con qualche vistosa eccezione - Italia, Spagna, Portogallo - essi sono generalmente attraversati dalla frontiera religiosa della Riforma e dalle molte frontiere che hanno frammentato l'universo protestante. In molti di essi, inoltre, appare nella seconda metà'dell'Ottocento una borghesia ebraica fortemente nazionale si pensi al patriottismo degli ebrei italiani e tedeschi dopo l'unità dei due Stati -, ma certamente anomala rispetto al carattere religioso dominante del Paese in cui vive. Col passare del tempo comunque gli Stati nazionali divengono sempre più laici, pluralisti, tolleranti e sempre meno inclini a fondare la loro identità sul dato religioso. E veniamo al dato che maggiormente dovrebbe caratterizzare gli Stati nazionali: la storia. E' il passato, riscoperto dalla tradizione romantica, il cemento che uni¬ sce gli Stati nazionali, la roccia su cui è costruita la casa comune. Essi sono «uni e indivisibili» proprio perché i loro popoli hanno sempre vissuto su quelle terre, hanno gli stessi antenati, hanno affermato contro tutti la volontà di vivere insieme. Ed è la Storia, naturalmente, il grande registro su cui è possibile verificare il fondamento e la legittimità delle loro affermazioni e aspettative. Ma a un più attento esame dello storico il registro si rivela pieno di cancellazioni, correzioni e glosse tendenziose. La versione canonica della rivoluzione francese non risale al 1789, ma alla grande esposizione parigina del 1889 e alle grandi opere della storiografia «democratica» nella seconda metà del secolo scorso. L'unità italiana non nasce sul campo di battaglia di Legnano, all'assedio di Firenze, o a Barletta in occasione di una «disfida» fra tredici francesi e i tredici «italiani» di Ettore Fieramosca. Nasce nell'Ottocento con le storie di Carlo Botta e i romanzi di Tommaso Grossi e Francesco Domenico Guerrazzi. La nazione ungherese non nasce nel 1001, anno dell'incoronazione di Santo Stefano, ma nel momento in cui l'intelligencija nazionalista innalza un monu mento al «millenario» sulla principale piazza di Buda. E la nazione tedesca non nasce il 9 d. C nella./oresta, di Teutoburg quando Arminio, capo dei Germani Ch'éruse'i; sconfigge le legionr'di Varo. Nasce quando il secondo Reich, pochi anni dopo la sua fon dazione, decide di erigere un mo numento alla sua memoria sui luoghi della battaglia. Insomma quasi tutti i documenti su cui si fonda la legittimità degli Stati nazionali furono scritti o scolpiti fra il 1848 e il 1919. Mentre le vecchie famiglie europee amavano legittimarsi ricercando i loro antenati fra gli eroici combattenti della guerra di Troia o tra i grandi patrizi roma ni, gli Stati nazionali raggiungo no lo stesso scopo ricorrendo al grande registro della Storia. Di fatto tra le ascendenze greche o troiane delle dinastie europee e le ascendenze storiche degli Stati nazionali, la differenza è margi naie. I personaggi storici che fanno la loro apparizione, in marmo o in brónzo, nell'ultima genera zione del secolo XIX - Stefano re d'Ungheria, Mattia Corvino, Arminio, Vercingetorige, Venceslao re di Boemia e Boadicea, britannica regina degli Icemi - sono cer tamente esistiti, ma recitano sulle piazze delle città europee una parte completamente diversa da quella che hanno recitato nel loro tempo. Sergio Romano

Persone citate: Arminio, Buda, Carlo Botta, Ettore Fieramosca, Francesco Domenico Guerrazzi, Lingua, Mattia Corvino, Sergio Romano