Un «filo rosso» lega 5 sequestri di persona

Nuove rivelazioni sui casi Silocchi, Belardinelli, Esteranne Ricca, Farouk Kassam e Perrini Nuove rivelazioni sui casi Silocchi, Belardinelli, Esteranne Ricca, Farouk Kassam e Perrini Un «filo rosso» lega 5 sequestri di persona Terroristi nelle gang dei rapimenti BRINDISI NOSTRO SERVIZIO Il rapitore-filosofo che cita al sequestrato Croce, Geymonat e Nietzsche, Il rapitore-aguzzino che gli stringe le mani al collo quasi a strozzarlo. Il rapitore che parla dei sequestri come legittima lotta al sistema capitalistico. Affiora un misto di banditismo e di terrorismo rosso nelle indagini su cinque rapimenti degli ultimi anni, quelli di Mirella Silocchi, Dante Belardinelli, Esteranne Ricca, il piccolo Farouk Kassam e Marzio Perrini. E' stato Perrini, l'industriale brindisino sequestrato nell'88 al quale i carcerieri tagliarono un orecchio, a ricostruire le drammatiche tappe della sua odissea durata sette mesi e a far scoprire altri retroscena. Oltre a lui ha parlato un pentito: Pietrino Mongile. Partecipò al rapimento Perrini, poi si defilò per dedicarsi a quello di Belardinelli. Ora, al magistrato, il sostituto procuratore della Repubblica Leonardo Leone De Castris ha fatto nomi e svelato particolari facendo affiorare un intreccio fra l'anonima sarda e Autonomia operaia. Risultato: cinque ordinanze di custodia cautelare. Sebastiano Fenu, sardo, residente a Cariati (Cosenza) è stato arrestato. Ferrini sarebbe stato segregato vicino al suo ovile, rinchiuso in una tenda. Le ordinanze sono state notificate in carcere ad Antonio Balloi, 46 anni, detenuto a Roma, e Francesco Porcu, 39- anni, rinchiuso a San Gimignano (Siena) per il sequestro di Esteranne Ricca, la ragazza di Grosseto rapita il 2 gennaio dell'87 e liberata il 26 giugno dell'88. E' in carcere anche Matteo Boe, 36 anni, ora detenuto in Corsica per il sequestro di Farouk Kassam. E' sfuggito invece agli uomini della Criminalpol di Bari e della squadra mobile di Brindisi, che per mesi hanno lavorato al caso, Giovanni Barda, 29 anni, originario di Palermo, considerato dagli investigatori un terrorista di sinistra aderente ad Autonomia operaia. Non se ne ha notizia da quando due anni fa furo- no ritrovate nella sua autorimessa, in via Cristoforo Colombo a Roma, divise di polizia e carabinieri, tute mimetiche e militari, cloroformio. Ma-non c'era soltanto questo: c'era l'opera completa di Nietzsche, un segno che allora poteva significare nulla e ora, alla luce del raccontò di Perrini, ha tutt'altro sapore. Potrebbe essere lui, Barda, il rapitore-filosofo che si intratte¬ neva con il sequestrato scambiando opinioni: «Una persona di buona cultura» lo definisce òggi Perrini. Nel covò romano c'era inoltre un fucile Beretta a canne mozzate, lo stesso - dicono gli inquirenti - puntato alla tempia di Perrini per una foto che sarebbe stata consegnata, nel corso della trattativa, alla sua famiglia. La medesima tecnica usata nel caso di Mirella Si- locchi, mai più tornata a casa. Quel fucile è riconoscibile per le abrasioni sul manico in legno. Due altri personaggi coinvolti sono deceduti; Giovanni Mele, ucciso in Sardegna per una faida tra clan rivali, e Luigi Di Blasi, terrorista rimasto ucciso mentre preparava un'autobomba. Doveva essere la vendetta per l'operazione con la quale la polizia bloccò, uccidendoli sull'auto¬ strada, tre sequestratori di Belardinelli. Un intreccio tra anonima sarda ed Autonomia operaia che finora, agli investigatori di Brindisi, era sfuggita. Si pensava alla- 'ndrangheta o alla sacra corona unita. Marzio Perrini, 69 anni, cinque figli, titolare di un'azienda per la trasformazione di prodotti agricoli a Fasano (Brindisi), venne rapito il 28 dicembre dell'88. Una Lancia Thema guidata da Francesco Porcu lo intercettò. A prelevarlo materialmente fu Matteo Boe, il capo dell'anonima. Perrini fu trasportato in una grotta in Calabria, nei pressi di Cariati e poi trasferito in una tenda poco distante dall'ovile di Fenu. Poteva ascoltare i campanacci ed i versi degli animali. Al racconto di Perrini non è sfuggito nulla: l'accento camuffato dai rapitori per non tradire l'origine, i modi gentili del rapitore buono, probabilmente proprio Sebastiano Fenu, il pastore. I modi rudi del «killer» che un giorno gli strinse le mani al collo quasi fino ad ucciderlo. E poi il filosofo che predicava il sequestro come riscatto della classe operaia. Perrini fu liberato l'I 1 luglio dell'89 a Ginosa dopo il pagamento del riscatto di 2 miliardi. «Nei loro discorsi - racconta adesso riferendosi soprattutto al più colto dei sequestratori - ricorrevano motivi sinistreggianti. Le idee del filosofo trasparivano dalle sue preferenze culturali. Sì, era un uomo di cultura, lo ricordo bene, molto di più del killer che parlava solo di armi e tentò di strangolarmi». L'industriale brindisino è il primo a essere sorpreso dai risvolti dell'inchiesta: «All'inizio si pensava ai calabresi. Ai sardi no. Mi sorprende anche il legame con i 5 sequestri. Come è «ambiata la mia vita? Guardo a quei giorni con distacco. Ora dovrò ripensarci. Mi metteranno a confronto con Fenu». Sandro Tarantino Un pentito racconta i rapporti tra Autonomia operaia e l'anonima sarda Mirella Silocchi (sopra) fu uccisa dai suoi rapitori Qui a destra, Marzio Perrini Nella foto grande il piccolo Farouk Kassam dopo la liberazione Qui accanto Dante Belardinelli appena tornato a casa sotto braccio alla moglie