Lenzuola d'oro libertini si dimette

Lenzuola d'oro, libertini si dimette Lenzuola d'oro, libertini si dimette Il senatore comunista:Mon. c'entro ma.ci vuole chiarezza RIFONDANONE EMANI Bteaitfctón Bici: Attiuth) • ■■ ri ROMA. NCHE i più puri posso\no peccare. Così il fango di Tangentopoli è arrivato fino ad imbrattare Rifondazione comunista. Vere o false che siano le accuse, ieri il ca- Eogruppo al Senato Lucio Liertini si è dimesso. Tutto era cominciato dalle accuse mosse dal pentito rosso Giulio Caporali, ex comunista coinvolto nello scandalo delle lenzuola d'oro delle Ferrovie dello Stato e per questo espulso dal partito. Caporali aveva parlato di una mazzetta da 30 milioni ricevuta dalla Socimi (azienda milanese di bus e treni) e consegnata a Lucio Libertini nella sua qualità, allora, di responsabile del settore trasporti del pei. La cifra di cui si tratterebbe è piccola. Per giunta Caporali ammette che quel genere di cose era quantomai mal visto da Libertini, ma i fatti - secondo lui - sono fatti. Libertini ha reagito duramente all'accusa e ieri, per tutta risposta, ha presentato le sue dimissioni da presiden- te del gruppo senatoriale di Rifondazione. Le dimissioni sono state respinte ma lui le ha reiterate. I compagni hanno dimostrato una strenua solidarietà con il leader dichiarando che, se Libertini persistesse nel ribadire le dimissioni, il suo posto resterebbe vacante. La vicenda è stata vissuta con sdegno da Rifondazione che si è sentita assimilata ad un malcostume dal quale orgogliosamente rifugge. La conferenza stampa al Senato è stata tanto breve quanto aspra. Lucio Libertini era accompagnato dallo Stato maggiore comunista: Arman¬ do Cossutta e Sergio Garavini. «Non ho nessun ricordo di buste o versamenti - ha detto - ma può essere benissimo che nella quantità delle sottoscrizioni che la commissione Trasporti riceveva dalla base Eer le sue attività (riviste, liri, etc.) mi sia stata indicata una busta il cui contenuto ve¬ niva versato alla tesoreria del partito, nascondendomene però l'origine, come d'altra parte asserisce lo stesso Caporali». «Dunque - è la conseguenza che Libertini trae - io sono estraneo a tutto, e potrei cavarmela con una alzata di spalle. Ma noi comunisti sia¬ mo: diversi, ed io sono diverso. Intendo agire con forza per smascherare questa campagna e per costringere tutti a riconoscere la mia limpida onestà». Guai quindi, dice in sostanza Libertini, a mettere Rifondazione nel mucchio maleodorante dei tangentocrati: «Voglio smascherare la menzogna - ha detto - per cui saremmo tutti uguali, e mostrare di che pasta siano fatti i veri comunisti». Però neppure il vecchio leader è tanto ingenuo da non rendersi conto che l'antica purezza non è più quella di un tempo, e si arrende all'evidenza. «E' vero - ammette - che negli ultimi anni, in particolare dopo la morte di Berlinguer, si sono sviluppate tendenze negative, alla omologazione e perfino ad episodi di tangenti, come tutti sanno. Contro questa tendenza che non attribuisco in particolare a nessuno (dunque neppure a Occhetto, ndr) io mi sono battuto e così i compagni di Rifondazione», [r. mas.] ti senatore di Rifondazione comunista Lucio Libertini «Noi comunisti siamo diversi e io sono diverso. Agirò con forza per smascherare la campagna»

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