Borrelli Craxi sottratto alla giustizia

Milano, il procuratore capo promette battaglia e pensa a un ricorso alla Corte Costituzionale Milano, il procuratore capo promette battaglia e pensa a un ricorso alla Corte Costituzionale Borrelli: Craxi sottratto alla giustizia «Il Parlamento ha invaso il campo dell'ordine giudiziario» Manifestazione in piazza Duomo: «Ciampi, libera Rima» MILANO. «Un momento, guardo il telegiornale e poi vi faccio sapere...». Ma nella voce di Francesco Saverio Borrelli c'è già tutto. Stupore. Indignazione. Forse rabbia. Dieci minuti e rieccolo al telefono, da casa chiama la sala stampa del tribunale. Gelido: «La decisione della Camera è sconcertante dice -. Sembra studiata allo scopo di sottrarre il parlamentare a una prospettiva di condanna». In dieci minuti Borrelli ha già meditato la contromossa: «La procura della Repubblica di Milano si riserva di sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale». Procura contro Parlamento. Così parlò Borrelli, alle 20,30 di ieri sera. No che non se l'aspettasse. Proprio mentre a Montecitorio i deputati iniziavano la votazione, era con il procuratore generale Giulio Catellani, conferenza stampa riservata a ventitré giornalisti stranieri. Una frase di Borrelli: «Tra la gente è rinato il desiderio di legalità che fa ben sperare per il futuro». E quest'altra di Catellani, per dire dei meriti e dei successi delle inchieste su malaffare e politica: «Siamo all'inizio di una rivoluzione, non si può più tornare indietro». Un'ora dopo, al contrario, le sensazioni erano proprio quelle: ritorno al passato. Nessun giudice, né Borrelli né altri, nomina Bettino Craxi. Ma tutti hanno capito subito le differenze tra autorizzazione concessa (violazione della legge sul finanziamento pubblico e corruzione a Roma) é autorizzazioni negate (tutte quelle per corruzione e ricettazione a Milano). Come se il no fosse tutto per questi giudici milanesi, «quelli di Tangentopoli». Su quarantuno episodi contestati, l'autorizzazione è stata concessa solo per quindici e negata per ventisei. Così Vincenzo Lo Giudice, l'avvocato di Craxi dal passato marxleninista vede un futuro roseo: le inchieste potrebbero passare tutte, per una questione di competenza, alla magistratura romana. Primo a sapere delle autorizzazioni respinte è stato il pubblico ministero Gherardo Colombo: «Ah!». Ve l'aspettavate? «Non ci aspettiamo mai niente», e se ne va sbattendo la porta di brutto. • Pòi Antonio Di Pietro: «Vabbè, io adesso deve continuare un interrogatorio». Poi Piercamillo Davigo e Gerardo D'Ambrosio. «No comment - fa D'Ambrosio, che ha appena visto un telegiornale -. Non c'è bisogno di commenti a questa decisione del Parlamento...». E infine la dichiarazione ufficiale, a nome di tutti, di Francesco Saverio Borrelli, il Capo: «Come nel caso del senatore Severino Citaristi, si ritiene che il Parlamento abbia invaso la sfera di attribuzione dell'ordine giudiziario». Quelle votate ieri dalla Camera erano le prime richieste di autorizzazione a procedere contro l'ex segretario del partito socialista Bettino Craxi. Ne restano ancora undici, quelle più gravi, come la concussione o la bancarotta fraudolenta del vecchio Banco Ambrosiano! Ma per il Palazzo di Giustizia di Milano quello che conta, e adesso pesa, è il segnale: un voto che boccia le ri- chieste milanesi e segue Craxi nella versione del «fumus persecutionis». Oggi, giusto a un anno dagli avvisi di garanzia per gli ex sindaci di Milano Tognoli e Pillitteri, i giudici si riuniranno nell'ufficio di Borrelli. O per decidere il ricorso alla Corte Costituzionale o per un commento più meditato. Sul ricorso alla Corte Costituzionale si lancia l'avvocato Lo Giudice: «Questo sì che sarebbe la riprova del "fumus persecutionis". Non l'hanno mai fatto per nessuno... E allora mettano la forca in piazza Duomo». Piazza Duomo che ieri sera si è riempita di capannelli. Primi a muoversi quelli della «Rete» a Palazzo di Giustizia già alle 20,30 per una manifestazione di solidarietà con i giudici, con striscioni, cartelli e uno slogan ripetuto su tutti: «Presidente Azeglio Ciampi, libera Totò Riina». In piazza anche i leghisti, guidati da Roberto Ronchi: «Qui c'è la sollevazione, abbiamo i telefoni intasati». Già, i telefoni. I centralinisti dei quotidiani, così come al tribunale, hanno ricevuto telefonate di protesta. E la serata si è chiusa con un commento di Bobo Craxi: «Ho seguito per radio il dibattito alla Camera. Sono molto felice come non lo ero da molto tempo a questa parte - ha detto il figlio dell'ex segretario socialista -. Sono sorpreso per il consenso parlamentare ottenuto da un discorso che ha difeso innanzitutto l'istituzione del Parlamento e ha restituito la dignità a tanti uomini che ingiustamente l'avevano persa». Per oggi piazza Duomo è prenotata. Prima quelli della «Rete», con il candidato sindaco Nando Dalla Chiesa. Poi la Lega, e il senatore Umberto Bossi non vuol mancare. Giovanni Cerniti I magistrati di Mani pulite Sopra, da sinistra Davigo, Colombo, D'Ambrosio e Di Pietro. A fianco II procuratore capo Borrelli

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