Craxi due sì e quattro no di Fabio Martini

■ • Respinto il processo per corruzione chiesto da Milano. Passa l'inchiesta sui soldi al partito ■ * '• Respinto il processo per corruzione chiesto da Milano. Passa l'inchiesta sui soldi al partito Craxi, due sì e quattro no E dopo il voto scontri e insulti ROMA. Bruciano d'ansia quei 570 deputati inchiodati ai loro posti, ma Giorgio Napolitano ha il tono compassato di sempre, dà meticolose raccomandazioni e poi finalmente annuncia: «Dichiaro aperta la votazione...». Passano cinque, sei, dieci secondi e una straordinaria suspence avvolge l'aula silenziosa. Napolitano prolunga l'attesa ancora per un attimo, sfodera a sorpresa un piccolo binocolo, scruta i banchi democristiani e poi riparla: «Bene, avete votato tutti? Dichiaro chiusa la votazione». Finalmente il presidente legge il risultato: «Presenti 565, maggioranza 283, favorevoli 273, contrari 291. La Camera respinge» la prima delle sei richieste di autorizzazione a procedere nei confronti di Bettino Craxi. E' la bomba che pochissimi si aspettavano: Craxi è salvo, almeno per la prima imputazione, quella di corruzione. La sorpresa è talmente grande che per qualche attimo c'è un brusio indistinto che fatica a diventare frastuono. Poi, i primi ad insorgere sono i leghisti: scattano in piedi e urlano a tutta gola: «ladri, ladri!». Il capogruppo Formentini è un ossesso e ritma: «Vergogna, vergogna!». Sono le 19,14 e per quindici minuti nell'aula di Montecitorio accade l'inimmaginabile: nelle altre cinque votazioni per altrettante autorizzazioni, Craxi la scampa per altre tre volte e sull'onda di quel voto l'aula diventa bollente. Leoluca Orlando urla: «Bravi!» e applaude in segno di scherno. Mauro Raffaelli, un socialista trentino che ha fama di uomo mite, si lancia sui deputati della Rete, che rilanciano: «Ladri!». I commessi - con un'originalissima disposizione - allontanano i giornalisti dalla tribuna. E in Transatlantico è tutta una scarmuccia di battute, veleni, messe in scena. Bossi si scaglia contro i de: «Sono i soliti porci!». Il de D'Onofrio azzarda: «C'è un voto massiccio a favore di Craxi del Fronte del No, i partiti che vogliono le elezioni» e il segretario missino Fini gli risponde: «Sei un mascalzone!». I partiti di opposizione si rimpallano l'accusa di aver aiutato sotto banco Craxi. La Lega: «E' stato il pds!». I pidiessini: «E' stata la Lega!» e il tutto culmina alle otto della sera, quando davanti alla porta di Montecitorio Umberto Bossi si fa intervistare dalla tv e alle sue spalle, come d'incanto, escono fuori tre bandiere della Lega, sostenute da un manipolo di onorevoli del Carroccio. E tutti insieme gridano: «Elezioni, elezioni!». E la Rete annuncia «D'ora in poi non parteciperemo più ai lavori della Camera». La seduta di Montecitorio che ha dato uno schiaffo a Di Pietro, la seduta che potrebbe costare cara all'undicesima legislatura si era aperta in tutt'altro clima. La Camera era chiamata ieri ad esprimersi sulla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Craxi per i reati di concorso in corruzione continuata, ricettazione e violazione del finanziamento pubblico dei partiti e in più il pool di «mani pulite» chiedeva di poter effettuare perquisizioni nei confronti dell'ex leader socialista. Per Craxi, niente altro che la prima tranche di una lunga serie di richieste di autorizzazione, ma la partita di ieri era la più delicata: persa quella, perse tutte. Tanto più delicata se si pensa che fino a ieri Camera e Senato avevano spalancato le porte a tutte le richieste dei magistrati e ne avevano fatto le spese gente come De Michelis, Di Donato, De Lorenzo, Citaristi. Ma Bettino Craxi era il primo leader, il primo vero potente degli Anni 80 a passare attraverso le forche caudine del voto dell'aula. Gessato blu e cravatta rosso bordeaux, Craxi arriva a Montecitorio alle 10 del mattino e nessuno se lo fila. Anche i suoi compagni di partito, gli passano accanto e fanno finta di non vederlo. L'unico che si cura di lui è il vecchio amico Nicola Capria e insieme si siedono su un divano a parlare. Sono le 10,40 quando, finalmente, c'è qualcuno che si ferma a salutare Craxi: sono Pino Rauti, sempre più ingobbito e Pino Caradonna, che cammina con una stampella. Una stretta di mano da quella strana coppia e finalmente alle 10,45 Craxi entra nell'aula che lo ha visto tante volte protagonista. Anche in aula le arringhe dell'«accusa» (del verde Paissan) e quella della mezza difesa (del de Pinza) scorrono nella distrazione generale: è la giornata del nuovo governo, gli onorevoli leggono il giornale, commentano, fanno pettegolezzi, ma a Bettino pensano in pochi. E lui, Craxi, solo nel suo scranno, si alza, fuma, è un po' in ansia, ma non dà segni di nervosismo plateale. All'ora di pranzo, se ne va al Raphael. Lo accompagna Rosa Filippini. Tra i socialisti che restano nel Palazzo non ci sono molte speranze. Avete preparato il voto, avete fatto un po' di «lavorìo»? «Oramai si vive in un regime di libertà assoluta», dice uno sconsolato Giusi La Ganga. E il presidente dei deputati de Gerardo Bianco confessa a voce bassa: «Tra i miei non c'è stato nessuno che abbia voluto parlare, neanche uno e ieri notte mi sono preparato l'intervento». Poi interviene Craxi. «Quel discorso ha convinto molti miei colleghi, mi ripetevano: Craxi ha ragione», confessa Alberto Michelini, deputato che ha lasciato la de da 15 giorni. E in un corridoio laterale Giorgio Napolitano incrocia Gerardo Bianco e a voce bassa commenta l'intervento di Craxi: «Molto pacato, molto serio». Alle sette della sera il miracolo: in un'aula al limite della capienza (manca Amato e Martelli annuncia di votare per Craxi) su sei richieste di autorizzazione passano soltanto quelle per il reato di finanziamento pubblico ai partiti (314 sì, 244 no) e quella per corruzione a Roma (282 sì, 278 no). Respinte, altre due ipotesi di corruzione (291 no, 273 sì; 304 no e 257 sì), quella di ricettazione (307 no e 253 sì) e respinta anche la richiesta di perquisizioni (316 no e 245 sì). A votazioni finite, si sono messi in moto i ragionieri, le calcolatrici e tutti i calcoli hanno dimostrato l'ovvio: che oltre ai partiti del vecchio quadripartito, hanno aiutato Craxi anche un bel numero di onorevoli delle opposizioni. «La Lega può avere giocato la sua partita - dice Bruno Landi, uno dei messaggeri che per conto del psi, aveva trattato con la de ma non dimenticate che Craxi ha mantenuto molti amici in quasi tutti i partiti. E gli è riuscito un capolavoro politico: ha ricompattato il quadripartito che non esisteva più e con le dimissioni dei ministri del pds ha portato a. termine la vendetta dell'ex». Fabio Martini «Ladri, ladri» urlano in aula E' battaglia tra le opposizioni La stretta di mano tra Bettino Craxi e Claudio Martelli, dopo il discorso dell'ex segretario socialista alla Camera

Luoghi citati: Milano, Roma