Effenberg «Sì è vero l'abbiamo cacciato noi»

In sei mesi, da Svizzera a Svizzera, il et ha cambiato tutto La verità sul licenziamento di Agroppi Effenberg: «Sì, è vero l'abbiamo cacciato noi» «Con lui non c'è mai stato feeling Ora ci sentiamo tutti più sollevati» FIRENZE. Cade il segreto di Pulcinella, si frantuma la rappresentazione quasi pasquale della crisi della Fiorentina, demolita dalle picconate di Effenberg. La verità sotto il sole, non più abbracci e lacrime (posticce) ma coltellate e veleno. Aldo Agroppi è stato fatto fuori in una notte dei lunghi coltelli; tutti d'accordo, tutti pronti a colpire. Giù dalla rupe il tecnico di Piombino, sospinto da dirigenti e giocatori. Ci voleva un colpevole, l'unico possibile. Non potevano essere i campioncini viola, gli Effenberg che durano solo mezz'ora, i Laudrup dai tanti letarghi e dai pochi risvegli; né poteva esserlo la famiglia-padrona. La triste vicenda viene raccontata proprio dal giocatore tedesco, freddo come un iceberg, tagliente come un bisturi. «Sì, è vero, noi giocatori abbiamo dato il nostro okay al licenziamento di Agroppi. E' successo lunedì, il ds Casasco è venuto a casa mia; abbiamo parlato per un'ora e mezzo, quindi la decisione». Chiamatela esecuzione, ci pare più calzante. Ma Effenberg ha continuato: «Agroppi ha le sue giustificazioni. Non è stato certo fortunato. Il primo errore è stato licenziare Radice. Con il nuovo tecnico non è mai scattato un vero feeling. Lui mi ha utilizzato in un ruolo, in una posizione che non era la mia. E questo non vale solo per me, lo stesso è capitato a Laudrup, a Di Mauro, Baiano. Tutti bloccati, nessuno libero di giocare. Con Radice facevamo quello che volevamo. Agroppi ci diceva: tu stai lì, tu non muoverti da quella posizione. Sì, meglio sia andato via, siamo tutti sollevati. La squadra si tro-' vera meglio con Chiarugi e Antognoni. Loro ci conoscono bene». E ancora: «Il rapporto con lui era difficile. Non ho mai litigato ma ci parlavamo pochissimo. Alla squadra non ha dato niente. E' grintoso, ma non nel modo giusto. Non era adatto a questa Fiorentina». E già che c'era il tedesco è andato oltre inviando anche qualche altro consiglio ai Cecchi Gori: «Per il futuro ci vorrà un allenatore aggressivo e che giochi a zona, questa squadra non può sposare altre soluzioni tattiche. Io? Dicono che andrò alla Juve. Non è vero. Io resto alla Fiorentina. Sempre che non retroceda in B, perché io sono un nazionale tedesco». E Agroppi? Ha finalmente replicato dopo le mazzate che indistintamente gli sono state inflitte? No. E' distrutto e forse ha promesso ai Cecchi Gori di tenere a freno la lingua (ha sempre un contratto miliardario da rispettare). Si è limitato a poche battute: «Effenberg ha detto queste cose? Dico che ha perfettamente ragione...». Ironia che non incide. O amara speranza: «Il tempo è galantuomo». Il tecnico di Piombino si è scaldato solo per le telefonate di un grup petto di suoi ex giocatori (nomi top secret, per non finire sotto le mani di Effenberg e compagni), di qualche tecnico-amico. Que sta è la Fiorentina, non tutta per la verità, perché un frammento si chiama Antognoni. Lui è profondamente diverso. Non è un caso che abbia trovato pacche sulle spalle da tutti. Anche da Roberto Baggio: «L'ho abbracciato, chiamato mister, gli ho detto in bocca al lupo. Nessun consiglio, è più esperto di me». E Antognoni ha raccolto quello che rimaneva della sua povera squadra, se l'è caricata sulle spalle ed ha iniziato a salire sul Calvario. «La battuta di Sacchi su Agroppi è stata troppo pesante. Laudrup ha ragione a lamentarsi per la posizione in campo. Però quando lo incontrerò gli dirò di sacrificarsi per altre 5 partite. Orlando? E' il giocatore al quale sono più vicino, ed è il più in forma, però quella decisione di Agroppi poteva anche starci. La formazione? La farà Chiarugi, tuttavia il sàbato la comunicheremo a Vittorio Cecchi Gori. Firenze puttana perché brucia tutte le sue bandiere? Forse è vero, non è... una vecchia signora (chiaro riferimento alla Juve, n.d.r.). Ranieri? E' un allenatore interessante. Il momento più brutto della mia vita stato quando mi hanno costretto ad emigrare in Svizzera». Ed alla fine quello che più conta è il viatico del presidente federale Matarrese: «Auguri ad Antognoni? No, alla Fiorentina, affinché ritrovi la serenità e i punti che le mancano». Alessandro Rialti

Luoghi citati: Casasco, Firenze, Piombino, Svizzera