Goldoni nero, Venezia degradata di Osvaldo Guerrieri
Goldoni nero, Venezia degradata «La bottega del caffè», regista Missiroli, al Carìgnano fino al 9 maggio Goldoni nero, Venezia degradata Saggezza diFoà, coscienza critica della commedia TORINO. Forse bisogna cominciare a pensare che «La bottega del caffè» di Fassbinder, messa in scena dal Teatro dell'Elfo, abbia condizionato irrimediabilmente la nostra visione di una commedia che, pur nella riscrittura dell'artista bavarese, appartiene a Goldoni con tutte le radici e tutte le nervature. Fassbinder e l'Elfo ci hanno detto, in sostanza, che non si può più guardare a quest'opera della maldicenza, dell'erotismo e del denaro, nel contesto di una leggerezza un po' ipnotica e un po' crudele. Ecco allora la Venezia lebbrosa delle cloache e delle muffe, ecco il disfacimento irrimediabile e le acque marce. Mario Missiroli deve aver meditato su queste soluzioni, al momento di mettere in scena la commedia di Goldoni per il Teatro di Roma. H risultato eccolo qui, al Carignano, dove «La bottega del caffè» è in scena fino al 9 maggio: una visione degradata e quasi fantasmatica di Venezia, un luogo da cui è stato cancellato ogni arredo, con la laguna ridotta a un povero riflesso d'argento (scene e costumi di Sergio d'Osmo). Una si¬ mile landa urbana non può non dare un segno netto all'intero spettacolo. Ed è un'ombra non solo di malinconia, ma soprattutto di vuoto: il vuoto che domina l'esistenza del giocatore Eugenio (Massimo De Francovich), il pettegolezzo elevato a sistema di Don Marzio (Nello Mascia), la fuga da se stesso, dalla moglie, dalla realtà del falso conte Leandro (Stefano Santospago). Per non dire del cinismo truffaldino del biscazziere Landolfo (Cesare Gelli). Anche le donne sono qui vittime di un vizio, di ima simulazione, di un'illusione. A questo nodo non sfuggono Vittoria, moglie di Eugenio (Claudia Giannotti), la ballerina Lisaura (Laura Troschel) e Placida (Liliana Paganini), rispettivamente fidanzata e moglie del sedicente conte. Su questa umanità stravolta domina con suprema saggezza il caffettiere Ridolfo (Arnoldo Foà), coscienza critica dell'intera commedia. Un'opera al nero, accolta dal pubblico con inesauribili applausi. Osvaldo Guerrieri
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