Frecci il carisma di Medea di Armando Caruso

Successo all'Alfieri dello spettacolo di Menegatti, con Jancu Successo all'Alfieri dello spettacolo di Menegatti, con Jancu Frecci, il carisma di Medea 77 mito raccontato, oltre che dalla danza dalla lettura di Virginio Gazzolo, narratore TORINO. Si toglie le scarpette rosa e si sdraia dietro le quinte: due minuti di rilassamento dopo l'improba fatica psicofisica di «Medea, quattro eventi per Medea»: due tempi, di Beppe Menegatti, in scena all'Alfieri, ultima replica stasera. Carla Fracci, occhi semichiusi, si abbandona. La «Medea» di Torino non ha niente che fare con il «pas de deux» che, sulle stesse bellissime musiche di Samuel Barber, era andato in scena a Spoleto nel '75: 13 minuti di una Suite di «Medea», allora con John Budler, ma Carla Fracci la ripetè più volte con Barishnikov, con Urban ed anche con Gheorghe Jancu, suo attuale, straordinario partner. Beppe Menegatti intorno a quell'evento che fa parte della storia della danza, ha costruito la tragedia di Medea, il suo amore per Giasone, l'abbandono, l'uccisione dei due figli, che immola travolta dalla gelosia e dall'ansia di vendetta. E lo fa con l'aiuto di un narratore (il bravissimo Virginio Gazzolo) che, pur ispirandosi alla tragedia greca, indossa un abito bianco Anni 30 e si comporta come un cantastorie qualunque, fuori dal tempo, che s'illude di vivere anch'egli il dramma dei suoi personaggi. Musica registrata, percussioni da una parte del boccascena e un pianoforte dall'altra; al centro i protagonisti del mito-Medea. Il pubblico dell'Alfieri, colpito dai. colori rosso-tenebrosi del primo atto, quasi non s'accorge dell'ingresso in scena di Carla Fracci. Fondali e veli della reggia ideati da Luisa Spinatelli incombono sulla platea e annunciano sin dall'inizio l'epilogo fatale. Giasone nella Colchide ha conquistato il vello d'oro con l'aiuto di Medea che, prossima alle nozze, gli ha dato due figli. Il primo grande «pas de deux» scuote finalmente il pubblico: Carla Fracci sprigiona carisma ad ogni lieve movimento del corpo, le sue mani «dicono» i sentimenti, l'espressione ora rapita, ora percossa dall'ira; danza con la levità d'una libellula in amore, ma s'inarca come belva ferita, nell'apprendere il tradimento. Jancu, possente e scultoreo, si avvolge nell'aria veloce come il vento. Menegatti ha pensato la seconda parte dello spettacolo come l'inizio della purificazione, anche se il dramma non s'è ancora consumato. Ed è una intuizione da condividere. La scelta delle coreografie appare felice: Loris Gai, Wayne Eagling, Gillian Whittingham, Millicent Hodson, Kenneth Archer hanno saputo ricreare il senso della tragedia; 1'«Adagio Mesto» di Barber, nella prima parte, dà a Michele Kroste l'opportunità di esprimere la solennità del momento; gli archi di Barber (base registrata) sembrano assaporare cupe sonorità di morte; Francesco Sodini alle percussioni scandisce il ritmo del tempo. Virginio Gazzolo conduce per mano lo spettacolo e si pone insolute domande, mentre «Kantikos Agonias», l'eterna agonia dell'umanità (scritto da Barber nel 1947) e il Coro tratto dalla Suite di «Medea» dello stesso anno, concludono il «Quarto evento». E ieri pomeriggio al Carìgnano, il degno coronamento per il ritorno di Carla Fracci a Torino: il Centro Studi del Teatro Stabile le ha consegnato il Pre- mio «Eleonora Duse-Misa Mordeglia Mari», consistente in un biglietto inviato dalla grande attrice alla sua amica. Misa Mordeglia Mari, nata a La Spezia nel 1894 e spentasi due anni fa, attrice di prosa, cinema e radio, era anche la moglie di Febo Mari, protagonista del Cinema muto torinese. Armando Caruso Carla Fracci con la lettera di Eleonora Duse: èli premio che le è stato consegnato ieri al Carìgnano

Luoghi citati: La Spezia, Medea, Spoleto, Torino